Risparmi dei buoni pasto 2020 per l'incremento del salario accessorio, la linea della Rgs penalizza gli enti
L'utilizzo di questi risparmi è subordinato alla certificazione rilasciata dai revisori
In attesa del superamento dei limiti delle risorse decentrate che il Dl 80/2021 affida alla prossima tornata contrattuale (articolo 3, comma 2), le amministrazioni hanno la possibilità di incrementare il fondo delle economie derivanti dall'erogazione dei buoni pasto registrata nel 2020. Lo prevede il comma 870 della legge 178/2020, il quale consente di finalizzare alla performance, alle condizioni lavoro ovvero al welfare integrativo i risparmi del fondo lavoro straordinario e dei buoni pasto riscontrata nel passato esercizio. Se per le economie da lavoro straordinario la disposizione non appare significativa, in quanto già l'articolo 67, comma 3, lettera e) del contratto 21 maggio 2018 prevede che le somme non utilizzate nell'esercizio precedente rappresentino una voce variabile di alimentazione del fondo dell'anno successivo, non così per i buoni pasto, per cui ci troviamo di fronte a una vera e propria novità. L'utilizzo di questi risparmi è subordinato alla certificazione rilasciata dai competenti organi di controllo, ovvero l'organo di revisione per gli enti locali.
La Ragioneria generale dello Stato, con la circolare n. 11 del 9 aprile 2021, ha fornito indicazioni circa la quantificazione di queste economie, stabilendo che tali risparmi «sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per i buoni pasto attribuiti al personale - dirigenziale e non - nell'anno 2020». Stesso criterio viene dettato per i risparmi del lavoro straordinario.
In buona sostanza quello che può essere portato a incremento del fondo 2021, secondo la RgS, è l'importo che scaturisce dalla differenza tra gli stanziamenti definitivi di bilancio 2020, al netto di tutte le variazioni intervenute nel corso dell'esercizio, e gli impegni assunti sul medesimo esercizio. Nessuna diversa accezione, infatti, può essere attribuita alle parole «spesa sostenuta», tenuto conto dell'obbligo per gli enti locali di impegnare e mantenere a residuo solo somme effettivamente esigibili al 31/12. Il risultato rischia di essere molto deludente per gli enti, che potrebbero trovarsi con un tesoretto di pochi spiccioli da portare in dote sul fondo 2021. É quanto accade – ad esempio - a chi, lo scorso anno, ha ridotto lo stanziamento del capitolo di spesa destinato all'acquisto dei buoni pasto, per reperire risorse necessarie a far fronte alle esigenze di spesa legate al Covid, in un'ottica di gestione dinamica e attiva del bilancio. Ovvero a chi, a inizio 2020, ha provveduto ad acquistare i buoni pasto per l'intero esercizio sulla base del trend storico degli anni precedenti, registrando al 31/12 una giacenza da portare sul 2022.
Come si può comprendere la linea intrapresa da RgS è estremamente penalizzante e lontano dal modus operandi di molti enti locali, che nel corso dell'esercizio provvedono a ridurre gli stanziamenti che si rivelano superiori alle necessità, per lasciare spazio ad altre esigenze di spesa. Sarebbe stato più logico utilizzare un criterio finanziario "puro", chiamato a confrontare le somme impegnate con gli stanziamenti iniziali di bilancio o meglio ancora un indicatore "fisico", in base al quale il risparmio è calcolato considerando tutte le giornate lavorate in smart working dai dipendenti nel 2020 nelle quali vi era il diritto a percepire il buono ovvero confrontando il numero di buoni pasto erogati nel 2019 con quelli erogati nel 2020. Criteri già collaudati per quantificare i risparmi connessi ai piani di razionalizzazione della spesa previsti dal Dl 98/2011 (articolo 16, commi 4 e 5), che possono essere utilizzati per incrementare il fondo delle risorse decentrate fino a un massimo del 50% (si veda in proposito la delibera della Corte dei conti Lombardia n. 441/2013). L'unica differenza tra le due situazioni è che nel caso dei piani di razionalizzazione il risparmio è programmato inizialmente e calcolato quale differenza tra lo stanziamento iniziale di bilancio e le somme impegnate, mentre nel caso dei buoni pasto esso si è verificato per effetto dell'emergenza sanitaria e nessuno avrebbe potuto conoscere quale sarebbe stato il suo possibile futuro utilizzo.
C'è da chiedersi come una circolare indirizzata in epigrafe alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai ministeri possa, al suo interno, fornire su questo specifico punto indicazioni rivolte a tutti gli «enti e organismi pubblici, rientranti nell'ambito applicativo dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», ampliando così la propria portata applicativa.
Dissesto finanziario come soluzione della crisi finanziaria degli enti locali
di Ortensio Fabozzi (*) - Rubrica a cura di Ancrel