Il CommentoAmministratori

Per rendere efficace il Pnrr occorre investire in capacità amministrativa

di Carlo Altomonte

Nell’autunno del 2022 il Pnrr è entrato nel suo secondo anno di vita, con circa il 40% dei 191,5 miliardi di euro erogati all’Italia (considerando il prefinanziamdicembre ento iniziale e le due tranche di 2021 e giugno 2022, in liquidazione in questi giorni). Come sono stati distribuiti questi fondi ad oggi?

Uno degli obiettivi espliciti del Pnrr è quello di ridurre i divari territoriali. Per questo è prevista una specifica “clausola”, per cui almeno il 40% delle risorse allocabili territorialmente è destinato al Mezzogiorno. Secondo una prima relazione del dipartimento per le Politiche di coesione di Palazzo Chigi tale vincolo risulta soddisfatto, con circa 74,7 miliardi di euro di fondi allocati al Mezzogiorno in fase di programmazione. Ma guardando ai dati dei singoli bandi, i fondi stanziati stanno effettivamente raggiungendo gli enti locali ed i territori più bisognosi? Il nuovo Pnrr Lab lanciato dalla Sda Bocconi lo scorso luglio prova a rispondere a queste e altre domande di interesse pubblico, analizzando i dati dei singoli investimenti.

Gli stanziamenti territoriali

Per questo scopo utilizziamo i dati di OpenCUP, il portale del dipartimento di Programmazione economica di Palazzo Chigi. Qui si trovano tutti gli investimenti pubblici italiani, sia opere pubbliche che incentivi. I dati OpenCUP, una volta trattati per evitare duplicazioni ed errori, richiedono un minimo di cautela nell’interpretazione: per una piccola percentuale di investimenti, al finanziamento Pnrr se ne potrebbe sommare uno ordinario di altra fonte; inoltre, i dati indicano l’ammontare stanziato, non quello erogato, che dipende dallo stato di avanzamento dei lavori; infine, una minima parte degli investimenti non può essere attribuita ad uno specifico territorio. Nonostante questi limiti, i dati forniscono una fotografia indicativa e granulare, spesso fino ai singoli Comuni, delle risorse stanziate.

Le due mappe dell’Italia presentano mostrano tutti gli stanziamenti del Pnrr ripartiti tra le province italiane fino a metà maggio 2022. La copertura totale è pari a 90,64 miliardi di euro. Le aree che in assoluto ottengono maggiori finanziamenti sono le città metropolitane di Roma e Napoli, in ragione delle dimensioni e della popolosità delle due zone. In termini pro-capite, le province del Centro e del Sud ottengono tendenzialmente più fondi pro capite rispetto a quelle del Nord, con le province di Benevento (5.500 euro pro capite) e Rieti (4.500) in testa.

La distribuzione degli stanziamenti sembra rispecchiare l’obiettivo di creare convergenza tra Nord e Sud del Paese. Suddividendo l’analisi per Missioni (cioè i diversi ambiti d’intervento del Pnrr), si nota che la Missione con il maggior sbilanciamento territoriale a favore del Mezzogiorno è la numero 3, “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”, che include importanti interventi sulla rete ferroviaria, anche questo un buon segnale.

La qualità delle istituzioni

A partire da questi stanziamenti, uno degli ostacoli per l’implementazione del Pnrr deriva dalle potenziali difficoltà degli enti locali nell’attuazione dei progetti. Per capire se esiste un rischio di questo tipo abbiamo unito ai dati di OpenCUP le informazioni sulla qualità delle istituzioni nelle province italiane, riassunte nell’Institutional Quality Index elaborato dagli economisti Annamaria Nifo e Gaetano Vecchione. Nel 2019 (anno più recente per il quale è disponibile l’indice) la provincia con minor qualità istituzionale era Vibo Valentia e quella migliore Trento.

Si trova, non sorprendentemente, una chiara relazione negativa tra la qualità delle istituzioni e gli stanziamenti del Pnrr a livello regionale (grafico in basso): nelle regioni con minor qualità delle istituzioni arrivano più fondi. Questa relazione è coerente con la mappa rossa, che mostra come il Sud – dove si concentrano le province con punteggi di qualità istituzionale bassi – ottenga maggiori stanziamenti pro capite rispetto al Nord. Se guardiamo poi all’interno delle regioni, suddividendo l’analisi per area geografica, si osserva che nelle regioni del Nord la qualità istituzionale non influenza in maniera significativa la quota di finanziamento pro capite, mentre nel Mezzogiorno questa relazione è positiva. In altre parole, le regioni del Mezzogiorno ricevono in media più fondi, ma al loro interno sono le province con qualità istituzionale relativamente più alta quelle che attraggono più risorse.

Dunque, delle due l’una. Se vogliamo che il Pnrr distribuisca risorse dove queste possono rendere di più, al di là della scelta politica della destinazione del 40% al Sud, risulta problematica la mancanza di correlazione tra qualità istituzionale e risorse che notiamo nel Nord. Se, invece, il Pnrr vuole essere uno strumento di correzione degli squilibri territoriali e sociali del Paese, ha senso che le maggiori risorse si concentrino nei territori oggi più in ritardo in termini di qualità istituzionale, ma con due importanti precisazioni. Innanzitutto, a oggi le risorse stanno andando alle amministrazioni del Sud che sono relativamente più efficienti, e questo rischia di acuire ulteriormente le disparità. In secondo luogo, la scelta di destinare una importante quota di fondi Pnrr ai territori in ritardo di sviluppo diventa premiale solo a condizione di investire più ampie risorse nazionali negli strumenti di assistenza tecnica e di costruzione di capacità amministrativa rispetto a quanto messo in campo sino ad oggi. I fondi per questo sono disponibili, ma sono mobilizzati solo in minima parte.

Mantenere una situazione intermedia come quella attuale nella distribuzione territoriale delle risorse all’interno delle provincie del Centro-Nord e del Sud si traduce in una allocazione non efficace, con risultati sub-ottimali sia in termini di crescita che di coesione. Aggiornare il Pnrr, a certe condizioni, si può, ma con giudizio.