Personale

Quattro tetti di spesa sul tavolo del vertice tra sindaci e Brunetta

Oggi l'incontro per rivedere le regole sulle assunzioni per il Recovery Plan

di Gianluca Bertagna

Il ministro per la Funzione Pubblica Renato Brunetta incontra oggi i sindaci per affrontare i problemi nella gestione del personale degli enti locali, presentati dalle amministrazioni in un dossier che stima in 60mila persone l’esigenza di dipendenti aggiuntivi nei prossimi cinque anni (Enti locali & edilizia del 3 marzo).

Oltre agli aspetti correlati al Recovery Fund sarà l’occasione per discutere dei reali fabbisogni di Comuni e Unioni in materia di personale. La regola del turn-over, i fuoriusciti per «quota 100», il nuovo meccanismo di calcolo degli spazi finanziari per nuove assunzioni e le criticità correlate allo svolgimento delle prove concorsuali durante la pandemia hanno messo in ginocchio gli enti locali, soprattutto quelli di più piccole dimensioni. Se sono, quindi, tutti d’accordo sulla sintesi «assumiamo il più possibile», rimangono da superare degli scogli che rischiano di vanificare ogni programma.

La parola d’ordine è «limite». I Comuni ne hanno ben quattro, e due di questi sono ancorati a spese di personale di diversi anni fa. La regola fondamentale impone a ciascun ente locale di contenere le spese di personale al di sotto della media dell’anno 2011/2013 o dell’anno 2008 come previsto dall’articolo 1, commi 557 e comma 562 della legge 296/2006. Un paletto vecchio di quindici anni, un taglio lineare, che ha portato a ridurre progressivamente l’aggregato di riferimento, a prescindere dalla capacità o meno di ciascun ente di sostenere la spesa per il personale e dalla sua “virtuosità”.

Accanto a questo vi è un’altra limitazione veramente importante: ogni anno non è possibile superare la spesa del 2009 per prestazioni di lavoro flessibile. Il vincolo è imposto dall’articolo 9, comma 28 del Dl 78/2010 e solo a livello interpretativo la Corte dei conti ha ammesso il superamento, in casi davvero eccezionali, per i piccoli enti. Evidentemente, quindi, se nell’incontro di oggi si vorrà spingere su nuove assunzioni a tempo determinato, bisognerà prima di tutto interrogarsi su questo limite: val la pena di mantenerlo per gli enti locali? Sarà necessario individuare delle deroghe specifiche? Si potrà superare il limite per assunzioni nel periodo di emergenza? Sono questi i nodi da risolvere nel contesto dell’annunciato potenziamento dei contratti a termine, anche se, come poi spesso accade, c’è sempre da valutare il rovescio della medaglia, che porta continui rinvii sulla validità delle norme delle stabilizzazioni a seguito dell’ulteriore precariato che si è venuto a creare.

Rimane, inoltre, il rebus assunzionale introdotto dal DM 17 marzo 2020. Se da una parte la novella modalità di quantificazione degli spazi per nuove assunzioni parametrate alle proprie capacità di bilancio è stata fortemente richiesta dei sindaci, dall’altra parte i meccanismi di calcolo sono talmente complessi che hanno rallentato la programmazione dei fabbisogni. Servirebbero, in proposito, regole più semplici, più snelle, che favoriscano gli organi di revisione nella resa dei pareri obbligatori loro richiesti.

Ultimo limite: al trattamento accessorio. Se l’incontro dovesse offrire l’opportunità di un potenziamento degli organici degli enti locali, come si finanzierebbero i compensi di produttività, performance e le indennità dei neoassunti senza intaccare le somme già a disposizione?

Le premesse e le aspettative sulla base delle dichiarazioni del ministro degli ultimi giorni sono molto buone. Non si dovrà, però, dimenticare il labirinto di norme, leggi, interpretazioni e pareri in cui vagano quotidianamente amministratori e operatori. Senza dimenticare, poi, che per assumere bisogna espletare procedure concorsuali che, si spera, verranno semplificate nei tempi e nei modi, garantendo comunque l’acquisizione di professionalità elevate.

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