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Riserve nei concorsi, riammissione in servizio, valutazione delle prove e stabilizzazioni

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa

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di Gianluca Bertagna

La rubrica settimanale con la sintesi delle novità normative e applicative sulla gestione del personale nelle Pa

Computo dei posti riservati nelle procedure concorsuali
Il candidato riservatario, vincitore per merito, deve essere computato nel totale dei soggetti rientranti nella quota di riserva. Lo ha confermato il Tar Campania con la sentenza n. 7663/2021. Questa ipotesi soddisfa i due interessi in gioco ovvero la selezione dei migliori e l'adempimento di legge relativo alla riserva in favore di soggetti in particolari condizioni.
Del resto, il concorso con posti riservati è pur sempre una procedura unitaria, cui partecipano in condizione di parità tutti i concorrenti e tutti egualmente tenuti a sostenere le prove. Superate le prove, i candidati in possesso di titolo di riserva conseguono l'idoneità al profilo professionale messo a concorso.
Questo non toglie che gli stessi soggetti, in forza del punteggio conseguito, possano anche risultare tra i vincitori, ma anche in questo caso essi andranno computati nel totale dei soggetti rientranti nella quota di riserva.

Riammissione in servizio di dipendente cessato di categoria D3
Un dipendente categoria D3 che sia risultato vincitore di concorso presso altro ente, qualora non superi il periodo di prova e voglia rientrare nell'ente di provenienza, come dovrà essere inquadrato il lavoratore, in D1 o in D3 giuridico?
La questione è stata sottoposta all'Aran che ha inserito nella propria banca dati, l'orientamento applicativo CFL145, contenente le seguenti indicazioni: «Sulla base di una lettura interpretativa contestuale delle richiamate norme e tenuto conto delle inequivocabili previsioni ivi contenute, si ritiene che, in una fattispecie come quella evidenziata, con la riammissione in servizio debba essere riconosciuto il medesimo inquadramento di cui il lavoratore era in possesso all'atto della risoluzione del rapporto di lavoro».

Criteri di valutazione delle prove e dei titoli
Il Tar Lombardia con la sentenza n. 2617/2021 ha accolto due motivi di ricorso di una candidata risultata idonea in un concorso per titoli ed esami.
Il primo motivo riguarda il fatto che la commissione, per lo svolgimento e la valutazione delle prove, ha proceduto in questo modo: fissazione dei soli punteggi da attribuire ai quesiti della prova preselettiva; descrizione del contenuto dell'elaborato richiesto per la prova scritta; correzione delle prove scritte con attribuzione di un voto numerico; successivo abbinamento degli elaborati ai concorrenti e, subito dopo, verbalizzazione di una breve esplicitazione discorsiva del giudizio, in abbinamento al punteggio precedentemente assegnato. Questo comportamento è stato ritenuto dal Collegio palesemente lesivo del principio della predeterminazione dei criteri di correzione delle prove scritte, sancito dall'articolo 12 del Dpr 487/1994.
Il secondo motivo di ricorso accolto dai giudici amministrativi riguarda, invece, la tardiva valutazione dei titoli che era stata oggetto di pubblicazione solo congiuntamente alla graduatoria finale e non prima della prova scritta, come espressamente previsto dal piano triennale di prevenzione della corruzione e trasparenza adottato dall'ente.
L'accoglimento di entrambe le censure ha determinato l'annullamento di tutti gli atti della procedura (successivi allo svolgimento della prova preselettiva).

No alla stabilizzazione del dipendente che già lavora a tempo indeterminato
È presupposto essenziale per la partecipazione alle procedure di stabilizzazione, previste dall'articolo 20 del Dlgs 75/2017, l'assenza in capo ai candidati di rapporti di lavoro pubblico a tempo indeterminato. Lo ha confermato il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7911/2021. La predetta condizione, infatti, risulta del tutto incompatibile con l'idea stessa di stabilizzazione del dipendente "precario" e in aperto contrasto con l'esplicita finalità della citata norma, appositamente rubricata «Superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni».
Diversamente, invece, possono essere ammessi i lavoratori titolari di rapporti a tempo indeterminato presso privati datori, dal momento che il divieto è posto solo per i dipendenti pubblici di ruolo.
Quest'ultimo aspetto non può essere considerato sintomo di incostituzionalità della norma, data l'esistenza di un'obiettiva differenza tra le due categorie di lavoratori; quindi, non vi è neppure discriminazione o violazione dei principi di pari opportunità. Da ultimo, il fatto che l'interessato già dipendente pubblico a tempo indeterminato fosse in aspettativa sia al momento dell'emanazione del bando di stabilizzazione che durante tutta la procedura selettiva non ha alcun rilievo e tanto meno rimuove il divieto, dal momento che l'istituto (aspettativa) non interrompe il rapporto di lavoro, ma esonera solo e temporaneamente dall'obbligo di svolgere la prestazione lavorativa (Consiglio di Stato sentenza n. 1956/2005; Corte dei Conti Puglia, sentenza n. 788/2005).