I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Rassegna in materia di energia

di Matteo Piacentini

Energia – RSU – Soggetti privati – Gestori degli impianti di smaltimento – Determinazione del costo – Affiancamento ai “costi effettivi” degli “introiti” – Ampiezza ­– Atecnicità – Incentivi –
E’ sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 23 del 23 dicembre 2011, nella parte in cui, con riferimento ai soggetti privati gestori degli impianti di smaltimento degli RSU, ai fini della determinazione del costo complessivo del servizio di smaltimento dei rifiuti da imputare alla tariffa a carico dell’utente finale, comprende la dizione “e considerando anche gli introiti”, affiancando cioè ai costi effettivi anche “gli introiti” e, operando, dunque, un richiamo generico ad ogni posta attiva dell’impresa. L’ampiezza e l’atecnicità della dizione impongono infatti, nel rispetto della lettera e della ratio della disposizione, di ritenervi ricompresi anche gli incentivi per l’energia prodotta da fonte rinnovabile, i quali, del resto, nella contabilità dell’impresa configurano materialmente un incremento economico, ovvero, in altra prospettiva, una posta reddituale positiva, ossia appunto un “introito”. Tali incentivi, tuttavia, sono erogati per rendere economicamente sostenibili forme di produzione di energia ambientalmente compatibile derivante, nella specie, dallo smaltimento dei rifiuti: la relativa disciplina, dunque, persegue, direttamente e sotto un duplice aspetto (gestione del ciclo dei rifiuti e produzione di energia da fonte rinnovabile) finalità di “tutela dell’ambiente”, materia di legislazione esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. s), Costituzione (cfr., ex multis, Corte cost. n. 180 del 2015, n. 149 del 2015, n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 378 del 2007). Si tratta, pertanto, di stabilire se una Regione possa intervenire, sia pure indirettamente, nella vicenda incentivata, computando tali incentivi quale posta algebrica negativa nella complessa operazione di quantificazione del rimborso spettante ad un operatore economico attivo in un servizio (lo smaltimento dei RSU) sottoposto a “regolazione pubblica” e da svolgersi ex lege in condizioni di “pareggio”.

Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 luglio 2021, n. 5158

 

Energia – Servitù di gasdotto – Costituzione coattiva – Distribuzione del gas – Ammissibilità – Condizioni e limiti – Diritti reali.
La servitù di gasdotto rientra, per effetto di quanto previsto dall’art. 3 della l. n. 154 del 2016, tra quelle passibili di costituzione coattiva ope judics su domanda dell’esercente il servizio di distribuzione del gas e non del proprietario del fondo interessato alla relativa erogazione, dovendosi il fondo dominante individuare – come confermato dall’art. 3 L. n.154/2016, che impone di consentire il passaggio delle tubazioni per l’allacciamento “alla rete del gas” e non a qualunque serbatoio, anche privato, di gas – non già in quello dell’utente somministrato, bensì nell’impianto di distribuzione (quale fondo a destinazione industriale o commerciale).

Cassazione Civ., Sez. II, 23 giugno 2021, n.18011

 

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabile – Procedura abilitativa semplificata – PAS – Proprietà – Presupposto del provvedimento autorizzatorio - titolo per silentium – Carenza del requisito – Radicale difformità del titolo abilitativo.
In ragione dell’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011, in tema di P.A.S. per gli impianti alimentati da energia rinnovabile, la proprietà ovvero comunque la disponibilità giuridica degli “immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse” costituisce presupposto indefettibile dell’adozione del provvedimento autorizzatorio espresso ovvero, in termini equivalenti, della formazione per silentium del titolo abilitativo (secondo un modello di semplificazione riconducibile alla disciplina sostanziale della segnalazione certificata di inizio attività). Seguendo tale prospettiva, la carenza del richiamato requisito integra una radicale difformità del titolo abilitativo rispetto al paradigma legale; difformità che, a sua volta, può giustificare l’attivazione dei poteri di autotutela in aderenza a quanto disposto, in generale, dall’art. 19, co. 4, della L. n. 241/1990 (alle condizioni prescritte dall’art. 21-nonies della medesima legge).

TAR Basilicata, Sez. I, 1 giugno 2021, n. 415

 

Energia – Risarcimento del danno – Conclusione del procedimento amministrativo – Ritardo – Responsabilità – Autorizzazione – Impianti fotovoltaici – Fonti energetiche rinnovabili – Regime tariffario incentivante – Responsabilità extracontrattuale – Lucro cessante – Perdita di chance – Fattore causale autonomo – Interruzione del nesso di causalità
In un sistema di tutela giurisdizionale effettivo, contraddistinto dalla pluralità di rimedi a disposizione del privato contro l’inerzia dell’amministrazione, quest’ultima sottostà sul piano risarcitorio alla mancata realizzazione degli investimenti nel settore quando questi siano causati dal suo comportamento antigiuridico. In coerenza con la funzione dissuasiva e di equa ripartizione dei rischi tipica del rimedio risarcitorio, e delle regole operative sulla delimitazione dei pregiudizi risarcibili, il mutamento normativo, espressivo di un mutato indirizzo legislativo rispetto all’intervento economico pubblico in funzione agevolativa degli investimenti privati, deve essere considerato un rischio imputabile all’amministrazione quando la sopravvenienza normativa non avrebbe avuto rilievo se i tempi del procedimento autorizzativo fossero stati rispettati. Con riferimento al periodo temporale nel quale hanno avuto vigenza le disposizioni sui relativi benefici, è in astratto ravvisabile il nesso di consequenzialità immediata e diretta tra la ritardata conclusione del procedimento autorizzativo ex art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003 e il mancato accesso agli incentivi tariffari connessi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili quando la mancata ammissione al regime incentivante sia stato determinato da un divieto normativo sopravvenuto che non sarebbe stato applicabile se i termini del procedimento fossero stati rispettati. Con riferimento al periodo successivo alla sopravvenienza normativa, occorre stabilire se le erogazioni sarebbero comunque cessate, per la sopravvenuta abrogazione della normativa sugli incentivi, nel qual caso il pregiudizio è riconducibile alla sopravvenienza legislativa e non più imputabile all’amministrazione, oppure se l’interessato avrebbe comunque avuto diritto a mantenere il regime agevolativo, in quanto la legge, per esempio, faccia chiaramente salvi, e sottratti quindi all’abrogazione, gli incentivi già in corso di erogazione e fino al termine finale originariamente stabilito per gli stessi. In ogni caso, il danno va liquidato secondo i criteri di determinazione del danno da perdita di chance, ivi compreso il ricorso alla liquidazione equitativa, e non può equivalere a quanto l’impresa istante avrebbe lucrato se avesse svolto l’attività nei tempi pregiudicati dal ritardo dell’amministrazione.

Consiglio di Stato, Ad. Plen., 23 aprile 2021, n. 7