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Regionalismo differenziato, la chance di un decreto collegato alla legge di bilancio 2022

di Enrico Caterini ed Ettore Jorio

Un Ddl in più insediato, in zona Cesarini, nella prossima manovra di bilancio 2022-2024, con le «Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata di cui all'art. 116 della Costituzione». É quanto stato aggiunto, a sorpresa, nella scansione, della Nota di aggiornamento al Def, dei decreti che saranno collegati alla legge di bilancio 2022, passati così da 20 a 21.

Attenti a cosa?
Tutto questo ha portato a urlare allo scandalo, nonostante la previsione è perfettamente corrispondente a quanto voluto dalla maggioranza di centrosinistra che pretese la revisione costituzionale del Titolo quinto, parte seconda, della Costituzione e a quanto confermato dal relativo referendum. Ciò non solo in relazione all'articolo 116, comma 3 modificato ma anche al cosiddetto federalismo fiscale, introdotto con il nuovo testo dell'articolo 119. Una nuova metodologia di finanziamento del sistema autonomistico territoriale messa irresponsabilmente da parte da oltre dodici anni (nonostante la legge attuativa 42/2009 e nove decreti delegati del 2010/2011) con conseguenze tristi, specie per l'esigibilità dei diritti sociali e l'erogazione delle funzioni fondamentali degli enti locali.

Si curino meglio le definizioni e si evitino le pseudo valutazioni
Per intanto, la citazione specifica della previsione legislativa di fine d'anno non è affatto concettualmente apprezzabile, atteso che la denominazione di «Autonomia differenziata» rappresenta un esempio di perniciosa sovrabbondanza. Ciò in quanto la differenziazione costituisce la caratteristica propria dell'autonomia, senza la quale quest'ultima non sarebbe affatto tale. Intanto, si esercita l'autonomia, consegnata dalla Costituzione (articoli 114, comma 2, e 119, quanto a quella economico-finanziaria) agli enti territoriali, in quanto esplicitata dalle istituzioni interessate distintamente e, per l'appunto, in modo differenziato l'una dall'altra. Quanto alle valutazioni errate che condizionerebbero l'attuazione dell'articolo 116 della Costituzione è da rilevare che l'attuale (ma storica) divaricazione tra il Nord e il Sud non è affatto imputabile alla revisione costituzionale del 2001 sinora inapplicata nella sua integrità. Si tenga dunque presente questo e si eviti di puntare il dito nella direzione sbagliata.

La ratio della bozza cosiddetta Boccia non era sbagliata (va ripresa e migliorata)
Quindi, ben venga un decreto collegato alla legge di bilancio 2022, inteso ad attuare correttamente il «Regionalismo differenziato» e con esso a dare finalmente un concreto start al «Federalismo fiscale», che rimandi a casa il criterio della spesa storica e attivi quello fondato su: 1) fabbisogni standard (quantitativi) per assicurare le funzioni fondamentali degli enti locali; 2) costi e fabbisogni standard (quantitativi e qualitativi) per garantire i livelli essenziali delle prestazioni dei diritti civili e sociali. Il tutto assistito dalla perequazione ordinaria, introdotta nell'articolo 119, comma 3, della Costituzione, che assicuri il 100% (per sanità, sociale, istruzione e trasporti pubblici locali) ovvero un valore fondato sulla fiscalità media per abitante (per tutto il resto, in quanto tale incentivante per la leale collaborazione pretesa a sconfiggere l'evasione fiscale), indispensabili per rendere ovunque esigibili i Lep alle rispettive collettività. Non solo. Dalla perequazione infrastrutturale e dal ricorso alle risorse aggiuntive di cui al successivo comma 5, indispensabili alle Regioni per fare sì che le stesse possano ripartire, con eguali misure e possibilità, dagli stessi blocchi di partenza.

Sono le opzioni a dover contare
Concludendo, relativamente all'esercizio del «Regionalismo differenziato», che beninteso riguarda la maggiorazione delle competenze legislative delle Regioni istanti (sulle 19 materie concorrenti e su 5 di quelle esclusive dello Stato) con ovvia ricaduta delle risorse (ma tutta da verificare e ben prevedere nelle leggi concedenti i nuovi poteri normativi regionali), occorre ragionare e seriamente. Ben lungi dalle pretese all'ingrosso fatte proprie prioritariamente dalla Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, seguite pedissequamente da quasi tutte le altre, gli enti territoriali dovranno ben ragionare se e come proporre la prevista istanza al Governo. Ragionando, magari per segmenti di materie e non già pretendendolo nella loro totalità. Un modo per essere non solo responsabili ma per pretendere ampliamenti della loro protesta legislativa in quegli ambiti argomentativi che siano funzionali alla loro crescita e sviluppo. Con il Pnrr in corso d'opera una soluzione di questo tipo potrà andare ben oltre l'utile.