Personale

Pubblico impiego, aumenti da 63 a 117 euro

Firmata la pre-intesa sul contratto di ministeri, agenzie fiscali ed enti non economici. Con le risorse per fondi accessori e carriere il beneficio sale a 125 euro

di Gianni Trovati

La corsa per il rinnovo del contratto degli statali è arrivata al primo traguardo. Ieri sindacati e Aran, l’agenzia negoziale che rappresenta la Pa come datore di lavoro, hanno firmato la pre-intesa per il contratto delle Funzioni centrali, il «compartone» che raccoglie circa 225mila dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici (Inps, Inail, Aci e così via). Per l’accordo finale è questione di giorni, dovuti all’attesa dell’approvazione finale degli emendamenti alla manovra che hanno aperto la via al sì sindacale (sottoscritto da Cgil, Cisl, Uil, Confsal, Cgs-Flp e Confintesa, non dall’Usb). Gli effetti in busta paga sono attesi tra febbraio e marzo, dopo i controlli di rito da parte di Funzione pubblica, Ragioneria generale e Corte dei conti.

Gli aumenti valgono da 63 a 117 euro lordi al mese a seconda dell’inquadramento, con un beneficio medio da 100 euro che sale a 105 calcolando il consolidamento dell’elemento perequativo, cioè del tassello stipendiale inserito nello scorso contratto per tutelare le fasce più basse dal rischio di perdere parte del bonus Renzi per effetto degli aumenti. In totale, il contratto muove una somma pari al 4,85% della massa salariale, grazie anche alla spinta data dalla manovra al fondo per il salario accessorio (200 milioni, lo 0,22% della massa salariale) e a quello per la riforma degli ordinamenti professionali (0,55% della massa salariale grazie all’emendamento alla manovra anticipato dal Sole 24 Ore di martedì scorso e approvato ieri notte alla legge di bilancio, che esclude dal conto gli insegnanti a cui vengono destinati 180 milioni ad hoc). Tutto compreso, nei calcoli della Funzione pubblica il beneficio medio portato dal contratto sale a 125 euro per 13 mensilità.

Il via libera dopo un tour de force di 25 riunioni è arrivato ieri a metà mattina, archiviando la vecchia ritualità delle firme notturne; chiude di fatto i lavori sul contratto-guida del pubblico impiego, e prospetta di conseguenza tempi ragionevolmente brevi anche per sanità, regioni ed enti locali e istruzione, anche se per quest’ultimo non è stato ancora licenziato l’atto di indirizzo del comitato di settore. «La firma di oggi mi rende felice e orgoglioso -, rilancia il ministro per la Pa Renato Brunetta -, rispettiamo l’impegno che avevo preso il 10 marzo siglando con i sindacati il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale». Il contratto per la Pa centrale è «apripista per gli altri comparti», come ricorda Brunetta, anche perché affronta un ricco carnet di compiti aggiuntivi con la disciplina delle tante novità che saranno replicate in tutta la Pa. «Dopo vent’anni abbiamo rivisto l’ordinamento professionale, istituito una nuova area per le elevate professionalità e regolamentato per la prima volta in un contratto nazionale il lavoro agile», riassume il presidente dell’Aran Antonio Naddeo. Per gli altri comparti, insomma, bisognerà aspettare i primi mesi del 2022, ma il grosso è fatto anche se resta da affrontare qualche adattamento non banale delle nuove regole alle specificità di sanità ed enti territoriali. Intanto nei prossimi giorni ripartirà la macchina del rinnovo per i dirigenti, incagliata sul contratto quadro per la definizione delle aree. A risolvere il problema è intervenuto un emendamento approvato la notte scorsa al Senato alla manovra, che fino al 2024 mantiene i professionisti tecnici e amministrativi della sanità nell’area della dirigenza locale.

La corsa citata all’inizio e chiusa ieri, però, arriva dopo una lunga stasi, visto che il contratto riguarda il 2019/2021. La sua entrata in vigore produrrà quindi un’una tantum consistente nella prima busta paga utile dopo l’entrata in vigore, probabilmente a marzo: il recupero vale dai 1.162 ai 2.182 euro a seconda della posizione economica nei ministeri, mentre il ventaglio nelle agenzie fiscali va da 1.311 a 2.466 euro per la diversa scansione temporale degli aumenti. In media, stima Palazzo Vidoni, gli arretrati valgono 1.800 euro a dipendente.

Ma il tabellare ospita solo i più tradizionali fra gli effetti retributivi portati dal nuovo contratto. Che innova il meccanismo delle progressioni con i nuovi «differenziali stipendiali», un premio che va dagli 800 euro per la prima area (gli «operatori» nel nuovo ordinamento) ai 2.250 raggiunti dopo l’ultimo ritocco per la terza area (i «funzionari»). Servirà a premiare l’esperienza acquisita sul campo, e sarà assegnato con procedure selettive in cui conteranno la media delle ultime tre valutazioni individuali, l’«esperienza professionale maturata» (concetto molto vicino all’anzianità) e i parametri che potranno essere individuati dai contratti integrativi. A funzionari e assistenti potranno essere attribuiti fino a 5 differenziali stipendiali nel corso della vita lavorativa, mentre per gli operatori il numero massimo si ferma a 2. I differenziali entreranno nella parte fissa dello stipendio ma saranno finanziati dai fondi integrativi, che crescono dello 0,12% nei ministeri, dello 0,31% nelle agenzie fiscali, dello 0,81% negli enti non economici e dello 0,91% al Cnel.

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