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Rassegna auotirizzazioni ambientali

di Dario Morelli

Ambiente – Territorio – Valutazione ambientale strategica di Piani e Programmi – Nozione di Piani e Programmi – Direttiva 2001/42/CE – Articolo 3, paragrafo 2, lettera a ) – Valutazione ambientale – Valutazione di impatto ambientale (Via) – Contrasto con disciplina  Via – Esclusione – Sottoposizione degli orientamenti ministeriali ad una valutazione ambientale strategica – Orientamenti ministeriali vincolanti in materia di pianificazione urbana e altezza degli edifici – Valutare gli effetti diretti e indiretti di un progetto in modo appropriato per ogni singolo caso – Sussistenza e obbligatorietà.

 

Massime

1.       Il Piano o Programma affinché possa rientrare nell’ambito di applicazione della Direttiva 2001/42 deve rispettare le condizioni previste dall’articolo 2, lettera a), e dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a).

2.      Ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della Direttiva 2001/42, il quale mira a garantire un livello elevato di protezione dell’ambiente, un piano o un programma si può considerare «previsto» quando si fonda una disposizione amministrativa, quale un altro piano.

3.      Rientrano nella nozione di Piano o Programma anche le modifiche o deroghe che comportino effetti significativi sull’ambiente.

4.      Il Piano o Programma, solo se riveste un carattere vincolante per le Autorità competenti al rilascio dell’autorizzazione dei progetti, rientra nella disciplina Ue della valutazione ambientale strategica.

5.      La normativa sulla valutazione di impatto ambientale (“VIA”) (Direttiva 2011/92/Ue) non osta ad una normativa nazionale che impone alle autorità competenti di uno Stato membro, in caso di rilascio o meno di un’autorizzazione per un progetto, di agire conformemente agli orientamenti che richiedono di aumentare, ove possibile, l’altezza degli edifici e che sono stati oggetto di una valutazione ambientale ai sensi della Direttiva 2001/42.

