Personale

Solo la «grave disabilità» dell'assistito consente l'esonero del dipendente dai servizi notturni

Non si può consentire il generalizzato riconoscimento dell'agevolazione

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di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

La formulazione dell'articolo 53, comma 3, del Dlgs 151/2001 che non effettua uno specifico richiamo alla gravità (di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 104/1992), non può consentire il generalizzato riconoscimento dell'esonero dal servizio notturno in relazione all'assistenza di una persona con handicap lieve (comma 1 del richiamato articolo 3).

È questa la conclusione cui giunge il Consiglio di Stato, sezione seconda in sede giurisdizionale, con la sentenza n. 8798/2022.

La controversia ha visto contrapposto il ministero dell'Interno e un proprio dipendente, a fronte del diniego dell'amministrazione dell'esenzione dal lavoro notturno per assistere un familiare riconosciuta disabile ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 104/1992.

Il dipendente ha ritenendo il comportamento della propria amministrazione illegittimo sul fondamento che la formulazione della disposizione contenuta nell'articolo 53, comma 3, del Dlgs 151/2001 («… non sono altresì obbligati a prestare lavoro notturno la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni») fa riferimento al generico concetto di disabile.

La controversia è giunta al giudice amministrativo che ha accolto il ricorso sull'assunto che nel silenzio della norma non è possibile introdurre surrettiziamente un requisito aggiuntivo quale quello della gravità della situazione di disabilità.

Così il Viminale ha promosso ricorso in Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, nel fornire un'articolazione ricostruzione della cornice giuridica di riferimento, ha precisato che il regime dell'esonero dal servizio notturno del prestatore di assistenza può essere fatto rientrare tra gli strumenti di tutela indiretta del disabile. Esso va ricondotto al complesso delle tutele della sua salute psico-fisica, quale diritto fondamentale dell'individuo costituzionalmente riconosciuto e, dunque, sussiste l'obbligo a carico del datore di lavoro di assecondare la richiesta del proprio dipendente, ma solo laddove sia funzionale alla necessità di assistenza, come declinata dalla legge 104/1992.

La specifica ratio dell'istituto che si risolve, comunque, in un'assenza se non dal lavoro in genere, da taluni servizi, va posta necessariamente in correlazione diretta con l'esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l'assistenza al disabile.

Ne consegue che dove manchi il nesso causale tra esenzione dai turni notturni e l'assistenza al disabile non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e ciò accade ogniqualvolta l'entità dell'handicap non sia tale da rendere il portatore sostanzialmente «non autosufficiente» (da intendersi a causa di una grave disabilità individuata mediante rinvio all'articolo 3, comma 3, della legge 104/1992).

Pertanto, esiste un punto di riferimento univoco per l'individuazione del «soggetto disabile a carico ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104» ovvero il contenuto della legge quadro medesima e per essa il richiamo a quelle disposizioni che attengono alla tutela indiretta del disabile, mediante la facilitazione nella fruizione del «tempo di lavoro» a vantaggio degli stessi, contenute nell'articolo 33 (agevolazioni) che, appunto, fanno riferimento alla condizione di grave disabilità.

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