Appalti

Revisione prezzi, decide la stazione appaltante (non il giudice) attraverso il bando di gara

Il Tar Lombardia chiarisce: rispetto al Dlgs 163 il nuovo Codice perde l'obbligo dell'istituto revisionale

di Roberto Mangani

Nel regime normativo antecedente all'entrata in vigore del D.lgs. 50/2016 la revisione prezzi aveva natura obbligatoria, essendo prevista da un'espressa disposizione legislativa. Di conseguenza, dovevano considerarsi nulle le eventuali clausole contrattuali dirette ad escludere, in termini assoluti o anche solo per un determinato periodo temporale, il ricorso al meccanismo revisionale. Quanto alla concreta quantificazione dell'importo revisionale, esso andava determinato avendo come riferimento fondamentale l'indice Istat dei prezzi al consumo delle famiglie. Tale indice era da assumere in linea generale come limite massimo, a meno che non ricorressero circostanze eccezionali che dovevano tuttavia essere adeguatamente comprovate dall'impresa richiedente. Si è espresso in questi termini il Tar Lombardia, Sez. I, 18 febbraio 2021, n. 435, con una pronuncia che pur riferendosi all'istituto della revisione prezzi come configurato nel regime normativo di cui al D.lgs. 163/2006, presenta uno specifico interesse anche dopo l'entrata in vigore del D.lgs. 50/2016, al fine di verificare se e in che termini i principi affermati mantengano una loro validità anche nell'ambito della disciplina contenuta in tale ultimo Decreto.

Il fatto
Un raggruppamento temporaneo di imprese era titolare di un contratto di appalto per lo svolgimento del servizio di igiene urbana, comprendente la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti. A seguito dell'aumento considerevole e imprevedibile dei costi di smaltimento l'affidatario presentava una duplice istanza di revisione del corrispettivo contrattuale, in due momenti temporali successivi. L'ente committente riconosceva l'importo revisionale con riferimento a un determinato periodo di vigenza del contratto, mentre respingeva l'istanza in relazione al altro periodo. A fronte del rigetto dell'istanza l'affidatario presentava ricorso davanti al giudice amministrativo chiedendo l'accertamento del proprio diritto alla revisione prezzi e la conseguente condanna dell'ente committente alla relativa corresponsione. In particolare il ricorso si basava sulla ritenuta nullità delle clausole contrattuali che, relativamente al primo biennio di durata del contratto, prevedevano che i corrispettivi fossero fissi e invariabili, escludendo qualunque meccanismo revisionale, in violazione di quanto disposto dall'articolo 115 del D.lgs. 163.

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
In via preliminare il Tar Lombardia ricorda che in base a quanto disposto dal Codice del processo amministrativo tutte le controversie in materia di revisione prezzi, sia che si riferiscano alla spettanza della stessa che alla quantificazione del relativo importo, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. È stata così superata la bipartizione della giurisdizione vigente in passato, secondo cui le controversie relative all'an – cioè se la revisione effettivamente spettasse – erano di competenza del giudice amministrativo mentre quelle relative al quantum (cioè quale fosse il corretto importo del compenso revisionale) erano di competenza del giudice ordinario. In sostanza, in un'ottica semplificatoria volta a superare dubbi e complicazioni in tema di individuazione del giudice competente, l'ambito della giurisdizione esclusiva amministrativa è stato ampliato in misura significativa, così da ricomprendervi qualunque controversia attinente alla materia revisionale.

La ratio della revisione prezzi
La finalità dell'istituto revisionale è quella di garantire in primo luogo l'interesse pubblico alla perdurante qualità delle prestazioni contrattuali. Esso vuole infatti impedire che, a seguito di un evidente, grave e imprevisto venir meno dell'equilibrio contrattuale, l'appaltatore non sia più in condizioni di assicurare lo svolgimento delle prestazioni dovute secondo idonei standard qualitativi. Nel contempo l'individuazione preliminare di meccanismi contrattuali che definiscano i parametri sulla base dei quali riconoscere la revisione del corrispettivo consente di evitare che lo stesso subisca aumenti indefiniti e incontrollati, tali da sconvolgere l'equilibrio finanziario sulla base del quale è stato concluso il contratto.

Dal punto di vista operativo, l'articolo 115 del D.lgs. 163 impone che nei singoli contratti sia inserita una clausola di revisione periodica del corrispettivo, da attivare sulla base di un'istruttoria svolta dai dirigenti responsabili dell'ente appaltante. La norma non prevede quindi margini di libertà negoziale, imponendo che nei contratti sia necessariamente inserita la clausola revisionale e siano indicati anche i criteri e l'iter procedimentale per renderla operativa. Sotto quest'ultimo profilo, risulta comunque necessaria un'attività di verifica della sussistenza dei presupposti per l'attivazione della clausola revisionale, che rientra nell'ambito di un potere autoritativo di natura tecnico discrezionale.In sostanza, l'articolo 115 introduce un meccanismo obbligatorio volto a mantenere l'equilibrio economico del contratto, finalizzato a far fronte a eventi sopravvenuti idonei ad alterare tale equilibrio e che siano apprezzabili dall'ente appaltante secondo criteri predeterminati.

