Pubblico impiego, niente conversione del contratto a tempo determinato anche se per quel posto non è previsto concorso
É il caso dell'assunzione avvenuta attingendo dalle graduatorie delle liste di collocamento
Nel pubblico impiego privatizzato il divieto di conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato è un principio generale che vale anche nell'ipotesi in cui l'assunzione sia avvenuta attingendo dalle graduatorie delle liste di collocamento ai sensi dell'articolo 35 del Dlgs 165/2001 e della legge 56/1987. Lo ha affermato la Corte di cassazione, Sezione lavoro, con la sentenza n. 37750/2022.
Il fatto
Un'azienda sanitaria provinciale è stata chiamata in causa da una propria dipendente ausiliaria specializzata, e il Tribunale adito accoglieva il ricorso della lavoratrice da un lato accertando la nullità del termine apposto al contratto a tempo determinato della ricorrente per violazione del Dlgs 368/2001, e dall'altro condannando l'azienda alla reintegra della dipendente nel posto di lavoro, nonché al pagamento in suo favore di 20 mensilità di retribuzione ex art. 18 dello statuto dei lavoratori. A seguito di impugnazione da parte dell'Asp, con la gravata sentenza del 2017 la Corte di appello di Catanzaro ha affermato che in tali circostanze il Tribunale aveva errato a riconoscere la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a indeterminato, perché l'articolo 36, comma 5, del Dlgs 165/2001 statuisce che «la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte della Pa, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (…), ferma restando ogni responsabilità e sanzione».
A fronte di un principio con valenza generale, sostenevano i giudici, il disposto trova applicazione anche nel caso di specie, ove l'assunzione non è avvenuta mediante procedura selettiva, ma attraverso il ricorso alle liste di collocamento.
La ratio del divieto di conversione
Nell'ulteriore ricorso alla Suprema Corte la lavoratrice ha sostenuto che nel suo caso non opererebbe il divieto di conversione di cui all'articolo 36, comma 5, sopra richiamato, dacché la trasformazione del rapporto di lavoro a termine in quello a tempo indeterminato sarebbe vietata solo in ipotesi di rapporto di lavoro precario, la cui conversione comporti il mancato rispetto delle procedure di reclutamento ex lege.
Nel trattare l'argomento la Cassazione ha osservato che è vero che nell'ambito del pubblico impiego il divieto di conversione del contratto a termine trova la sua ragion d'essere nel dettato dell'articolo 97, terzo comma, della Costituzione, secondo cui «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».
La Sezione ha però aggiunto che «la ratio del citato articolo 36, comma 5, non risiede esclusivamente nel rispetto delle regole del pubblico concorso, ma anche, più in generale, nel rispetto del principio cardine del buon andamento della Pa, che sarebbe pregiudicato qualora si addivenisse all'immissione in ruolo senza alcuna valutazione dei fabbisogni di personale e senza seguire le linee di programmazione nelle assunzioni che sono indispensabili per garantire efficienza ed economicità dell'amministrazione pubblica».
Questa argomentazione ha portato i giudici a concludere che «il fondamento del divieto di conversione si rinviene, per un verso, nel principio del pubblico concorso e, per altro verso, nel rispetto delle regole ancor più generali di garanzia di prevedibilità ed uniformità nelle assunzioni tutte da parte delle pubbliche amministrazioni, quand'anche esse avvengano senza concorso, attraverso i centri per l'impiego».