Pnrr, a rischio altri 7-800 milioni d’interventi di Regioni e Comuni
Nella rimodulazione ipotesi definanziamento di circa il 30% dei Piani per la qualità dell’abitare. Su 959 interventi, 161 sono fermi al progetto e per 147 la gara non è conclusa. Incognita anche sui Piani integrati
Si scaldano i motori della nuova rimodulazione del Pnrr che il Governo punta a proporre a febbraio alla Ue per chiudere l’intesa entro la primavera. Il quarto tagliando al Piano interesserebbe investimenti per 10-12 miliardi, in un ventaglio che si concentra sulle ferrovie (Terzo valico dei Giovi, Tav Salerno-Reggio Calabria) ma promette di ridimensionare ancora il capitolo di progetti comunali e regionali; ora intervenendo sui Piani per la qualità dell’abitare (Pinqua).
Il lavorio anticipato su Nt+ Enti locali & Edilizia del 9 gennaio è stato confermato nei giorni scorsi dal ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini, che il 14 ha annunciato l’avvio di una «approfondita attività di controllo sull’andamento dei Pinqua», perché «sono emerse criticità che mettono a rischio alcuni interventi». Allarme risuonato un po’ a sorpresa fra gli amministratori locali, che in più di una cabina di regia nel 2024 avevano ricevuto rassicurazioni nonostante le difficoltà segnalate da alcuni territori, e avevano avuto il via libera a ritocchi dei piani (con conseguente allungamento dei tempi). Non solo: un documento Mit del giugno 2024 assicurava che i target minimi Pnrr (almeno 10mila alloggi pubblici e la riqualificazione di 800mila metri quadri di spazi pubblici) erano stati raggiunti, perché il totale dei Pinqua supera ampiamente il doppio obiettivo europeo.
In gioco però ci sarebbe circa il 30% dei Piani; un quadro che potrebbe portare a un definanziamento da 7-800 milioni sui 2,8 miliardi originari. L’analisi degli open data pubblicati sul portale governativo Italia Domani, che nell’ultimo rilascio permettono di verificare anche lo stato di avanzamento («iter di progetto») di ogni intervento, offre un panorama dettagliato: dei 959 Codici unici di progetto in cui sono articolati i 159 Pinqua italiani, il campanello d’allarme suona su 308 iniziative, il 32% del totale. A una distanza ormai proibitiva dal traguardo del collaudo entro il 30 giugno 2026 appaiono i 161 interventi (16,7%) ancora invischiati nella progettazione, ma la sfida è ardua anche per i 147 (il 15,3%) oggi impegnati nelle procedure di gara. Chance solide accompagnano invece i 616 progetti in corso di esecuzione (il 64,3%), mentre sono appena 35 (il 3,6%) quelli giunti al collaudo. Tra gli interventi in difficoltà spiccano per dimensioni quello di Lamezia Terme, 100 milioni, e le opere di Reggio Emilia, dove in gioco ci sono 45 milioni.
A sollevare le incognite sulla sorte dei Pinqua era stata fin dall’anno scorso la Corte dei conti nelle sue relazioni semestrali. I magistrati contabili avevano anche dettagliato i contenuti effettivi di questi programmi, che in 381 casi puntano a riqualificare unità abitative, in 367 costruiscono nuovi spazi pubblici in ambito ricreativo, culturale, sportivo, scolastico e per la terza età; sono invece 142 gli investimenti dedicati alla mobilità, con interventi ciclabili, stradali, pedonali e sul trasporto pubblico, che rappresentano l’altro gruppo omogeneo più rilevante.
I risultati delle verifiche ministeriali sono attesi a breve, anche per misurare la profondità del taglio che potrebbe arrivare sui Piani. A differenza di quanto accaduto nella prima rimodulazione, poi, non è detto che gli interventi definanziati dal Pnrr trovino una copertura alternativa nei fondi nazionali; ipotesi, questa, resa oltretutto improbabile dall’entrata in vigore della nuova governance comunitaria che impedisce di rivedere le dinamiche di spesa pubblica concordate con la Ue nel Piano strutturale di bilancio. Le risorse destinate a uscire dai Pinqua dovrebbero, invece, essere girate ad altri interventi, come il Piano idrico nazionale e il Piano casa, fin qui rallentato dalla carenza di fondi.
Il definanziamento dei Pinqua promette, comunque vada, di aprire una nuova querelle con i Comuni, tanto più se sarà accompagnata da un intervento anche sui Piani urbani integrati, già usciti in parte dal Pnrr nel 2023.
Un altro target della revisione sarà rappresentato da una serie di progetti ambientali che in questi mesi hanno mostrato un grado allarmante di affanno. È il caso delle comunità energetiche, in difficoltà fin dalla loro lunga gestazione, e dei programmi di diffusione delle colonnine elettriche, incappati in un tasso di risposta deludente ai numerosi bandi lanciati in questi anni. Lo stesso ministro per il Pnrr, Tommaso Foti, del resto ha sottolineato la necessità di prevenire i rischi di perdere fondi Ue per insistere su progetti complicati da realizzare entro la scadenza.