Personale

Platea, vincoli, stipendi: le 10 domande sul lavoro agile

Lo Smart Working non evita l’obbligo vaccinale e non taglia la busta paga

di Gianni Trovati

La circolare Brunetta-Orlando pubblicata in chiusura del consiglio dei ministri di mercoledì sui nuovi interventi anti-pandemia rilancia lo Smart Working come strumento per combattere i contagi moltiplicati da Omicron.

Nel lavoro pubblico la scelta del governo, su spinta del ministro per la Pa Renato Brunetta, è quella di procedere senza un ritorno generalizzato alle regole emergenziali, che peraltro contemplavano anche lo smaltimento delle ferie e l’esonero dal servizio in molti casi di attività impossibili a distanza, ma di seguire l’impianto regolatorio delineato dal Dm dell’8 ottobre e dalle successive Linee guida concordate con sindacati ed enti territoriali, in via di definizione strutturale nei contratti nazionali (quello sulle Funzioni centrali è stato firmato mercoledì scorso e ora attende le verifiche finali prima del via libera definitivo). Questo impianto in realtà nasceva «nell'ottica del superamento della gestione emergenziale», come spiegano le Linee guida richiamando il Patto per l’innovazione del 10 marzo. Ma secondo Palazzo Vidoni può essere impiegato anche nel nuovo contesto che con la nuova fiammata pandemica fa tornare il lavoro agile nel novero degli «strumenti utii a diminuire le possibilità del diffondersi del virus», come recita la circolare di mercoledì.

Questa convinzione si fonda sulla rivendicata «flessibilità» delle nuove regole che lasciano ampi margini di autonomia alle singole amministrazioni. Un’autonomia, sottolinea la circolare, che ora va «utilizzata appieno» anche nella nuova/vecchia ottica di contrasto al virus. Vediamo con quali conseguenze sul piano pratico, riassumendo i punti principali in 10 domande e risposte.

1

LA PLATEA

Quanti e quali sono i lavoratori pubblici direttamente interessati da queste regole?

La questione non riguarda i 450mila infermieri e tecnici della sanità, i 120mila medici o gli 1,15 milioni di insegnanti, e nemmeno i 520mila addetti di Polizia e Forze di Sicurezza. Ma interessa essenzialmente i 730mila dipendenti di Funzioni centrali e locali. Non tutti, però. Perché anche lì molte attività, dall’usciere all’educatore, richiedono la presenza. Tanto è vero che anche nelle settimane del lockdown 2020, con l'Italia barricata in casa, il lavoro a distanza ha riguardato il 47,5% del personale nei Comuni, il 66,7% nelle Regioni e il 72,7% nei ministeri (monitoraggio di ottobre 2020 dalla Funzione pubblica). A meno di non tornare a una chiusura generalizzata, che però per la Pa ha comportato anche lo smaltimento delle ferie e l’esonero dal servizio per chi svolge attività in cui la presenza è indispensabile, il lavoro a distanza interessa circa 400mila persone, il 12-13% dei dipendenti pubblici italiani.

2

LE ATTIVITà

Chi decide quali lavoratori possono essere collocati in Smart Working?

La scelta è affidata all’autonomia delle singole amministrazioni, che devono individuare, previo confronto con i sindacati, le attività che possono essere effettuate a distanza.

3

I VINCOLI

A quali condizioni i lavoratori delle attività effettuabili a distanza possono essere collocati in Smart Working?

Per concedere lo Smart Working, le amministrazioni devono garantire «l’invarianza dei servizi resi all’utenza». Al di là di questo teorico principio generale, la cui responsabilità è integralmente nelle mani delle amministrazioni chiamate anche ad adottare un «piano di smaltimento» degli eventuali arretrati accumulati nel precedente periodo emergenziali, sul piano pratico lo Smart Working nel pubblico impiego è attivabile solo mediante l’accordo individuale previsto dall’articolo 18 della legge 81/2017. Questo strumento è invece sospeso nel lavoro privato fino al 31 marzo, data attualmente prevista per la fine dello stato d’emergenza.

