Fisco e contabilità

Peculato, Cassazione «in dubbio» sull'albergatore che non versa la tassa di soggiorno

Tutto dipende dalla valutazione che il regolamento comunale faccia del soggetto e del rapporto tra questi e l'ente

di Andrea Alberto Moramarco

Potrebbe non commettere il reato di peculato l'albergatore che non versi nelle casse comunali il denaro riscosso dai clienti. Tutto dipende dalla valutazione che il regolamento comunale faccia di tale soggetto e del rapporto tra questi e il Comune. A dirlo è la Cassazione con la sentenza n. 18320, depositata ieri, che mette così in dubbio la qualificazione di incaricato di pubblico servizio per il proprietario di una struttura alberghiera, tenuto a versare all'ente la tassa di soggiorno riscossa dai suoi clienti.

Il caso
Protagonista della vicenda è il titolare di una struttura ricettiva di case e alberghi per vacanze, addetto alla riscossione della tassa di soggiorno da versare al Comune, il quale per quattro anno non aveva versato alcunché nelle casse comunali. Per tale motivo l'albergatore veniva tratto a giudizio e condannato per il delitto di peculato per essersi appropriato, nella qualità di incaricato di pubblico servizio, di somme spettanti al Comune.
La decisione veniva impugnata direttamente in Cassazione, dove la difesa dell'imputato contestava in toto la qualificazione giuridica del fatto. Il giudice di merito non aveva, infatti, esaminato il regolamento comunale che in base all'articolo 4 del Dlgs 23/2011 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale) costituisce la «fonte diretta dell'obbligo imposto» al titolare della struttura ricettiva e «offre le coordinate giuridiche applicabili al caso».

Il ruolo del regolamento comunale
Il rilievo difensivo coglie nel segno e spinge la Suprema corte ad annullare la condanna e a rinviare la decisione al Tribunale per una nuova valutazione. Il giudice di merito si è basato sulla ricostruzione delle disposizioni normative e delle decisioni di legittimità che effettivamente ritengono sussistente il reato di peculato per l'albergatore che non versa al Comune la tassa di soggiorno riscossa dai clienti, rivestendo costui la qualifica di incaricato di pubblico servizio per lo «svolgimento dell'attività ausiliaria di responsabile del versamento, strumentale all'esecuzione dell'obbligazione tributaria intercorrente tra l'ente impositore e il cliente della struttura», quest'ultimo soggetto passivo del rapporto tributario. Nella fattispecie, però, il regolamento comunale ricostruisce in maniera differente i rapporti tra ente impositore, cliente e albergatore, prevedendo che quest'ultimo risponda direttamente del corretto e integrale versamento nelle casse comunali, abbia obblighi dichiarativi e che, in caso di omesso o ritardato pagamento, sia soggetto a sanzione amministrativa pari al 30% dell'importo non versato. Da tale quadro non emergono elementi per ritenere sussistente in capo al gestore della struttura alberghiera «l'esercizio di poteri latu sensu pubblicistici nella fase della determinazione e versamento dell'imposta dell'importo dovuto». Vengono in rilievo, cioè, soltanto obblighi dichiarativi verso l'amministrazione e assoggettamento a poteri di controllo e sanzionatori da parte dell'ente.

La qualifica di incaricato di pubblico servizio
In altri termini, precisano i giudici di legittimità, in assenza di elementi che connotano la figura dell'albergatore in termini pubblicistici, non si può ritenere che esso sia un incaricato di pubblico servizio e che, pertanto, in caso di omesso versamento, esso commetta il reato di peculato. Se è vero che l'articolo 358 del codice penale attribuisce la qualifica di incaricato di pubblico servizio a coloro che prestano un servizio pubblico a prescindere dall'esistenza di un rapporto di dipendenza con la pubblica amministrazione, «è imprescindibile l'esame dei caratteri qualificanti dell'attività in concreto svolta dai soggetti per definirla di pubblico servizio». Nel caso di specie, dall'esame concreto non sembra possa desumersi una attività di «maneggio di denaro pubblico» da parte dell'albergatore, ma solo una obbligazione tributaria tra il medesimo e il Comune.

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