Il CommentoUrbanistica

Semplificazioni, sforzo notevole ma per fare Pil occorre finire il lavoro

di Giorgio Santilli

Il decreto semplificazioni varato dal Governo va nella giusta direzione, ma ha bisogno di ulteriori passi per fare Pil. La giusta direzione è quella di accelerare le procedure per la realizzazione degli investimenti pubblici. Il provvedimento, che contiene norme di discontinuità come quelle sull’abuso d’ufficio e sulla responsabilità erariale dei funzionari pubblici, è uno dei più forti degli ultimi anni, nel suo genere. La discussione è stata litigiosa e a volte fuori linea rispetto ai problemi reali: si è parlato molto di come evitare le gare e poco delle misure necessarie per ridurre quegli otto anni che sono necessari per portare un progetto al cantiere. Va dato atto, però, al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di aver fatto una sintesi e di aver posto la premessa per un buon lavoro.

Ad alcune condizioni che, però, vanno subito chiarite. La prima è che l’ultimo esame «salvo intese» sia rapido e non ricrei il clima di scontro nella maggioranza. La sintesi che il premier rivendica deve reggere, prima e durante il lavoro parlamentare. Non c’è bisogno di ulteriori rallentamenti.

La seconda condizione è che si completi il lavoro. Ci sono passaggi decisivi non ancora sciolti. Il nodo più grosso resta la valutazione di impatto ambientale (Via). Il Dl lima i tempi dei passaggi interni al procedimento, rafforza i poteri sostitutivi, dà qualche certezza in più. Ma elude il tema principale: la Via resta un totem politico più che un parere tecnico. Il decreto che chiude il procedimento lo firma il ministro dell’Ambiente (non è così in Europa). Il ministro Costa si è anche opposto a ridurre i tempi delle consultazioni (unico tabù intoccabile in un Dl che taglia ovunque). La Via non accompagna il progetto ma lo ostacola: così i tempi possono arrivare a 12 anni.

Non basta, quindi, limare i tempi. Il decreto lo riconosce, implicitamente ma clamorosamente. Perché proprio il ministero dell’Ambiente, che è il titolare di questo potere di veto, si costruisce una commissione ad hoc, parallela e con procedura semplificata, per quegli interventi green finalizzati a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità 2030 che sono una priorità per lo stesso ministero. Sia chiaro, la norma è apprezzabile. Ma perché due pesi e due misure fra i provvedimenti graditi al ministero e gli altri? Se la Via è un problema e l’emergenza è generalizzata perché non generalizzare la corsia veloce per tutti gli interventi di emergenza?

Il successo dell’operazione semplificazioni è legato alla capacità, politica e tecnica, anzitutto del premier, di superare gli interessi particolari, gli arroccamenti di parte, per far prevalere l’interesse generale del Paese a crescere.

Terza condizione perché la buona premessa si trasformi in risultati, in Pil per il Paese. C’è nella politica troppa passione per i piani infrastrutturali di carta, per i numeroni stratosferici, dimenticando che, sul piano delle strategie lunghe i governi si somigliano. Tolte forse la Tav Torino-Lione e il Ponte sullo Stretto, c’è convergenza nel Paese sulle cose da fare.

La differenza fra governi sta nella capacità di fare, di tradurre i piani di carta in cantieri. Individuare opere urgenti e pronte a partire, pronte davvvero a fare Pil. Nei piani e nei numeri faraonici ripresentati ieri, per fortuna, questo sottopiano del realismo c’è (si veda l’articolo a pagina 8). È una buona base per stare sui fatti, usando al meglio (e subito) gli strumenti creati dal decreto legge.