Fisco e contabilità

Sanità, quasi triplicato il disavanzo delle Regioni - Peggiora il Centro-Nord

Il faro dei magistrati contabili sui tetti alla spesa per i farmaci e sul payback

di Gianni Trovati

Il fondo sanitario nazionale viene rinvigorito ogni anno, e lo stesso accadrà nel 2026 se come sembra la legge di bilancio aggiungerà a un tendenziale già in crescita i circa 2 miliardi di cui si discute in questi giorni. Ma la sua corsa non sembra tenere il ritmo dei costi effettivi generati dalla sanità, in un sistema percorso da segnali di affanno evidenti nella garanzia dei livelli essenziali di assistenza e nella gestione del personale. Ma c’è un indicatore che più di ogni altro è efficace per misurare il rischio di crepe strutturali che si aprono nell’edificio della sanità pubblica, almeno sul piano finanziario. Si tratta del deficit registrato dalle Regioni per la differenza fra le entrate complessive (fondo sanitario, assicurazioni pubbliche e private e spesa delle famiglie) e le spese sostenute per la sanità. Nel 2024, in base ai dati resi solidi dagli aggiornamenti realizzati fino al 15 settembre scorso, quel disavanzo è quasi triplicato rispetto all’anno prima, balzando a 1,513 miliardi dai 590 milioni dell’anno prima. Il rosso rimane intenso anche quando al conto si aggiungono le compartecipazioni ulteriori per prestazioni come la specialistica ambulatoriale e i pronto soccorso. In questo caso il deficit si attesta a 759,4 milioni: era di soli 105 milioni nel 2023.

Numeri e analisi sono illustrati dal Quaderno che le sezioni riunite di controllo della Corte dei conti hanno appena pubblicato nell’ambito della nuova modalità di realizzazione del Rapporto di coordinamento della finanza pubblica. Il documento, intitolato alla “Sanità in cammino per il cambiamento”, parte dal presupposto che «il 2026 si presenta come un anno decisivo», per un settore che vede «molti fronti ancora aperti su cui si dovrà arrivare ad una definizione organica» e che attende con «urgenza un nuovo Piano sanitario nazionale che potrebbe contribuire a chiarire il ruolo dei diversi soggetti, a completamento degli importanti piani, quello delle cronicità e della salute mentale, già annunciati ma non ancora operativi».

Il tema è complesso, e investe variabili socio-economiche e qualitative oltre agli aspetti finanziari, come conferma lo scarso grado di correlazione fra la spesa pubblica per residente e i livelli di assistenza che si incontra nei monitoraggi annuali sui Lea regionali. Ma i numeri dei bilanci sono chiari nell’indicare le difficoltà strutturali spesso trascurate da un dibattito politico che in genere battibecca sui valori assoluti del fondo sanitario, in crescita straordinaria per i governi pro tempore e in flessione drammatica per chi di volta in volta è all’opposizione, ma dimentica almeno due aspetti cruciali. Primo: a finanziare la sanità pubblica, oltre al fondo sanitario intervengono le assicurazioni, le famiglie e, per quel che manca, le Regioni. Secondo: le dinamiche di spesa sono influenzate dalla demografia, dalle evoluzioni tecnologiche e dai contesti commerciali di farmaci e dispositivi medici, su cui i tetti di spesa e il payback (altro tema centrale nel capitolo sanitario della manovra) hanno mostrato di non funzionare.

In questa architettura, le Regioni diventano quindi una sorta di pagatore di ultima istanza delle spese che le altre entrate non riescono a coprire. E il loro deficit nei conti sanitari misura di conseguenza le difficoltà economiche del sistema. A mutare, oltre alla consistenza del disavanzo, è la sua geografia, che come rilevano i magistrati contabili, «si estende ora anche a quelle Regioni che finora avevano sempre garantito una elevata qualità dei servizi e un equilibrio economico». L’identikit punta dritto alle grandi Regioni del Centro-Nord, dove «le perdite sono passate dai 28 milioni del 2019 a poco meno di 635 milioni». Il disavanzo più consistente si incontra in Toscana (-267,2 milioni, con un peggioramento del 47,6% sul 2023), seguita da Emilia-Romagna (-194,2 milioni, era in equilibrio l’anno precedente) e Piemonte (-180,6 milioni; peggioramento del 63,9%), in una distribuzione che non guarda ai colori politici delle diverse giunte e che al momento fra i big vede il fortino dell’equilibrio resistere solo in Lombardia e Veneto. Fra i territori a Statuto autonomo la condizione più critica è quella della Sardegna, con un deficit da 365,4 milioni, superiore del 39,6% rispetto all’anno prima.

L’analisi della Corte dei conti mette in rilievo anche la scarsa efficacia, a rimanere eufemistici, dei meccanismi introdotti per contenere le uscite, come i tetti alla spesa per i farmaci (puntualmente superati in modo generalizzato) e il payback che ha prodotto fin qui molti più effetti giuridici che finanziari: mettendo un altro carico sulla bilancia della manovra in arrivo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©