Personale

Scavalco d'eccedenza solo per gli enti con meno di 5.000 abitanti

Si tratta di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti di altre amministrazioni locali oltre le 36 ore settimanali

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di Corrado Mancini

Solo ai Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti è consentito servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti di altre amministrazioni locali oltre l'ambito delle 36 ore settimanali, che concretizza l'ipotesi del cosiddetto scavalco d'eccedenza in ai sensi dell'art. 1, comma 557 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Questo è il parere espresso dalla Corte dei conti dell'Umbria, con la deliberazione n. 129/2020.

Infatti l'articolo 1, comma 557 della legge 30 dicembre 2004 n. 311, consente ai Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, ai consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, alle comunità montane e alle Unioni di comuni di servirsi dell'attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall'amministrazione di provenienza. Quindi, anche al di fuori delle 36 ore settimanali e per un massimo di ulteriori 12 ore.

Il Consiglio di Stato (Sezione Prima n. 2141 del 25 maggio 2005) osserva, anzitutto, che l'articolo 1, comma 557, della legge 311/2004 costituisce fonte di una normativa speciale, che introduce, nel suo ristretto ambito di applicazione, una deroga al principio espresso dall'articolo 53 comma 1, del Dlgs 165/2001, evidenziando come la stessa si configuri come una situazione non dissimile nei suoi tratti essenziali e, in particolare, sul piano dei rapporti fra le parti interessate (le due amministrazioni, il lavoratore), da quella che si verifica nel caso di svolgimento di una seconda attività lavorativa da parte di un lavoratore pubblico a tempo parziale. Ed evidenzia la necessità che gli enti interessati si accordino per definire i tempi e modi di esercizio dei rispettivi poteri di gestione dei rapporti di lavoro. Tuttavia l'utilizzazione della seconda attività lavorativa del dipendente di altro ente può avvenire sulla base tanto di un nuovo contratto di lavoro subordinato (a tempo parziale) quanto di un contratto di lavoro autonomo.

Il ministero dell'Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali Direzione Centrale per le Autonomie recependo l'interpretazione del Consiglio di Stato, con la circolare n. 2/2005, prevede che gli enti interessati si accordino per definire modi e tempi di esercizio dei rispettivi poteri di gestione dei rapporti di lavoro.

Secondo Sezione Autonomie, pronunziatasi con la deliberazione 20 giugno 2016 n. 23, un primo schema di utilizzo dell'articolo 1, comma 557, è quello secondo il quale l'ente di piccole dimensioni costituisce con il dipendente dell'altro ente un rapporto di lavoro ulteriore e diverso, consentito dalla deroga all'esclusività che pone la norma. In questo caso, il dipendente aggiunge al rapporto di lavoro "principale" con l'ente di maggiori dimensioni, un ulteriore lavoro a tempo parziale (che non potrà superare le 12 ore settimanali) con l'ente di piccole dimensioni.

Secondo la Corte la prestazione aggiuntiva andrà ad inquadrarsi necessariamente all'interno di un nuovo rapporto di lavoro autonomo o subordinato a tempo parziale, i cui oneri dovranno essere computati ai fini del rispetto dei limiti di spesa imposti dall'articolo 9, comma 28 del Dl 78 /2010, per la quota di costo aggiuntivo.

La delibera evidenzia un secondo schema di applicazione della norma che consentirebbe di non applicare i vincoli al lavoro flessibile, laddove il piccolo comune utilizzi il lavoratore nell'ambito di convenzioni che regolino l'utilizzo reciproco e condiviso del dipendente con l'ente di maggiori dimensioni. In altre parole, l'articolo 9, comma 28, del Dl 78/2010 non è operante se il lavoratore svolge la propria prestazione lavorativa di 36 ore in parte per il comune di maggiori dimensioni che rimane titolare del rapporto di lavoro, e nella parte residua (sempre all'interno delle 36 ore) in favore del piccolo comune richiedente.

In terzo luogo, la Sezione autonomie ritiene che si possa dare attuazione all'articolo 1, comma 557, della legge 311/2004, mediante l'istituto del comando. In questo caso i vincoli alla spesa di personale flessibile non si applicherebbero, ma solo a condizione che l'ente di maggiori dimensioni che comanda il proprio dipendente non utilizzi le economie di spesa di personale conseguenti per attivare nuove assunzioni.

Nella delibera n. 1 del 31 gennaio 2019 della Corte dei conti Basilicata rileva che per determinare la retribuzione da corrispondere al dipendente utilizzato in base all'articolo 1, comma 557, della legge 311/2004, dovrà aversi riguardo al tipo di rapporto instaurato (subordinato o autonomo) tra l'ente utilizzatore ed il dipendente. Nel caso di rapporto di tipo subordinato, il trattamento economico non potrà che essere stabilito in conformità alla normativa vigente e, in particolare, ai criteri e ai parametri fissati dal contratto di comparto volta per volta vigente in materia.

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