Pubblico impiego, niente licenziamento automatico per la condanna penale
Un dipendente pubblico condannato penalmente non può essere destituito automaticamente dall'impiego, perché il procedimento disciplinare conseguente all'esito dei processi va promosso o proseguito entro precisi termini perentori, decorrenti dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile.
Così afferma il Consiglio di Stato, Sezione IV, con la sentenza n. 1358 del 24 febbraio 2020.
Il fatto
Un dipendente del Ministero dell’interno veniva dispensato dal servizio per inabilità fisica e collocato in quiescenza.
Nel corso della carriera, usufruiva di un ininterrotto periodo di sospensione cautelare dal servizio per cinque anni, in relazione ad un processo penale conclusosi con sentenza della Corte di cassazione, che ha dichiarato l’estinzione dei reati ascritti per intervenuta prescrizione.
Il Questore, in relazione a tale vicenda penale, disponeva lo svolgimento di un procedimento disciplinare nei suoi confronti, all’esito della quale veniva irrogata la sanzione della destituzione dal servizio.
Il quadro normativo
L’articolo 9 della legge n. 19/1990 prevede che il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale, in quanto la destituzione può essere inflitta all'esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni.
La disposizione, applicabile a tutti i pubblici dipendenti, presenta un ambito di applicazione espressamente circoscritto alla avvenuta adozione di una sentenza irrevocabile di condanna, non estensibile alle sentenze declaratorie della prescrizione.
Diversamente, quando da un procedimento penale, comunque definito, emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di giorni 120 dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione.
Tale norma, facendo riferimento ai procedimenti penali comunque definiti, purché conclusi con una sentenza, trova applicazione, per giurisprudenza costante, nel caso di assoluzione e, al riguardo, prevede termini di decadenza perentori, con lo scopo di assicurare che l'avvio del procedimento disciplinare della Polizia di Stato avvenga, una volta acquisita la conoscenza qualificata, a ridosso dell'acquisizione della notizia configurabile come illecito.
Il dies a quo
Il predetto termine decorre dalla data di pubblicazione della sentenza, non subordinando pertanto l'avvio del procedimento penale al passaggio in giudicato della stessa, sicché legittimamente può l'Amministrazione avviare il procedimento penale senza attendere il passaggio in giudicato della sentenza.
D’altro canto, deve essere escluso che tale termine decorra dalla lettura del solo dispositivo, essendo per converso necessario che venga depositata la motivazione del provvedimento, poiché sarebbe altrimenti precluso all'Amministrazione di valutare le motivazioni che stanno a fondamento della pronuncia resa dal giudice penale e, dopo averle attentamente ponderate, di assumere le conseguenti determinazioni in ordine all'avvio del procedimento disciplinare, laddove ne ravvisi i presupposti.
La regola è quella per cui il termine pubblicazione debba farsi coincidere con quello di conoscenza qualificata: in effetti, la norma deve essere interpretata in modo tale da garantire che l'azione amministrativa si svolga secondo i canoni del giusto procedimento e del buon andamento, che suggeriscono di individuare il dies a quo in questione dalla data di conoscenza della pronunzia penale.
Al contrario, in maniera illogica e contraddittoria, l'esercizio del potere disciplinare verrebbe sottoposto al termine decadenziale senza che l'Amministrazione competente abbia alcuna conoscenza degli elementi fattuali emersi in sede penale e suscettibili di legittimare il procedimento sanzionatorio.