Amministratori

Regole del diritto di accesso dei consiglieri legittime se in linea con norme e giurisprudenza

Così il parere rilasciato dal Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del ministero dell'Interno

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di Manuela Sodini

La regolamentazione del diritto di accesso dei consiglieri è da ritenersi legittima se coerente con le disposizioni normative e con i criteri interpretativi enucleati dai principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa più recente. Questa la sintesi del parere rilasciato dal Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del ministero dell'Interno.

Il parere prende le mosse dalla richiesta pervenuta da una prefettura che, a sua volta, ha aderito ad analoga richiesta di un sindaco, con cui si sottopone a parere la possibilità per il comune di adottare un regolamento con il quale limitare entro «numeri, modalità e costi accettabili le richieste di accesso, informazioni, interrogazioni, ecc. da parte di tutti i Consiglieri Comunali …», in considerazione dell'eccessivo utilizzo degli strumenti di sindacato ispettivo (interpellanze, interrogazioni, mozioni, richieste di accesso agli atti) e di richieste di convocazione del consiglio comunale da parte dei consiglieri comunali, che provocherebbe disagi e disservizi.

Per tale ragione l'ente ha evidenziato la necessità di adottare un regolamento che disciplini in modo più puntuale il diritto di accesso dei consiglieri al fine di salvaguardare il diritto di informazione degli stessi e al contempo evitare che l'esercizio di tale diritto possa rallentare l'attività degli uffici dell'ente.

Nel rispondere alla richiesta ricevuta, il parere si concentra sulla "ratio" della norma di cui all'articolo 43 del decreto 267/2000 (Tuel) e sugli orientamenti giurisprudenziali più recenti che il giudice amministrativo ha espresso in materia.

Prima di tutto il parere ricorda come l'azione amministrativa deve ispirarsi al principio di economicità e, dunque, nell'esaminare le domande di accesso, l'amministrazione deve tener conto della necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, alla propria struttura. Viene poi richiamata la regola del bilanciamento espressa nella sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, 11 marzo 2021 n. 2089, dove si afferma che «il diritto di accesso del consigliere comunale è sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali»; l'estensione che caratterizza il diritto di accesso del consigliere comunale non può comunque comportare che l'esercizio di tale diritto arrechi pregiudizio ad altri interessi riconosciuti dall'ordinamento meritevoli di tutela, anche in considerazione del limite funzionale intrinseco cui il diritto d'accesso, espresso dal comma 2 dell'articolo 43 del Tuel, è sottoposto con il richiamo alle notizie ed alle informazioni che possono essere richieste all'ente locale se si rivelino utili all'espletamento del proprio mandato.

A seguire viene richiamata la sentenza Tar Lazio del 3 febbraio 2023 n. 49 che ribadisce alcuni principi da rispettare: da un lato il consigliere non può presentare istanze di accesso generalizzato ed indiscriminato a tutti i dati di un determinato settore dell'ente, in quanto tale richiesta sarebbe sproporzionata rispetto alle esigenze conoscitive sottese alla "ratio" della norma di cui all'articolo 43 del Tuel, e dall'altro il comune non può opporre alcun limite fondato sul richiamo alla protezione dei dati personali essendo tenuto il consigliere comunale al segreto nei casi determinati dalla legge, per cui sarà quest'ultimo a mantenere inaccessibili eventuali dati sensibili, rispondendone personalmente della illecita diffusione.

I principi sopra richiamati: bilanciamento fra le posizioni contrapposte e protezione dei dati personali sono stati richiamati anche nella recente pronuncia del Consiglio di Stato 2189, sez. V, del 1° marzo 2023, dove si precisa che sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivazione delle proprie richieste di accesso, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio delle funzioni del consigliere comunale.

Conclude, quindi, il parere affermando che l'ente nel regolamentare le istanze di accesso, sebbene possa porre in essere scelte organizzative discrezionali, deve tenere presente gli orientamenti giurisprudenziali che il giudice amministrativo ha espresso in materia.

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