Amministratori

Reati ambientali, colpa dell’ente senza estensione per analogia

Partendo da questo principio la Corte di cassazione <a uuid="" channel="" url="https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2022/01/21/2234.pdf" target=""/>ha accolto il ricorso di una raffineria

di Patrizia Maciocchi

Il reato ambientale, non tassativamente indicato dal decreto sulla responsabilità degli enti non può essere contestato alla persona giuridica, con un’interpretazione per analogia, per affermare la sua responsabilità. Dal complesso delle norme del Dlgs 231/2001, emerge, infatti, che il sistema italiano, a differenza di altri ordinamenti giuridici non prevede la possibilità di applicare le incriminazioni vigenti anche a reati analoghi se non tassativamente previsti dalla norma.

Partendo da questo principio la Corte di cassazione (sentenza 2234) accoglie il ricorso di una raffineria, contro la condanna per sversamento di idrocarburi da uno dei serbatoi: un reato previsto dall’articolo 6, lettera a) e d) del Dl 172/2008.

I giudici ricordano che il modello di responsabilità, disegnato dal Dlgs 231/2001, originariamente previsto per un ristretto numero di reati presupposti, è stato in un secondo momento esteso. Nella norma è stato introdotto l’articolo 25 undecies che fissa le sanzioni pecuniarie per i reati ambientali, mentre con la legge 68/2015 si è rafforzata la tutela dell’ambiente, ampliando la rosa dei reati tra i quali, però non figura quello in esame: un reato, previsto da una disciplina emergenziale, che non può dunque essere utile ad affermare la responsabilità della raffineria. Con la stessa sentenza é stato invece respinto il ricorso dei manager, tenuti anche a pagare le spese sostenute dal Comune parte civile e di un paio di associazioni ambientaliste.

Va invece annullata, senza rinvio la sentenza della Corte d’Appello per quanto riguarda l’impresa, perché il fatto non costituisce illecito amministrativo.

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