Il CommentoAmministratori

Partecipate, aggregazioni impossibili senza regole chiare

di Stefano Pozzoli

Il Testo unico delle società partecipate, come è noto, affronta marginalmente il tema delle operazioni straordinarie, facendo solo un vago auspicio verso future aggregazioni (articolo 20, comma 2, lettere c e g), senza però delinearne la regolamentazione. Si limita, in sostanza, a disporre le sole fattispecie di carattere generale, ovvero la costituzione di nuove società (articolo 7); l'acquisto di e la vendita delle partecipazioni (articoli 8 e 10).

Da questa lacuna conseguono contenziosi e sentenze quali quella, recente, del Consiglio di Stato (Sezione V, sentenza n. 6142/2021 su NT+ Enti locali & edilizia del 14 settembre) che nascono appunto dal fatto che il Dlgs 175/2016 «non contiene una disciplina espressamente dedicata alle cc.dd. operazioni straordinarie». Secondo il Consiglio di Stato «Ciò si giustifica alla luce della previsione di cui all'art. 1, commi 1 e 3 del T.U., la quale chiarisce che la normativa introduce una regolamentazione di singole vicende organizzative delle società a partecipazione pubblica (es: la costituzione, l'acquisto di partecipazioni pubbliche), mentre per tutto quanto non espressamente convenuto deve farsi riferimento alla normativa societaria». Il diritto civile, per il Consiglio di Stato «si pone quale architrave della regolamentazione di settore, nel senso che (…) l'applicazione della disciplina pubblicistica debba trovare volta a volta fondamento, a geometria variabile, in presenza di cogenti ragioni giustificative, normativamente codificate»

Tutto questo è sicuramente vero a normativa vigente ma si deve prendere atto che i margini interpretativi tra il generale rinvio alla disciplina privatistica (articolo 1) e la regolamentazione delle singole operazioni societarie danno adito ad una terra di nessuno su cui trovano spazio dubbi, incertezze e, appunto, contenziosi.

Come osserva il Consiglio di Stato, infatti, «l'assenza di una specifica e puntuale disciplina delle operazioni straordinarie concluse da società a partecipazione pubblica non legittima, tuttavia, l'inferenza che esse non presentino (…) caratteri peculiari che valgano a giustificarne la sottoposizione ad un regime normativo in parte differenziato».

Secondo il Consiglio di Stato c'è dunque «a necessità di coordinare la disciplina generale contenuta nel (…) codice civile con le disposizioni introdotte dal T.U. per le società pubbliche: e ciò perché, per l'appunto, le norme dettate per regolamentare singoli aspetti delle società partecipate possono interferire con la disciplina generale del tipo sociale ed esprimere una specifica caratterizzazione del modello organizzativo».

Difficile dissentire dalle osservazioni del Consiglio di Stato, come è indubbio che una operazione straordinaria è sempre la combinazione di operazioni elementari, queste sì regolate dal Testo unico. In concreto, però, si rischia di ostacolare quei processi di aggregazione che sono invece la via maestra per l'industrializzazione delle utilities. Del resto, è a tutti noto che le aggregazioni non si fanno per il tramite di procedure competitive, bensì per scelta strategica e, ferma la necessaria congruità delle operazioni, che ha a cuore anche il diritto societario, i criteri che le muovono non sono certo la massimizzazione del vantaggio a breve termine, bensì la ricerca di sinergie, e la contiguità territoriale ne è spesso l'elemento determinante. Posso io sposarmi previa gara?

La verità è che l'incertezza giuridica favorisce chi vuole ostacolare i processi e non chi vuole realizzarli.

Proprio partendo dalle corrette considerazioni del Consiglio di Stato, occorre prendere atto di essere di fronte a disposizioni lacunose e problematiche, che ottengono come ultimo ed evidente risultato l'esatto contrario di quanto auspicava il legislatore del testo unico, ovvero quello di rendere più difficile e tortuoso il percorso verso aggregazioni di spessore industriale.