Il diritto alla revisione prezzi
Secondo il giudice amministrativo il ricorso dell'affidatario volto al riconoscimento del proprio diritto alla revisione prezzi va diversamente valutato in relazione ai vari periodi di durata contrattuale. In relazione all'ultimo periodo di durata del contratto l'ente appaltante ha in realtà riconosciuto il compenso revisionale richiesto, per cui non si pone alcun tema da affrontare. È tuttavia interessante l'affermazione del giudice amministrativo secondo cui, una volta che sia stato riconosciuto il compenso revisionale, la successiva richiesta di ulteriori somme per il medesimo periodo non risponde a principi di ragionevolezza e buona fede. Ciò anche in relazione al fatto che, una volta che l'ente appaltante abbia definito una partita finanziaria, l'esposizione a ulteriori e successive richieste economiche da parte dell'appaltatore finirebbe per compromettere la corretta programmazione della spesa.

Quanto al precedente periodo di durata contrattuale, la questione che si pone consiste nel decidere in merito alla legittimità delle clausole contrattuali che negano il meccanismo revisionale per i primi due anni di durata del contratto. Secondo il giudice amministrativo tali clausole devono considerarsi nulle, in quanto in contrasto con l'articolo 115 del D.lgs. 163 che ha natura di norma imperativa. Ciò detto, resta fermo che il diritto alla revisione prezzi non discende direttamente dalla legge, ma deve trovare riconoscimento a seguito di un procedimento amministrativo volto a verificare la sussistenza dei relativi presupposti, come peraltro indicato anche nel medesimo articolo 115.

Quanto alla quantificazione del compenso revisionale, la giurisprudenza ha precisato che si deve fare riferimento, almeno in via suppletiva, all'indice dei prezzi al consumo delle famiglie su base semestrale. Tale indice costituisce il limite massimo di parametrazione di detto compenso, che non può essere superato salvo circostanze eccezionali che devono essere comprovate dall'impresa richiedente. Questo limite trova la sua giustificazione nella ratio propria della revisione prezzi, che come detto è quella di costituire un rimedio finalizzato al ripristino dell'equilibrio contrattuale, soprattutto nell'ottica del perseguimento del pubblico interesse, senza però voler perseguire una completa rideterminazione del corrispettivo originario dell'appalto.

In questa logica l'istituto revisionale non mira ad azzerare il rischio d'impresa che grava sull'appaltatore in termini di normale alea contrattuale, ma vuole far fronte a eventi eccezionali tali da alterare le originarie previsioni contrattuali, che non sono riconducibili ad aumenti prevedibili dei fattori della produzione. Sulla base di questi presupposti non appare accoglibile la richiesta dell'impresa titolare del contratto di vedersi riconosciuto a posteriori l'intero maggior costo sopportato per lo svolgimento del servizio, anche perché in questo modo si finirebbe per compensare sotto forma di revisione prezzi il ribasso offerto in sede di gara, in completa contraddizione con la ratio dell'istituto.

La revisione prezzi nel D.lgs. 50
La novità fondamentale in tema di revisione prezzi contenuta nel D.lgs. 50 è che il meccanismo revisionale non è più previsto obbligatoriamente per legge, ma è il singolo ente appaltante a dover decidere di volta in volta se inserire nei contratti una clausola revisionale, dandone evidenza nei documenti di gara. La norma di riferimento è contenuta all'articolo 106, comma 1, lettera a), che prevede la possibilità di inserire nei contratti clausole di revisione prezzi, che indichino anche le condizioni per la loro operatività, che possono fare riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard. Questo cambio di prospettiva comporta naturalmente che tutte le affermazioni del giudice amministrativo fondate sull'obbligatorietà dell'istituto revisionale – ad esempio la ritenuta nullità delle clausole che ne escludono il ricorso – non hanno più valore nell'attuale quadro normativo.

Mantengono invece la loro validità altri criteri interpretativi dettati dal Tar. Ad esempio l'indicazione secondo cui il meccanismo revisionale, da attivarsi a istanza di parte, necessita poi per la sua concreta operatività di in iter procedimentale finalizzato al compimento di un'istruttoria volta a verificare il ricorso dei relativi presupposti.

Quanto alla concreta quantificazione del compenso revisionale, nella nuova impostazione normativa i parametri di riferimento dovrebbero essere esplicitati nella clausola contrattuale. Tuttavia, devono ritenersi ancora attuali i principi affermati dal giudice amministrativo secondo cui questi parametri devono comunque essere finalizzati esclusivamente a una ridefinizione dell'equilibrio contrattuale alterato a seguito di circostanze eccezionali, e non certo al ristoro di aumenti di costi prevedibili e che rientrano nell'alea ordinaria dell'appalto, con conseguente annullamento del rischio d'impresa.

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