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Servizi locali, la riforma separa enti d'ambito e gestori (con deroga solo per l'idrico)

Il decreto di riordino affronta il tema per i servizi pubblici locali a rete, richiedendo che queste funzioni debbano essere distinte ed esercitate separatamente

di Stefano Pozzoli

Tra le pieghe del documento "allegato riveduto della decisione di esecuzione del Consiglio" della Commissione Europea (8 luglio 2021), di approvazione del Pnrr dell'Italia si ritrovano gli impegni che deve ottemperare il nostro Paese. Tra questi, in merito ai servizi pubblici, viene richiesto di "separare chiaramente le funzioni di regolamentazione e controllo e la gestione dei contratti di servizio pubblico". Questo indirizzo torna nella legge sulla concorrenza, dove si dettano i principi di delega sul riordino dei servizi pubblici locali prevedendo, tra l'altro, "la separazione, a livello locale, tra le funzioni regolatorie e le funzioni di diretta gestione dei servizi" (articolo 8, comma 2, lettera c della legge 118/2022).

Il decreto legislativo di riordino dei servizi pubblici locali di rilevanza economica affronta quindi il tema per i servizi pubblici locali a rete, richiedendo che queste funzioni debbano essere distinte ed esercitate separatamente. La declinazione del principio si trova all'articolo 6 ed è duplice. Da una parte viene esplicitato un divieto, per gli enti di governo d'ambito e le autorità di regolazione, di partecipare direttamente o indirettamente a soggetti incaricati della gestione del servizio, precisando che "non si considerano partecipate indirettamente le società formate o partecipate dagli enti locali ricompresi nell'ambito" (articolo 6, comma 2).

Viene anche puntualizzato che, se gli enti locali titolari del servizio a cui spettano le funzioni di regolazione assumono direttamente, o per mezzo di soggetto partecipato, la gestione del servizio, chi nell'ente a qualsiasi livello è preposto a queste funzioni di regolazione non potrà svolgere alcun compito relativo alla gestione e al suo affidamento (articolo 6, comma 3).
A questo deroga un'altra disposizione del medesimo decreto per la quale il comma 2 non si applica alle partecipazioni degli enti di governo dell'ambito del servizio idrico integrato, in relazione agli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del decreto. Si può comprendere la necessità di una disposizione transitoria ma non il perché non sia estesa anche al comparto dei rifiuti, in cui alcune Regioni stanno attuando la medesima politica, con lo spirito, per altro, di rimediare a precedenti storture create a disposizioni emergenziali.

L'altra scelta del decreto è quella di rafforzare il regime delle inconferibilità tra enti d'ambito e società di gestione. Non potranno, infatti essere conferiti incarichi professionali, di amministrazione o di controllo societario, né incarichi inerenti alla gestione del servizio, prima di due anni dalla conclusione degli incarichi di componenti di organi di indirizzo politico dell'ente competente all'organizzazione del servizio o alla sua regolazione, ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all'esercizio di tali funzioni. Stesso divieto vale per chi abbia espletato i medesimi ruoli in ogni altro organismo che svolga funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo o di controllo del servizio, nonché ai dirigenti e ai responsabili degli uffici o dei servizi direttamente preposti all'esercizio di tali funzioni, nonché ai consulenti per l'organizzazione o regolazione del servizio.

Si sottolinea la scelta del periodo di sterilizzazione, che qui è più rigida, ovvero sempre di due anni, rispetto a quanto previsto nel decreto anticorruzione, a cui pure queste norme si ispirano. Nel Dògs 39/2013, infatti, il divieto è di due anni o di un anno a seconda dei casi. Piuttosto, analogamente con le inconferibilità a suo tempo previste dal TUSP (Dlgs. 175/2016) nasce il problema di chi debba essere preposto al controllo di queste regole, compito che andrebbe affidato ad ANAC.

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