Imprese

Pizzarotti cambia con digitale e green: «Acquisizioni per integrare la filiera»

Carlo Luzzatto, nuovo amministratore delegato: «Aumenteremo il fatturato da 1,1-1,2 miliardi del 2021 a 1,5-1,6 miliardi previsti per il 2025»

di Giorgio Santilli

Negli ultimi trenta anni il settore delle costruzioni non ha sfruttato l’innovazione e non ha generato produttività. Le tecnologie sono disponibili e presto rimescoleranno l’intera catena del valore. Assisteremo a una maggiore industrializzazione». Parte da qui Carlo Luzzatto, nuovo amministratore delegato di Pizzarotti, secondo gruppo di costruzioni dopo WeBuild, per illustrare il business plan 2021-2025 approvato ieri dal cda. Luzzatto è il manager che viene da lontano, trent’anni di esperienza fra Italia e Usa nell’energia (Ansaldo e GE), poi nel private equity, nella motoristica aerea, nella difesa, chiamato da Paolo Pizzarotti (presidente) e dal figlio Michele (vicepresidente), per portare un radicale cambio di governance, con l’accentramento delle deleghe, fortemente voluto non come passo indietro dell’azionista, ma per una evoluzione complessiva dell’azienda. Luzzatto racconta il piano «disruptive», preoccupato «più dal passato che dal futuro». «Aumenteremo il fatturato da 1,1-1,2 miliardi del 2021 a 1,5-1,6 miliardi previsti per il 2025 - dice - ma in azienda continuo a ripetere che il fatturato non conta e contano invece margini, efficienza, trasformazione del business». I margini «cresceranno di un fattore compreso fra 2 e 3». Quanto alla trasformazione, «la componente di business su smart green renovation e facility management passerà dal 5-10% al 15-20% del valore della produzione e al 40-50% dei nuovi ordini».

Concentrare l’attività estera

L’altro fattore strategico che Luzzatto vuole correggere è l’estero. «Meno Paesi, più massa critica. Serve una strategia di concentrazione: essere presenti in 18-19 Paesi non ha senso, puntiamo su 7-8». In Europa i Paesi-chiave saranno Francia, Romania e Svizzera. «La Francia - dice Luzzatto - resta il nostro mercato di riferimento con le metropolitane del Grand Paris e l’Alta velocità. Ma la Romania è un laboratorio interessante: apriremo uno stabilimento di prefabbricati per spingere sull’industrializzazione». I mercati esteri sono strategici anche se consentono di sviluppare processi e prodotti innovativi: nel nuovo ospedale a Kuwait City Pizzarotti ha portato il modello Usa di facility management sanitario; mentre in Cile e Uruguay sono i data center. «È un business crescente nel mondo - dice Luzzatto - dove i risultati si misurano non a tonnellate di calcestruzzo, ma in megawatt, potenza di calcolo installata. Faremo servizi più che opere civili».

Facility management e sensori

Il risultato del taglio sull’estero è che «il fatturato in Italia passerà dal 40% a oltre il 50%». A spingere la presenza in Italia saranno le opere del Recovery Plan? Ovvio pensarlo, ma Luzzatto sta con i piedi per terra e prosegue sul suo sentiero strategico. «È naturale - dice - una crescita in Italia e in Europa, ma solo il 50% del nostro incremento arriverà da cose che sappiamo fare bene da sempre, ferrovie e strade, magari con l’avvio di opere che aspettiamo da 15 anni. Mentre consideriamo fondamentale l’altro 50% di nuovi ordini che arriveranno dal facility management, dalla gestione di edifici complessi e istituzionali, dall’healthcare, dalle scuole, dall’efficientamento energetico, dall’acqua, dal decommissioning di infrastrutture, dalle bonifiche, dalla rigenerazione urbana. A portarci alla sostenibilità green saranno l’economia circolare e i materiali innovativi, ma anche algoritmi predittivi e sensori smart che sposteranno l’attenzione sulla vita intera dei prodotti: manutenzione, sicurezza, riduzione di costi. Nel Recovery ho visto poco di tutto questo».

Il rapporto con WeBuild

Alla domanda se l’offerta italiana sia in grado di far fronte alla domanda del Recovery, Luzzatto introduce un altro tema inevitabile: le alleanze. «La dimensione giusta - dice - per affrontare le commesse del Pnrr è quella europea: guardiamo ai rapporti con gruppi europei che già sono nostri partner, come Acciona. In Italia ci sono ancora margini per alleanze strutturate, ma il piano non prevede aggregazioni societarie». E il rapporto con WeBuild? «È un rapporto commercialmente forte e pensiamo di rafforzare intese su focus geografici, come già in Sicilia». E poi: «Vogliamo essere protagonisti di aggregazioni virtuose. Ci sono ancora spazi per consolidamenti delle filiere, ma noi vogliamo essere tra i promotori, non essere guidati».

Internalizzare la progettazione

Alleanze per la trasformazione digitale. «La progettazione digitale - dice Luzzatto - parte dal BIM e sarà l’abilitatore di tutti i processi che rimescoleranno le filiere: velocità, riduzione di errori, taglio di costi, gestione della supply chain in chiave industriale (con la produzione fuori del sito e il trasferimento in cantiere). In 10-15 anni avremo i digital twin di tutte le infrastrutture esistenti: monitoreremo tutto da una sala di controllo remota, potremo anticipare la manutenzione, avremo un salto nel managing degli asset con l’ingresso degli analytics e dei big data». Su progettazione e digitalizzazione «abbiamo in budget per quest’anno l’acquisizione e l’internalizzazione di player esterni». La «concurrent engineering» consentirà di «superare la divisione netta che in passato c’è stata fra architettura e costruzione». E magari di partecipare al meglio alla nuova stagione di appalti integrati (dalla progettazione preliminare alla costruzione e manutenzione) che già si profila nel prossimo codice per i progetti del Recovery.

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