Pnrr, Fitto pretende garanzie da tutti i soggetti attuatori
Il ministro chiede alle Pa di assumersi «responsabilità pubbliche» sui progetti realizzabili entro il 2026. Nella nuova Struttura di missione 50 dirigenti e 20 esperti
I soggetti attuatori del Pnrr, in primis Regioni, Comuni e Province, «dovranno assumersi la responsabilità dei progetti che potranno essere realizzati in tempo, entro giugno 2026». Una «garanzia pubblica e ufficiale», perché nessuna responsabilità possa essere «scaricata» a posteriori sul Governo.
Nell’informativa di ieri prima al Senato e poi alla Camera, il ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto, ha richiamato per la prima volta all’ordine tutti gli attori del difficile percorso che dovrà portare, entro il 31 agosto, a consegnare alla Commissione Ue la proposta di revisione del Piano con il capitolo aggiuntivo del RepowerEu.
Un percorso ancora in alto mare. La buona notizia consegnata alle Camere è la risoluzione «nelle prossime ore» della trattativa per sbloccare la terza rata da 19 miliardi legata al secondo semestre 2022, grazie alle nuove linee guida sulle concessioni portuali e allo stralcio dai finanziamenti comunitari anticipato dal Sole 24 Ore e ufficializzato da Fitto in Aula, degli stadi di Firenze e Venezia e di dieci progetti di teleriscaldamento che saranno sostituiti con un un nuovo bando. Ma è già alle viste anche il negoziato per rivedere i 27 target al 30 giugno. Fitto ha scelto di segnalare tre «criticità» a titolo di esempio: gli asili nido (le opposizioni sono insorte, Fitto ha promesso che si cercherà la quadra con Bruxelles), le 35 stazioni a idrogeno per il trasporto stradale (avrebbero dovuto essere 40) e le misure per Cinecittà. Un progetto da 300 milioni per il polo romano del cinema che entro il primo semestre dovrebbe arrivare alla firma tra Istituto Luce Studios e le società per la costruzione di nove studi e che invece arranca. Colpa, come ha spiegato il ministro, anche dell’incognita legata alla «risoluzione di alcuni contenziosi».
I cantieri sono aperti su ogni fronte. Il contatore delle gare comincia a correre, con 57.704 procedure bandite per 136,9 miliardi e aggiudicazioni per 5,3 miliardi. Le cifre, elaborate sui database Anac, mostrano anche l’attivismo degli enti locali, con i Comuni titolari di 35.033 gare bandite. La ricognizione dello stato di avanzamento dei progetti sarà al centro degli incontri che si intensificheranno nelle prossime settimane, e che dovranno servire però soprattutto alle verifiche sui progetti realizzabili entro la scadenza definitiva del Pnrr: quel 30 giugno 2026 che Fitto ha tradotto di nuovo in «tre anni e due mesi». Come a dire: domani. Un check fondamentale per costruire la revisione generale del Pnrr con il RepowerEu. Con i due filoni, ha ripetuto Fitto, dei progetti delle società di Stato per «l’autonomia strategica» del Paese dal punto di vista energetico e degli incentivi a imprese e famiglie.
A maggio ci sarà un “momento verità”, con la prima relazione semestrale dell’era Meloni. Sarà «molto documentata, una fotografia dettagliata», ha promesso Fitto. Biasimando gli allarmismi («Il nostro obiettivo è far emergere con chiarezza tutte le difficoltà per immaginare soluzioni nei tempi previsti a livello europeo») e assicurando che il Governo «fa suo l’appello del presidente Mattarella». Il riferimento è a quel «mettersi alla stanga» di degasperiana memoria citato dal capo dello Stato a fine marzo, quando è stato evidente che l’impalcatura originaria del Pnrr cominciava a vacillare. Il ministro ha garantito di nuovo di voler usare tutti i fondi. Ma non è sfuggito che il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, ha rinnovato i dubbi sui prestiti, evocando il rischio di «trovarci nel 2026 con opere non fatte e più indebitati».
Di certo, per evitare rallentamenti, in questi giorni bisognerà dare gambe alla nuova governance del Piano disegnata dal decreto legge Pnrr-ter. Il ministro ha annunciato ieri la firma del Dpcm ad hoc. In sette articoli, assegna alla nuova Struttura di missione a Palazzo Chigi sia il coordinamento con le amministrazioni titolari di interventi Pnrr sia «le interlocuzioni» con la Commissione, assieme al compito di monitorare l’avanzamento dei progetti. Il coordinatore dovrà essere nominato con un altro Dpcm e la Struttura (50 dirigenti e 20 esperti) si articolerà in quattro uffici di livello dirigenziale generale, ciascuno a sua volta suddiviso in due servizi di livello dirigenziale non generale. Il primo ufficio seguirà le Missioni 1 e 4 (Digitalizzazione e Pa, istruzione e ricerca), il secondo le Missioni 2 e 3 (Transizione ecologica e infrastrutture), il terzo le Missioni 5 e 6 (Inclusione e salute). Al quarto i compiti di supporto alla cabina di regia, elaborazione della relazione semestrale e comunicazione. Riempire le caselle è urgente. Resta da capire l’allineamento tra i vecchi vertici tecnici, come Chiara Goretti a Palazzo Chigi e Carmine Di Nuzzo al Mef, e il nuovo Governo.