Appalti

Ritenute e appalti, verifiche limitate agli aspetti fiscali

Le sanzioni applicabili agli stessi committenti hanno natura tributaria con la conseguente applicazione del ravvedimento operoso

di Giuseppe Latour

Le verifiche dei committenti in materia di ritenute negli appalti labour intensive riguardano solo gli aspetti fiscali e non ambiti collegati alla materia del lavoro. Inoltre, le sanzioni applicabili agli stessi committenti hanno natura tributaria, con la conseguente applicazione del ravvedimento operoso. Sono due chiarimenti molto rilevanti contenuti nella nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro n. 1037, pubblicata ieri.

La nota ricorda come l’articolo 4 del decreto legge n. 124/2019 abbia introdotto il nuovo articolo 17 bis nel corpo del Dlgs 241/1997. In questo modo ha attivato nuovi obblighi a carico dei committenti di appalti labour intensive. Si tratta degli appalti, di valore superiore ai 200mila euro, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente «con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo».

I committenti, in questi casi, sono obbligati a richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute relative ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio. Si tratta di un meccanismo di vigilanza, al quale sono anche collegate sanzioni.

Questa vigilanza, però, è limitata agli aspetti fiscali, senza invadere ambiti collegati alla materia del lavoro. Lo ha chiarito proprio l’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota pubblicata ieri.

Il documento spiega che, «in conformità a quanto ritenuto dall’Ufficio legislativo del ministero del Lavoro e delle politiche sociali con nota prot. n. 1211 del 25 novembre 2020», si ritiene che «gli obblighi di controllo del committente siano diretti esclusivamente a rendere effettivi gli adempimenti di natura fiscale posti a carico delle imprese affidatarie». Pertanto, la loro violazione «non può essere ascritta nel novero delle violazioni in materia di lavoro e legislazione sociale, in relazione alle quali può ritenersi sussistente una competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro».

È un punto molto rilevante. Anche se la norma è nata per vigilare su adempimenti fiscali, infatti, la sua applicazione pratica si intreccia di continuo con questioni legate alla materia del lavoro. La circolare 1/E delle Entrate, ad esempio, prevede l’obbligo per l’appaltatore di comunicare al committente gli elenchi dei lavoratori e il dettaglio delle ore lavorate.

Non è tutto. La nota interviene su un altro punto importante: la qualificazione delle sanzioni collegate all’adempimento. Su questo l’agenzia delle Entrate ha sempre sostenuto la natura non tributaria delle penalità previste dalla legge. Con la conseguenza di rendere inapplicabile il ravvedimento operoso.

La nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro, invece, spiega come «la sanzione da irrogare nei confronti del committente, proprio perché contraddistinta dalla medesima ratio e, per di più, parametrata a quella prevista in capo al soggetto appaltatore/affidatario, debba essere assoggettata allo stesso regime e alla identica procedura, secondo la disciplina dettata dal Dlgs n. 472/1997». Quindi, si tratta di una sanzione tributaria, alla quale si applica il ravvedimento operoso.

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