Prezzi inadeguati, costruttori al Tar contro la gara Anas da un miliardo di euro in Sicilia
La maxi-opera stradale per la Ragusa-Catania impugnata da Ance e 18 imprese, inclusa Webuild: «bando illegittimo, appalto in perdita»
A rischio stop il maxi appalto stradale mandato in gara dall'Anas in Sicilia per il completamento di alcune tratte della Ragusa-Catania. Con un ricorso depositato oggi, venerdì 29 aprile, al Tar Sicilia (Sezione di Catania) un gruppo di imprese aderenti all'Ance, oltre alla stessa associazione, hanno impugnato il bando pubblicato lo scorso 30 marzo, chiedendo al giudice la sospensiva urgente, vista la scadenza ravvicinata della gara (12 maggio). Secondo i ricorrenti, si tratta di un appalto in perdita, i cui valori a base d'asta dei singoli lotti sono sottodimensionati di oltre il 40% a causa di listini prezzi che l'Anas ha preso a riferimento, i quali sarebbero appunto lontanissimi dai valori reali.
Ad avviare il contenzioso sono state imprese di varie parti d'Italia, alcune molto note, a cominciare dal colosso nazionale, Webuild. Tra i ricorrenti ci sono anche la Pizzarotti di Parma e l'impresa Ghella di Roma. Il ricorso è stato inoltre sottoscritto da Aleandri Spa (con sede a Bari), dalla Carron Cav. Angelo Spa di Treviso, dal Consorzio Integra di Bologna, dal Consorzio stabile Build di Roma, dal Consorzio stabile Italia di Catania, dal Consorzio stabile modenese, dalla Cosedil Spa di Catania, dalla De Sanctis Costruzioni Spa di Roma, da Eteria Consorzio stabile di Roma, dalla Icm Spa di Vicenza, da Impresa Di Cintio srl di Pescara, dalla Toto Spa Costruzioni generali di Chieti e, infine, dalle tre imprese romane Ircop Spa, Monaco Spa e Romana scavi Srl. In tutto 18 operatori economici, tra imprese e consorzi, oltre alla stessa Ance, che ha deciso la linea della "tolleranza zero" sui bandi con prezzi inadeguati.
IL RICORSO NOTIFICATO AL TAR CATANIA CONTRO IL BANDO ANAS DELLA RAGUSANA
Il bando siciliano, suddiviso in quattro lotti, vale quasi un miliardo di euro in totale e rappresenta la gara di maggiore importo finora contestata dagli operatori a causa dei prezzi, ritenuti inadeguati. Pochi giorni fa i costruttori hanno chiesto e ottenuto la sospensiva dal Tar di Roma del bando da 43 milioni dell'Autorità portuale del Tirreno Centrale per i lavori a mare al porto di Fiumicino. Nel caso del bando Anas siciliano l'importo è di oltre 20 volte maggiore. La decisione di ricorrere al Tar è ancora più clamorosa se si considera che l'opera è tra quelle più importanti e attese della Sicilia. Significativa anche la presenza di Webuild tra le imprese ricorrenti, le quali peraltro fanno capo in molti casi a imprenditori con cariche associative all'interno dell'Ance.
La decisione di impugnare il bando è stata inevitabile, secondo i ricorrenti. I listini prezzi calcolati dall'Anas non sono - secondo i calcoli degli operatori - in linea con quelli reali di mercato e non consentono pertanto la sostenibilità dell'appalto. Il bando pubblicato il 30 marzo scorso fissava la scadenza al 22 aprile, ma l'Anas ha deciso di prorogare il termine, fissando il nuovo termine al 12 maggio. Il tempo aggiuntivo concesso dalla stazione appaltante, che avrebbe dovuto agevolare gli operatori nella presentazione dell'offerta, è stato piuttosto utilizzato dagli operatori per valutare le singole voci di costo allo scopo di verificarne la corrispondenza con la realtà del mercato e - in definitiva - la sostenibilità dell'appalto.
Ebbene, in base ai calcoli degli operatori i valori a base d'asta sono «assolutamente non in linea con i correnti prezzi di mercato. Ed infatti - si legge nel ricorso - il Listino Prezzi 2022 utilizzato da Anas per la determinazione dei prezzi a base d'appalto è assolutamente inadeguato rispetto agli attuali prezzi di mercato». E non sono solo le imprese a dirlo. Ma è stata la stessa Autostrade per l'Italia - ricordano i ricorrenti - a segnalare l'11 marzo scorso al ministero delle Infrastrutture che nonostante «gli aumenti dell'Ep Anas 2022 si registra ancora per numerose voci, circa n. 180, una non remuneratività dei prezzi che incide in termini negativi sia sulla corretta definizione della base d'asta da pubblicare nelle procedure pubbliche, sia sulla corretta definizione di un ribasso medio da proporre in fase di gara da parte degli operatori economici, nonché sulla effettiva fattibilità in fase esecutiva delle attività richieste». Pertanto, si arriva al motivo del ricorso: «la non remuneratività del corrispettivo stimato per l'appalto in esame che, in ultima analisi, si traduce in un indebito ostacolo alla partecipazione delle imprese che siano intenzionate a formulare un'offerta seria ed attendibile».
