Amministratori

Partecipate, su rifiuti e idrico una sfida da 50 miliardi

di Stefano Pozzoli

Il Programma Nazionale di Riforma (Pnr) è un documento ormai consolidato ed è da anni, a seguito della legge 39/2011, integrato nel Def. Quest'anno però assume un significato particolare, perché è forte la consapevolezza della necessità di intervenire sul sistema Italia, alla luce delle risorse che la Ue mette in campo, in ragione della crisi profonda della nostra economia e del malessere sociale. Per questo oggi il Pnr traccia la linea delle riforme che dovranno essere attuate nei prossimi mesi.

Il Consiglio Europeo, già a luglio 2019, aveva formulato le proprie raccomandazioni, chiedendo di dare priorità alla sostenibilità ambientale, agli investimenti e alla crescita della produttività e riferendosi, in questo quadro, anche alla gestione delle aziende partecipate dalla Pa. Questioni che ritornano anche nella più recente raccomandazione, del maggio 2020, in cui il Consiglio chiede di accelerare gli investimenti pubblici, stigmatizza «i deficit infrastrutturali nell'ambito della gestione delle acque e dei rifiuti, in particolare nelle regioni meridionali», perché «generano un impatto ambientale e sanitario che comporta costi considerevoli e perdita di entrate per l'economia italiana» e ricorda che «investire in questo tipo di progetti può contribuire a creare posti di lavoro e sostenere la ripresa post-crisi». Tutti riferimenti ad attività che sono proprie delle società di servizi pubblici e che richiedono quindi il loro coinvolgimento.

Nel Pnr 2020, in tema di società pubbliche si trovano indicazioni molto scarne, in cui si alternano riferimenti generici alla necessità di rivedere il Tusp (Dlgs 175/2016) a temi assai più sostanziali.

Difficile, ad esempio, comprendere quale sia la direzione di marcia in frasi quali «in tale ambito si colloca anche la necessità di distinguere in modo chiaro i profili di interesse pubblicistico della disciplina normativa, relativi alle fasi centrali della vita delle società (costituzione, mantenimento, razionalizzazione, cessione), da quelli più strettamente privatistici, inerenti la governance e la gestione».

Più chiaro, invece, sottolineare «la necessità (…) di migliorare la qualità dei servizi e di incentivare gli investimenti in infrastrutture quali la rete idrica e gli impianti finalizzati alla valorizzazione dei rifiuti in un quadro di economia circolare». Importante, ancora, che nel Pnr 2020 si sottolinei che «dovranno essere individuati idonei e specifici strumenti finanziari per favorire gli investimenti nel Sud Italia». In merito si comprende la priorità del Sud, ma non la sua esclusività.

In questo, comunque, ci sono i prodromi di una scelta industriale, ovvero quella di fare sì, in linea con quanto richiede il Consiglio Europeo, che il sistema dei servizi a rete effettui in temi brevi gli almeno 50 miliardi di investimenti di cui si ha bisogno nel settore idrico e in quello dei rifiuti. A questo punto si trovino gli strumenti: si stanzino le risorse, si assicurino i finanziamenti necessari, si pensi a meccanismi normativi che favoriscano gli investimenti, consapevoli però del fatto che l'unica strada per realizzarli è affidarsi alle imprese che questi servizi li gestiscono.

Servono, certo, anche interventi normativi sul Testo unico delle partecipate, e questi devono essere orientati a risolvere le questioni industriali, cioè a favorire la crescita dimensionale delle imprese. E qui il Pnr 2020 coglie nel segno sostenendo che «è altresi necessario attuare una revisione normativa che favorisca i processi di aggregazione societaria, oggi resi complicati dalla normativa in vigore».

Gli spunti, dunque, ci sono. Ora servono i fatti.

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