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Rifiuti, parola alla Consulta sui corrispettivi ai gestori delle discariche

Il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale sulla legge della Regione Emilia Romagna

di Roberto Lenzu

Con ordinanza n. 5158/2021, il Consiglio di Stato ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, della legge della Regione Emilia Romagna 23/2011, nell'ambito di una causa in materia di determinazione del corrispettivo per lo smaltimento dei rifiuti da riconoscersi al gestore della discarica. Palazzo Spada ritiene che la legge regionale leda la competenza riservata dall'articolo 117 della Costituzione allo Stato in materia di rifiuti laddove impone di tener conto dei costi sostenuti al netto degli introiti maturati dal gestore nella determinazione del corrispettivo da riconoscersi a quest'ultimo. Secondo Palazzo Spada, solo lo Stato può disporre se, nella determinazione del corrispettivo da riconoscersi, si debba tener conto del costo lordo o del costo al netto degli introiti maturati in ragione della gestione della discarica.

L'ordinanza del Consiglio di Stato desta qualche perplessità. Non convince infatti la sussistenza della pregiudizialità in termini di decisività nell'ambito della causa in oggetto della questione costituzionale a fronte della normativa europea in materia di servizi pubblici e aiuti di stato applicabile anche alla materia dei rifiuti. Non va, infatti, trascurato che la gestione di una discarica aperta al conferimento dei rifiuti da parte della collettività, stante il quadro normativo italiano, non può che qualificarsi alla stregua di un servizio pubblico o meglio di un servizio d'interesse economico generale (Sieg) come definito, per esempio, nella Comunicazione della Commissione europea del 20 dicembre 2011 COM(2011) 900 o nella Decisione della medesima Commissione del 28 novembre 2005 (2005/842/Ce) o all'articolo 2 del Dlgs 19 agosto 2016 n. 175.

Né va trascurato che da tempo nel nostro ordinamento, sulla spinta della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia europea, si è affermato il principio del primato e dell'effetto diretto del diritto eurounitario rispetto al diritto interno nelle materie di competenza riservata al primo in ragione della delega contenuta nell'articolo 11 della Costituzione (Corte costituzionale n. 170/1984 e n. 269/2017; Corte di giustizia europea sentenza del 15 luglio 1964 C-6/64). Primato che si traduce nell'obbligo da parte del legislatore dello Stato membro di adottare norme conformi al diritto europeo e l'obbligo da parte dell'autorità giudiziaria interna e degli enti pubblici di applicare direttamente le norme del diritto europeo self extecuting disapplicando quelle interne non conformi (Corte di giustizia europea sentenza del 19 novembre 1991 C-6/90 e C-9/90).

Dunque, la regolazione del finanziamento pubblico dei Sieg impatta con la disciplina del divieto di aiuti di stato contenuta nell'articolo 107 del Trattato del funzionamento dell'Unione europea, sotto il profilo della sovracompensazione del servizio ovvero del riconoscimento a favore dell'operatore economico gestore di una remunerazione che ecceda quanto necessario e giustificato alla copertura del costo del servizio reso. Al riguardo, è intervenuta dapprima la Corte di giustizia europea; in particolare, con la nota sentenza Altmark del 24 luglio 2003 C-280/00, la Corte ha fissato i criteri regolatori da osservarsi nella disciplina del finanziamento pubblico dei Sieg in modo da rispettare il divieto di aiuti di Stato. In seguito è intervenuta la Commissione europea che, sulla scorta della sentenza Altmark, ha regolato la disciplina del finanziamento dei Sieg: dapprima con il cosiddetto «pacchetto Monti-Kroes» del luglio 2005 e poi con il nuovo «pacchetto Almunia» del dicembre 2011 (costituito da una comunicazione, da un regolamento de minimis relativo ai Sieg, da una decisione, dalla disciplina). In materia di divieto di aiuti di stato sono da considerarsi disposizioni self executing tanto l'articolo 107; quanto le sentenze della Corte di giustizia; quanto gli atti normativi della Commissione europea.

Stando alla citata sentenza e alla disciplina contenuta in tali pacchetti si evince che i costi rilevano al netto di qualsiasi entrata maturata in occasione dell'esercizio del servizio pubblico salvo il riconoscimento di un utile ragionevole a favore dell'operatore economico gestore, al fine di evitare possibili sovracompensazioni da considerarsi aiuti di stato vietati. Cosi al punto 56 della Comunicazione del 20 dicembre 2011 C (2011) 9404 si legge: «Tutti gli introiti che l'impresa percepisce grazie alla fornitura del servizio d'interesse economico generale devono essere dedotti». All'articolo 5 della Decisione del 20 dicembre 2011 C (2011) 9380 al paragrafo 1 è disposto che «L'importo della compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire il costo netto determinato dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, nonché un margine di utile ragionevole». Mentre al paragrafo 2 è disposto che: «Il costo netto può essere calcolato come differenza fra costi definiti a norma del paragrafo 3 ed entrate definite a norma del paragrafo 4». Ed infine il paragrafo 4 dispone: «4. Le entrate da tenere in considerazione comprendono perlomeno tutte le entrate percepite grazie al servizio di interesse economico generale, a prescindere dalla loro qualificazione come aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107 del trattato. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l'aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell'articolo 107 del trattato. Lo Stato membro interessato può altresì decidere che gli utili risultanti da altre attività, che esulano dall'ambito del servizio di interesse economico generale in questione, debbano essere destinati interamente o in parte al finanziamento del servizio di interesse economico generale».

La norma della Regione Emilia Romagna pare conforme all'esposto quadro regolatorio europeo avente effetto immediato nell'ordinamento italiano. Di qui i dubbi sulla pregiudizialità in termini di decisività della questione sollevata dal Consiglio di Stato. Dando per fondata la violazione delle prerogative costituzionali dello Stato in materia di rifiuti, la conseguente declaratoria di illegittimità costituzionale espungerebbe dal nostro ordinamento una disposizione normativa regionale sebbene conforme al diritto europeo. In tal caso, coerentemente con l'intento esposto nell'ordinanza, il Consiglio di Stato dovrebbe accogliere l'eccezione di Hera Ambiente fondata sul riconoscimento di una remunerazione diretta alla copertura dei costi lordi. Ma una tale decisione si porrebbe in conflitto con l'esposto quadro del diritto europeo che i giudici degli stati membri hanno l'obbligo di applicare immediatamente (Corte di giustizia europea sentenza del 14 luglio1994 C-91/92 e sentenza 19 novembre 1991 C-6/90 e 9/90). Immediata applicazione d'ufficio sostenuta dall'Adunanza Plenaria dello stesso Consiglio di Stato con sentenza n. 9/2018. Ci si interroga dunque sui margini decisionali di Palazzo Spada al cospetto dell'ingombrante questione eurounitaria esposta. Al riguardo, di sicuro interesse sarà il pronunciamento della Corte costituzionale.

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