4

L’INTESA

Come funziona l’accordo individuale?

L’intesa può essere a tempo determinato o indeterminato, e deve prevedere le modalità di svolgimento della prestazione a distanza, i tempi di riposo e il diritto alla disconnessione del lavoratore e le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo da parte dei dirigenti. Nell’accordo devono essere indicate le modalità di recesso, con preavviso minimo di 30 giorni, e i «giustificati motivi» che possono portare anche al recesso unilaterale senza preavviso. Anche qui, vista la fase complicata dai numeri della variante Omicron, è saggio orientare l’attenzione sugli aspetti più pratici. E ricordare che sono ampiamente disponibili modelli-tipo di accordo individuale (per esempio quello predisposto in autunno dall’Aran) facilmente replicabili in ogni amministrazione per quello che di fatto nell’ammpia maggioranza dei casi resta al momento un «lavoro a distanza» più che un vero e proprio Smart Working.

5

LA ROTAZIONE

Come si rispettano i vincoli della rotazione del personale e della prevalenza del lavoro in ufficio nella programmazione dei lavoratori in Smart Working?

Questo è il punto cruciale su cui una certa elasticità interpretativa permette alle regole di cambiare di segno rispetto alla loro impostazione iniziale. L’intesa individuale che concede lo Smart Working deve infatti prevedere che il lavoro in presenza occupi la maggioranza delle giornate. Questa prevalenza, spiega però la circolare di mercoledì confermando le indicazioni arrivate nei giorni precedenti dalla Funzione pubblica, può essere calcolata su base «settimanale, mensile o plurimensile con ampia flessibilità». Quindi il lavoro agile può essere anche «modulato, come necessario in questo particolare momento, sulla base dell’andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza potrà essere raggiunta anche nella media della programmazione plurimensile». Dal momento che non è specificato alcun limite temporale esplicito, nulla vieta di prevedere ora uno smart working integrale, senza alternanza con l’ufficio, e di calendarizzare il recupero delle giornate in presenza fra alcuni mesi.

6

IN BUSTA PAGA

Che effetti ha lo Smart Working sullo stipendio?

Per il lavoro agile è previsto lo stesso trattamento economico garantito al lavoro in presenza. Nelle giornate di smart working vero e proprio, che è svolto senza vincolo di orario, non è possibile (ovviamente) riconoscere le indennità legate all’orario di lavoro (per esempio lo straordinario). Nel caso del lavoro da remoto, che ha invece gli stessi vincoli orari della presenza, possono essere riconosciuti anche gli istituti collegati all’orario. In questo può essere riconosciuto anche il buono pasto.

7

LAVORATORI FRAGILI

Esiste un «diritto di precedenza» nella concessione del lavoro agile per particolari categorie di lavoratori?

Nello sforzo di conciliare «esigenze dei lavoratori» e «necessità tecniche dell’attività», le Linee guida chiedono alle amministrazioni di «facilitare l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovino in condizioni di particolare necessità, non coperte da altre misure». Anche in questo caso il principio va adeguato alle necessità del momento, dominato dall’impennata dei contagi.

8

L’OBBLIGO VACCINALE

Lo Smart Working può essere una via di fuga dall’obbligo vaccinale appena introdotto per i lavoratori con almeno 50 anni di età?

No. Lo Smart Working comporta gli stessi obblighi previsti per gli altri lavoratori, anche perché resta nel tempo alternato alla presenza in ufficio

9

IN QUARANTENA

Lo Smart Working può essere svolto durante la quarantena?

Sì. In quest’ottica rappresenta anche uno strumento di gestione delle quarantene, che però sono ora molto limitate per i vaccinati

10

GLI STRUMENTI

L’impossibilità per l’amministrazione di fornire gli strumenti tecnologici impedisce la concessione del lavoro agile?

No. Le Linee guida precisano che le Pa devono «di norma» dotare lo smart worker degli strumenti di lavoro, ma l’utilizzo del proprio computer previo accordo con il datore di lavoro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©