Corte di giustizia UE, Sez. VII 9 marzo 2023, in causa C-9/22

Commento

La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è una procedura che si applica a piani e programmi che possono comportare un impatto significativo sull’ambiente, con la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di integrare le considerazioni ambientali al momento dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione dei piani e programmi, assicurandone una coerenza.
Dunque, nella fase di valutazione si determinano preventivamente gli effetti significativi diretti e indiretti delle azioni previste nel determinato piano o programma sulle diverse matrici, quali ad esempio la popolazione, la salute umana, la biodiversità, il territorio, il suolo, l’acqua, l’aria, il clima, i beni materiali, il patrimonio culturale, il paesaggio nonché l’interazione tra tutti i fattori menzionati.
Con la Sentenza, in data 9 marzo 2023, nella causa C-9/22, la Settima Sezione della Corte di Giustizia UE ha affrontato un caso concernente il tema della perimetrazione della nozione di “piano e programma” così come fornita dall’articolo 2, lettera a), e dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della Direttiva 2001/42 (di seguito anche solo “Direttiva VAS”) e, in particolare, sulla verifica circa il rispetto delle condizioni per la determinazione del piano o programma ai sensi della Direttiva Vas.
Il giudizio ha ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 2, lettera a), e dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42/CE, nonché dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra privati e l’Agenzia per la pianificazione territoriale irlandese in merito a un progetto di costruzione di alloggi residenziali.
Sinteticamente, la vicenda riguarda l’impugnazione dell’autorizzazione di un progetto di edilizia residenziale, poiché adottata unicamente sulla base di un provvedimento (“masterplan”) redatto congiuntamente dal committente privato e dal Consiglio Municipale di Dublino derogante il piano regolatore di Dublino 2016-2022, che, sebbene sia espressamente previsto dal medesimo piano regolatore, non è stato mai oggetto di una preventiva valutazione ambientale.
Il Collegio, al fine di dirimere la questione, circoscrivono la portata della nozione di piano e programma, richiamando la normativa comunitaria e indicando le condizioni cumulative che devono sussistere affinché tali provvedimenti possano essere soggetti a una valutazione ambientale.
Difatti, ai sensi dell’articolo 2, lettera a) della Direttiva VAS sono «piani e programmi» tutti i provvedimenti che soddisfano due condizioni. Da un lato, devono essere «elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, livello regionale o locale ovvero predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo» (prima condizione) e, dall’altro, «che siano previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative» (seconda condizione).
Come correttamente sottolinea la Sezione, ciò che rileva ai fini della qualifica di piano e programma non è l’eventuale collaborazione di un privato nell’adozione del provvedimento, bensì la necessaria presenza, seppur concorrenziale, di «un’autorità a livello nazionale, livello regionale o locale». Dunque,a nulla rileva che il provvedimento contestato sia stato redatto congiuntamente da un committente privato e da un’autorità locale, quale il consiglio comunale di Dublino, poiché, affinché rientri nell’ambito di applicazione della Direttiva VAS, è sufficiente che all’adozione del masterplan abbia partecipato un’autorità locale. Pertanto, in forza di ciò, sussiste il requisito soggettivo di provenienza.
Tuttavia, ciò solo non basta per ricondurre il piano/programma nell’ambito di applicazione della Direttiva 2001/42. È necessario, difatti, che sussista anche la seconda condizione, ossia che il provvedimento sia disciplinato «da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative». Dunque, per assoggettare a VAS l’atto è obbligatorio che lo stesso sia disciplinato da disposizioni legislative o regolamentari, o, alternativamente, trovi il suo fondamento giuridico in una disposizione amministrativa, quale un altro piano (i.e. il piano regolatore).
Il ragionamento seguito della Corte mira ad evitare che, con l’esclusione aprioristica dei piani e i programmi adottati da autorità a livello nazionale, regionale o locale dalla nozione di «disposizioni legislative, regolamentari o amministrative», gli Stati membri possano eludere l’obbligo di valutazione ambientale del piano/programma mediante il rinvio della determinazione di alcuni elementi essenziali a un altro documento.
Dunque, un piano avente come fonte giuridica un ulteriore piano, come il piano regolatore di Dublino 2016-2022, potrebbe costituire un piano la cui adozione è disciplinata da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/42.
Tale incertezza, come evidenziano i Giudici, è unicamente subordinata al rispetto di ulteriori condizioni stabilite dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/42, il quale richiede che i piani siano elaborati per determinati settori contemplati da tale disposizione e che definiscano un insieme significativo di criteri e di modalità per l’autorizzazione e l’attuazione di uno o più progetti idonei ad avere un impatto notevole sull’ambiente.
A ciò il Collegio aggiunge che sono soggette a valutazione ambientale non solo i piani o programmi bensì anche tutte le modifiche e/o deroghe minime agli stessi. Tale interpretazione estensiva della nozione di piano ben si coordina con la ratio della Direttiva VAS, la quale mira a garantire che tutte le prescrizioni che possono produrre effetti significativi sull’ambiente siano sottoposte a una procedura di valutazione ambientale.
Se fosse possibile derogare al quadro definito da un piano o da un programma, già sottoposto a valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42, senza che la modifica sia soggetta, quantomeno, all’obbligo di stabilire effetti significativi sull’ambiente occorrerebbero, si violerebbe l’obiettivo perseguito dalla direttiva stessa.
In conclusione, la Corte stabilisce che «un piano rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva qualora, in primo luogo, sia stato elaborato da un’autorità a livello locale in collaborazione con un committente preso in considerazione da tale piano e sia stato adottato da tale autorità, in secondo luogo, sia stato adottato sulla base di una disposizione contenuta in un altro piano o programma e, in terzo luogo, preveda sviluppi diversi da quelli previsti in un altro piano o programma».
Nel merito, il Collegio, tuttavia non ha ritenuto il “masterplan” idoneo ad essere qualificato come piano e programma ai sensi della Direttiva VAS, poiché non vincolante e privo di alcun carattere obbligatorio per le autorità competenti nell’ambito del rilascio di autorizzazioni di progetti (in tal senso, Corte di Giustizia UE 25 giugno 2020, nella causa C-24/19). Difatti, solo gli atti obbligatori limitano il margine di manovra di cui dispongono le autorità ed eliminano le modalità di attuazione dei progetti che possono risultare più favorevoli all’ambiente, e, dunque, da sottoporre a VAS.
Da ultimo, il Collegio, pronunciandosi su un’ulteriore questione, ha chiarito che la Direttiva 2011/92, sulla valutazione d’impatto ambientale (VIA), deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che impone alle autorità competenti di uno Stato membro, quando decidono di concedere o meno un’autorizzazione per un progetto, di agire conformemente agli orientamenti – oggetto di una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42 – che richiedono di aumentare, ove possibile, l’altezza degli edifici.

Riferimenti giurisprudenziali

Corte di Giustizia Ue 22 febbraio 2022, causa C-300/20

Corte di Giustizia Ue 25 giugno 2020, causa C-24/19

Corte di Giustizia Ue 12 giugno 2019, causa C-321/18

+Corte di Giustizia Ue 7 giugno 2018, causa C-671/16