Urbanistica

Sicilia, ok a tettoie e gazebo senza permesso: basta non usare cemento e mattoni

Cga: concetto di precarietà dell'opera va inteso come facile rimovibilità non di uso temporaneo, consentiti gli ancoraggi al suolo

di Mauro Salerno

C'era una volta il mito del glossario unico dell'edilizia: regole valide in tutta Italia sui permessi necessari per realizzare piccoli o grandi interventi di manutenzione o costruzione. Un obiettivo che evidentemente non regge alla prova della realtà. L'ultima prova arriva dalla Sicilia, dove il Consiglio di giustizia amministrativa (l'equivalente locale del Consiglio di Stato) ha precisato una volta per tutte che le regole su tettoie e gazebo che valgono nel resto d'Italia non si applicano sull'Isola, in forza di una speciale norma derogatoria.

Il caso nasce dalla decisione di un cittadino di ricorrere contro l'ordine del Comune di Milazzo (Me) di rimuovere una maxi-tettoia realizzata al settimo piano di un fabbricato. Motivo? La mancanza di un permesso ad hoc.

Con la sentenza n. 275 /2020 del 23 ottobre il Consiglio di giustizia amministrativa dà ragione al Comune, ma solo perchè il proprietario non si era premurato di ottenere l'autorizzazione del Genio civile a realizzare l'opera in zona sismica. Per il resto, invece, l'opera sarebbe stata perfettamente in regola. In Sicilia, infatti, vige una norma che consente di escludere la richiesta di permessi o autorizzazioni per la realizzazione di tettoie fino a 50 mq di superficie coperta.

In base a queste disposizioni, viene spiegato nella sentenza, «è possibile affermare che, limitatamente alla Regione siciliana, le chiusure di "terrazze" e "verande", di superficie inferiore a 50 m², non necessitano di autorizzazione o di concessione purché "precarie" e purché venga rispettata la procedura dettata dalla stessa norma».

Stabilito questo si tratta di capire come venga declinato il concetto di precarietà in Sicilia. Ed è qui che emergono altre differenze-chiave con il resto del Paese. La stessa norma di prima (art. 20 della legge regionale n. 4/2003) stabilisce infatti che «sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione».

«La testuale lettura della norma - continua la sentenza - induce a privilegiare la valutazione dei metodi e dei materiali usati nella realizzazione delle opere per poterle qualificare come precarie». Dunque non è, come accade altrove, la funzione dell'opera a determinare la sua precarietà (ad esempio un uso non duraturo, ma temporaneo), piuttosto il suo metodo costruttivo. «A corroborare questa tesi - argomentano i giudici - milita anche la considerazione del rapporto tra il concetto di precarietà, requisito indispensabile per l'operare dell'esclusione della necessità di una previa autorizzazione o concessione edilizia, e le esigenze di sicurezza».

«Difficilmente, difatti, una tettoia che, in base al disposto dell'art. 20, può essere realizzata (in concorrenza anche gli altri presupposti prescritti) senza autorizzazioni o concessioni urbanistiche fino a un'estensione di 50 m², potrebbe essere considerata rispondente alle disposizioni in materia di sicurezza pur senza essere stabilmente ancorata al suolo».

Da ciò deriva che, «a pena di privare di significato la disciplina derogatoria dettata dalla norma regionale, il concetto di precarietà in essa contenuto deve essere interpretato nel senso di non escludere la sussistenza di "idonei meccanismi di ancoraggio" proprio in quanto funzionali alle esigenze di sicurezza a cui l'art. 20 non consente di derogare».

La conseguenza è che per questo tipo di interventi «la nozione di "precarietà" è ancorata esclusivamente al concetto di "facile rimovibilità" (e non anche a quelli di "funzionalità occasionale", di "destinazione urbanistica" e/o di "instabilità strutturale", "stagionalità" o "temporaneità"), dovendo pertanto restare escluse dall'ambito di operatività della deroga introdotta dalla predetta norma speciale - pur se strumentali alla copertura di verande o balconi, alla chiusura di terrazze (di collegamento o meno, ed in tal caso non superiori a 50 m²) ed alla copertura di spazi interni (cortili, chiostrine e simili) o "aperti almeno da un lato" - le strutture in muratura o in laterizi (o comunque ancorate definitivamente mediante l'uso di leganti cementizi o derivati) e quelle non smontabili e non rimovibili se non mediante attività demolitoria a carattere distruttivo» . Nel caso di specie la tettoia da circa 25 mq, autorizzabile senza permesso, era stata costruita in legno, coperta con tegole e ancorata al pavimento con piastre in acciaio.

Dunque: ok alle maxi-tettoie senza permesso, basta non costruirle in cemento o mattoni. Almeno in Sicilia.

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