Urbanistica

Reato edilizio, il superamento della messa alla prova non evita la demolizione (o la sanatoria) dell'abuso

Il giudice, ricorda la Corte di Cassazione, deve verificare il «puntuale e integrale raggiungimento dell'obiettivo della eliminazione delle conseguenze del reato edilizio»

di Massimo Frontera

Il positivo superamento del periodo di messa alla prova richiesto da chi ha commesso un reato edilizio non esime dall'obbligo di porre rimedio alle conseguenze del reato commesso, o procedendo alla rimessa in pristino/demolizione di quanto realizzato illegalmente oppure ottenendo il rilascio del titolo edilizio in sanatoria. Il principio è stato ribadito dai giudici della Terza Sezione della Corte di Cassazione penale nella recente sentenza n.36822/2022 depositata il 29 settembre scorso, con la quale i giudici hanno annullato una sentenza emessa dal Tribunale di Palermo. Quest'ultimo aveva infatti dichiarato di non doversi procedere contro l'autore di «reati edilizia in materia antisismica oltre che violazione della normativa in tema di conglomerato cementizio armato», considerando tali reati estinti a seguito dell'esito positivo del periodo di messa alla prova, e disponendo pertanto il dissequastro e la restituzione delle opere.

I giudici della Corte di Cassazione ricordano che l'istituto della messa alla prova (articolo 168-bis del codice penale) «comporta la prestazione di condotte volte alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno causato». Ed è pertanto questa la condizione imprescindibile per fruire del beneficio. In altre parole, la messa alla prova «non assume rilievo il superamento della messa alla prova alla eliminazione del danno o del pericolo». Nel caso specifico, invece, l'interessato aveva disatteso l'ordinanza di demolizione, e aveva invece chiesto un rinvio per chiedere il rilascio del permesso edilizio in sanatoria, effettuando nel frattempo la messa alla prova. Alla successiva udienza il giudice ha disposto il proscioglimento, basandosi unicamente sull'esito positivo della messa alla prova. A questo punto il Procuratore presso la Cassazione ha chiesto l'annullamento della sentenza del Tribunale in quanto l'imputato non ha né demolito le opere, né ottenuto la loro sanatoria.

I giudici ricordano infatti l'orientamento già espresso sul punto dalla medesima Sezione (pronuncia n.39455/2017), secondo cui «la praticabilità della sospensione con messa alla prova di reati edilizi passa obbligatoriamente per l'eliminazione delle conseguenze dannose dei reati in questione, "idest" per la preventiva e spontanea demolizione dell'abuso edilizio ovvero per la sa sua riconduzione alla legalità urbanistica. Tali condotte sono pregiudiziali (in senso logico, ma non necessariamente cronologico) rispetto all'affidamento dell'imputato in prova al servizio sociale e alla verifica del suo esito positivo, ed impongono pertanto al giudice di operare un corretto controllo, anche mediante le opportune e necessarie verifiche istruttorie, sul puntuale e integrale raggiungimento dell'obiettivo della eliminazione delle conseguenze del reato edilizio».

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