I ricorrenti spiegano che il prezzario Anas 2022 - che prevede un incremento medio del 14% del precedente listino - è stato aggiornato a febbraio 2022 sulla base di rilevamenti effettuati dal Mims nel primo semestre 2021. Dunque, non tiene conto né dell'impennata dei listini dei materiali avvenuta nel secondo semestre 2021 né dell'ulteriore fiammata legata allo scoppio della guerra in Ucraina. Citando la segnalazione di Aspi al ministero, si segnalano alcune voci di costo dell'Anas rimaste indietro rispetto al mercato, come le "opere d'arte" che hanno visto un aumento del 20% rispetto invece al +9% riconosciuto dall'Anas; o come i "cavi" (+30% invece del +25% dell'Anas). Più in generale i "disallineamenti" rispetto al mercato oscillano dall'8-10% ("conglomerati e murature") fino ad arrivare al 45% nel caso delle "impermeabilizzazioni e rivestimenti". Non solo. I ricorrenti segnalano che l'Anas è rimasto indietro anche rispetto al prezzario regionale 2022 della Sicilia. Alcuni esempi: per gli "scavi" e i "movimenti di materia e demolizioni" la Sicilia prevede un prezzo del 120% più alto dell'Anas; per le "opere d'arte" e le "strutture in acciaio" del 174% in più; per gli "sbancamenti" e le "demolizioni meccaniche" del 297%; per la fornitura e posa di geotessili del 132%; dei "rilevati e drenaggi " del 180 per cento. Complessivamente - concludono le imprese - una discrepanza «abissale», che rende l'appalto siciliano antieconomico.
Per esempio, nel lotto n.1 della maxi-gara (da 181,7 milioni di lavori) i costruttori mettono la lente su 17 voci di costo che, in base ai prezzi Anas, sommano 55,2 milioni di euro. Applicando invece i reali prezzi di mercato si ottiene un valore, ritenuto «congruo», di 77,5 milioni di euro. Come a dire che l'esecutore non avrebbe alcun tornaconto, ma andrebbe invece incontro a una sicura perdita di 22,3 milioni, pari al 40,45%. Stessa cosa per il lotto 3 (da 192,6 milioni di lavori): vengono esaminate 20 voci di costo che secondo il prezzario Anas 2022 valgono 78 milioni e secondo invece i prezzi reali portano a un valore «congruo» di quasi 110 milioni. Anche in questo caso, l'appaltatore andrebbe incontro a una sicura perdita di 31,8 milioni di euro, pari al 40,82%. Ancora: «Con riferimento al Lotto 3, applicando il listino Anas - si legge nel ricorso - la voce "strutture in acciaio" quoterebbe 9.432.330,42 euro, mentre le analisi di mercato dimostrano un prezzo congruo di 13.822.220,04 euro, con un incremento del 46,54%. Analogamente, per la voce "acciaio in barre" applicando il listino Anas si avrebbe un importo pari a 23.537.740,80 euro, mentre il reale valore di mercato della predetta voce di costo è pari a 30.193.239,92 euro, con un incremento del 28,28%. Analoghe considerazioni possono essere svolte per il conglomerato bituminoso (-43,52%), per il calcestruzzo (-40,34%) e per tutte le voci indicate». Conclusione: «l'appalto bandito da Anas opera oggettivamente ed incontrovertibilmente in perdita».
Alla contestazione del bando per l'inadeguatezza dei listini, si aggiunge l'accusa di inerzia della stazione appaltante per non averli adeguati quando invece avrebbe dovuto farlo, scegliendo invece di validare - il 25 febbraio scorso - il progetto esecutivo, senza essersi «minimamente preoccupata di verificare che i prezzi posti a base di gara fossero effettivamente adeguati e congrui rispetto ai valori di mercato correnti». Un obbligo, quest'ultimo, che, secondo le imprese, è imposto dallo stesso codice appalti, all'articolo 26, comma 4, lettere b) e h), «ai sensi del quale, conclusa la progettazione, l'Amministrazione, in fase di validazione del progetto, è tenuta a un'ulteriore verifica degli elaborati progettuali prima dell'avvio della gara, accertandone la regolarità anche sotto i profili della "coerenza e completezza del quadro economico in tutti i suoi aspetti" e della "adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati"». La parola passa ora al Tar Catania (e, per la sospensiva, al giudice monocratico).