Urbanistica

Rigenerazione urbana a ostacoli: 21 tappe necessarie per dare attuazione alla legge

Il percorso a ostacoli è stato messo a fuoco dall’Ance che ha ricostruito l’intero “serpentone” degli adempimenti e delle relative tempistiche

di Giorgio Santilli

Eccola la “semplificazione” - si fa per dire - prevista dal testo unificato sulla rigenerazione urbana, all’esame della commissione Ambiente del Senato: 21 tappe necessarie per dare attuazione alla legge, di cui 15 per aprire i cantieri e altre sei per adeguare le leggi urbanistiche e i piani paesaggistici regionali alle nuove norme quadro statali, per censire i patrimoni edilizi comunali pubblici e privati, per avviare programmi specifici per l’edilizia residenziale pubblica, per adeguare i piani urbanistici alle nuove indicazioni regionali. Un guazzabuglio di norme che di fatto paralizzerà definitivamente qualunque operazione di rigenerazione urbana. Impossibile prevedere i tempi anche per aprire i cantieri visto che delle 15 stazioni del gioco dell’oca, solo quattro indicano tempi, che totalizzano 14 mesi.

Il percorso a ostacoli è stato messo a fuoco dall’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori, che ha ricostruito l’intero “serpentone” degli adempimenti e delle relative tempistiche: adozione del programma nazionale di rigenerazione urbana, determinazione dei criteri per individuare le aree dei piani di rigenerazione urbana, individuazione degli ambiti urbani degradati da rigenerare, redazione dei piani di rigenerazione urbana e poi tutta la trafila del bando regionale per assegnare le risorse nazionali e regionali, concorsi di progettazione, fino alla stipula delle convenzioni fra comuni e privati. La mappa conferma il giudizio drastico dell’Ance contro il testo unificato.

Ieri è arrivata anche la stroncatura dei sindaci. L’Anci critica puntigliosamente numerosi aspetti del testo: si considera «inspiegabilmente» quale ambito oggetto di rigenerazione solo le aree degradate e dismesse; si introduce una insostenibile complessità procedurale; «le previsioni tecniche di efficienza energetica del patrimonio sono totalmente avulse da policy e norme esistenti»;si prevede un Fondo strutturale per il finanziamento degli interventi di rigenerazione urbana «destinato alle Regioni che poi con bandi regionali provvedono ad assegnare tali risorse ai Comuni». Quest’ultimo «è un punto qualificante del provvedimento che non si può condividere, una previsione che fa fare un grave passo indietro alle scelte di finanziamento di successo fatte dai Governi in questi anni, con finanziamenti diretti (si pensi al cd Bando periferie)».

Inoltre, «la disciplina sui centri storici non favorisce il recupero e la rigenerazione di quegli ambiti che invece più necessiterebbero di tali interventi edilizi». Si denuncia, infine, «un aggravio di compiti per i Comuni» mentre «gli incentivi fiscali sono posti ad esclusivo carico dei Comuni».

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