I temi di NT+L'ufficio del personale

Retribuzione di posizione, rapporto gerarchico e parentela, progressioni verticali e attività extra

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di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa.

Ricorso sulla graduazione della retribuzione di posizione

L’ordinanza della Cassazione, Sezione lavoro, n. 7417 del 20 marzo 2025 ha fornito l’occasione per riaffermare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel pubblico impiego contrattualizzato, la determinazione della retribuzione di posizione in relazione a ciascuna tipologia di incarico può essere oggetto di controllo da parte del giudice esclusivamente sotto il profilo del rispetto delle procedure previste per l’esercizio del potere, nonché degli obblighi di correttezza e buona fede. Questi obblighi implicano il divieto di perseguire finalità discriminatorie o ritorsive e di basarsi su motivazioni irragionevoli. In questi casi, il dipendente ha il diritto di agire per ottenere l’esatto adempimento, chiedendo la ripetizione della procedura valutativa oppure il risarcimento del danno, senza che il giudice possa sostituirsi al datore di lavoro nel formulare il giudizio (Cassazione sezione lavoro n. 26615 del 18 ottobre 2019).
Nel caso specifico, il dirigente ricorrente contestava la riduzione della retribuzione di posizione a seguito di una nuova valutazione delle funzioni, nonostante non vi fossero modifiche rispetto alle precedenti attribuzioni. Chiedeva, pertanto, il riconoscimento dell’importo originario, anziché la ripetizione della procedura o il risarcimento del danno.

Incaricato di elevata qualificazione e sottoposto in rapporto di parentela

Non sussiste una causa di incompatibilità assoluta tra l’incaricato di una posizione di elevata qualificazione (come il comandante della polizia locale) e un sottoposto (come un agente di polizia locale) che abbiano un rapporto di parentela (padre/figlio), ma questa situazione potrebbe influire, di fatto, sull’imparzialità nello svolgimento delle attività lavorative di entrambi.
A questo proposito, l’Anac, nel parere consultivo dell’11 marzo 2025, ha sottolineato che sussiste l’obbligo dichiarativo in capo al comandante riguardo al rapporto di parentela in linea retta con l’agente a lui sottoposto e operante nello stesso ufficio. Inoltre, l’interessato è obbligato ad astenersi da tutte quelle attività, decisioni o valutazioni che potrebbero generare un beneficio o danno, diretto o indiretto, al figlio gerarchicamente subordinato.
Analogamente, anche il sottoposto dovrà tenere in considerazione le circostanze in cui sarà necessario astenersi per evitare conflitti di interesse o influenze indebite.

Requisiti per le progressioni tra le aree

La sentenza del Tar Sicilia-Palermo, sezione IV, 24 marzo 2025, n. 649 ha stabilito che nelle procedure di progressione verticale, il requisito del triennio di esperienza lavorativa pregressa (nell’area immediatamente inferiore), come indicato nel bando, non deve necessariamente riferirsi agli anni immediatamente precedenti a quello della procedura. Ad esempio, se l’avviso di selezione stabilisce che è richiesta un’anzianità di almeno tre anni alla data di scadenza della domanda, maturata anche con contratto di lavoro a tempo determinato, ciò implica una visione più ampia del requisito.
Infatti, se l’amministrazione, come anche il Legislatore, avessero inteso richiedere un’anzianità maturata nella qualifica immediatamente inferiore negli ultimi tre anni, sarebbe stato espressamente specificato, come accaduto per l’altro requisito relativo alla valutazione della performance.
Le progressioni di carriera si basano sulle capacità culturali e professionali, nonché sull’esperienza maturata, seguendo principi di selettività e valutando la qualità del lavoro svolto e i risultati ottenuti. Ciò, però, non esclude che l’esperienza possa essere valutata in base al complesso delle attività svolte nel tempo.

Attività extraistituzionale non autorizzata

«La Corte dei Conti giurisdizionale del Veneto ha esaminato il caso di svolgimento da parte di un dipendente pubblico di un’attività extraistituzionale in violazione della normativa in materia, articolo 53, comma 1 del Dlgs 165/01. Nella fattispecie sarebbero sussistenti anche il dolo e l’occultamento doloso poiché il dipendente non avendo ottenuto l’autorizzazione a svolgere una determinata attività di consulenza tecnica, avrebbe comunicato all’amministrazione di svolgere un’attività scientifica non necessitante di preventiva autorizzazione. In particolare la Corte, ha richiamato le Sezioni Unite del 31 luglio 2019, n. 26, le quali hanno definitivamente chiarito che occorre distinguere la condotta prevista dal comma 7 dell’articolo 53, ossia l’obbligo di riversamento del compenso percepito per l’incarico svolto senza autorizzazione (in alternativa rispetto all’erogante) rispetto al successivo mancato versamento dell’importo in conto entrata dell’amministrazione di appartenenza (comma 7-bis). Quest’ultima violazione individua una diversa e ulteriore condotta che sancisce espressamente la ‘responsabilità erariale’ davanti alla Corte dei Conti per la violazione dell’obbligo di riversamento del compenso indebitamente percepito».
È quanto segnalato da Aran, nella newsletter n. 1 del 17 gennaio 2025, commentando la sentenza della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale Veneto, n. 253/2024.