Progressioni economiche, nessuna esclusione per i periodi a tempo determinato
É la conclusione della Corte di cassazione sul caso di alcuni lavoratori socialmente utili
Il personale con contratto di lavoro a tempo determinato non può essere escluso a priori dalla partecipazione alle procedure delle progressioni economiche orizzontali. È questa la conclusione cui giunge la Corte di cassazione, sezione Lavoro, con l'ordinanza n. 18138/2022.
Alcuni lavoratori socialmente utili, assunti da un ente locale siciliano con contratti a tempo determinato, nonostante il rinnovo senza soluzione di continuità dei rapporti da oltre dieci anni, sono stati esclusi dalle procedure per l'attribuzione delle progressioni economiche orizzontali.
Per l'ente datore di lavoro la loro esclusione risiede nel fatto che le progressioni economiche orizzontali, previste nell'ottica del miglioramento della funzionalità ed efficienza degli uffici, valorizzano una serie di indici (tra cui la capacità di adattamento ai cambiamenti organizzativi, la partecipazione a moduli flessibili e l'iniziativa personale) che non appaiono compatibili con la precarietà propria del rapporto di lavoro a termine.
Contro la decisione della propria amministrazione i lavoratori interessati hanno adito l'autorità giudiziaria, al fine di accertare il loro diritto alla partecipazione alle procedure in questione, con pagamento delle differenze retribuite o con risarcimento del danno per perdita di chance.
La domanda, accolta dal giudice di primo grado limitatamente all'accertamento del diritto all'accesso alle procedure, è stata integralmente rigettata dalla Corte di appello; così i ricorrenti ha hanno promosso ricorso in Cassazione.
Gli Ermellini, nel rinviare, con alcune linee guida, alla Corte di appello il concreto inquadramento dei lavoratori in questione al rapporto di lavoro subordinato, affermano che sono fondate le censure mosse dai ricorrenti rispetto all'esclusione a priori dei lavoratori a tempo determinato dall'ambito delle valutazioni utili alla progressione economica.
A tal fine viene ribadito quanto affermato di recente dalla stessa Corte (sentenza n. 7458/2022) secondo cui la clausola n. 4 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/Cee impone al datore di lavoro di riservare all'assunto a tempo determinato il medesimo trattamento previsto per l'assunto a tempo indeterminato e, pertanto, in caso di progressione stipendiale connessa sia all'anzianità di servizio che alla valutazione positiva dell'attività prestata, il datore di lavoro sarà tenuto, da un lato, a includere nel calcolo, ai fini dell'anzianità, anche il servizio prestato sulla base di rapporti a tempo determinato e, dall'altro, ad attivare, alla maturazione del periodo così calcolato, la procedura valutativa nei termini, con le forme e con gli effetti previsti per gli assunti a tempo indeterminato non potendosi «escludere il diritto alla predetta progressione stipendiale se, alla maturazione dell'anzianità, il datore di lavoro, contrattualmente tenuto ad attivare la procedura valutativa, l'abbia omessa sull'erroneo presupposto della non computabilità dei periodi a tempo determinato».
In passato l'Aran (RAL 279) interrogata sulla questione aveva affermato, anche in assenza di una esplicita indicazione, che la disciplina contrattuale in materia di progressioni orizzontali può trovare applicazione esclusivamente nei confronti del personale a tempo indeterminato.
La stessa agenzia ha poi precisato (CSAN86a) che i periodi lavorativi già resi da lavoratori nell'ambito di un precedente rapporto di lavoro a tempo determinato, con lo stesso ente e con mansioni del medesimo profilo e categoria di inquadramento, possano essere fatti valere e computati ai fini della sussistenza del requisito dei ventiquattro mesi di permanenza nella posizione economica in godimento.