Personale comandato, progressioni verticali, procedimento disciplinare e concorsi
La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.
Personale comandato presso altri enti e inquadramento nei ruoli
Il personale comandato a prestare servizio presso altro ente, ai sensi dell’art. 30, comma 2-sexies, del Dlgs 165/2001, anche in caso di superamento dei 36 mesi, non vanta alcun diritto alla “stabilizzazione” nei ruoli dell’ente di destinazione, nel senso che l’amministrazione ha facoltà, e non obbligo, di procedere alla copertura dei vuoti in organico attraverso il passaggio diretto di dipendenti provenienti da enti diversi. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sezione Lavoro, nell’ordinanza 7 novembre 2023 n. 30978. La disposizione sopra richiamata, infatti, non prevede la definitiva assegnazione all’ente destinatario del comando, essendo al più configurabile una pretesa risarcitoria; in effetti, il superamento del termine – ove nel frattempo non siano state attivate procedure di mobilità – non può che comportare la riassegnazione presso l’ente di provenienza, al fine di assicurare l’ordinata utilizzazione del personale, in conformità alle caratteristiche dell’istituto. L’immissione, in via prioritaria, nel contesto delle procedure di mobilità volontaria, come prevista dal comma 2-bis, del medesimo articolo, presuppone sempre che l’amministrazione abbia avviato (secondo la programmazione dei fabbisogni) una procedura di reclutamento che deve essere preceduta dall’esperimento della mobilità.
Procedure comparative per le progressioni verticali
Il Tar Campania-Napoli, sezione IV, con la sentenza 4 dicembre 2023 n. 6668 ha ritenuto che nelle procedure comparative per progressione verticale espletate ai sensi dell’articolo 52, comma 1-bis, del Dlgs 165/2001 (testo vigente), a fronte del bando che abbia stabilito il macro-criterio dell’attinenza al profilo professionale da ricoprire ai fini della valutazione dei titoli di studio posseduti dagli aspiranti, sia legittimo che la commissione esaminatrice declini, in dettaglio, le tipologie di titoli ritenute tali. L’esercizio di tale potere è espressione di una valutazione tecnico-discrezionale riservata all’amministrazione ed è ragionevole stabilire la valorizzazione solo dei titoli di studio che, parallelamente, sono ammessi/richiesti per l’accesso dall’esterno. Detto criterio di equiparazione è non solo ragionevole, ma anche coerente con la natura della procedura in esame, che non costituisce un concorso o una valutazione comparativa autonomi (seppure articolati proceduralmente in maniera separata), ma l’applicazione della riserva per quota prevista per i dipendenti interni dall’articolo 52, comma 1-bis.
Procedimento disciplinare
«In tema di procedimento disciplinare nel rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, ai sensi dell’art. 55 bis co. 4, secondo e terzo periodo, d.lgs. n. 165/01, la data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione – dalla quale decorre il termine entro il quale deve concludersi, a pena di decadenza dall’azione disciplinare, il relativo procedimento – coincide con quella in cui la notizia è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari o, se anteriore, con la data in cui la notizia medesima è pervenuta al responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. Nel solco di tale impostazione, si è chiarito che qualora non sia possibile individuare un dirigente o un responsabile dell’Ufficio interessato competente, il termine per concludere il procedimento disciplinare non può che decorrere, ai sensi dell’art. 55 bis, comma 4, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, dalla data in cui la notizia dell’illecito è pervenuta all’ufficio per i procedimenti disciplinari». Sono questi i principi di diritto ricordati dalla Corte di cassazione, sezione Lavoro, nell’ordinanza 30 novembre 2023 n. 33382.
Impugnazione degli atti di concorso
Il Tar Molise, sezione I, nella sentenza 25 novembre 2023 n. 314, ha confermato che i bandi di concorso, se contenenti clausole immediatamente lesive dell’interesse degli aspiranti al concorso (perché impongono determinati requisiti di partecipazione) devono essere immediatamente e autonomamente impugnati, con conseguente inammissibilità della impugnazione rivolta solo contro il provvedimento di esclusione, costituente atto meramente esecutivo e applicativo del bando, ovvero della impugnazione del bando unitamente al provvedimento di esclusione, ove siano ormai decorsi termini per il ricorso avverso il bando medesimo; ciò costituisce espressione di uno dei principi cardine della giustizia amministrativa, e cioè quello per cui in sede di impugnazione di un provvedimento non sono più contestabili i vizi di un atto presupposto, ove questo fosse impugnabile ex se, ma non sia stato utilmente impugnato.