Fisco e contabilità

Sostegni-bis, per il «salva-bilanci» dei Comuni servono 2,5 miliardi

Prende corpo l’allungamento dei tempi di approdo in consiglio dei ministri per il nuovo giro di aiuti all’economia

di Gianni Trovati

Alla bozza del decreto sostegni-bis «ci sono evidentemente da portare dei miglioramenti». Con queste parole, pronunciate ieri alla Camera nel question time, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ufficializza le voci circolate da martedì sull’allungamento dei tempi di approdo in consiglio dei ministri per il nuovo giro di aiuti all’economia. «Credo possa essere portato settimana prossima», spiega Giorgetti, mentre la riunione di oggi dovrebbe limitarsi alle leggi regionali (anche il decreto governance per il Recovery è di là da venire).

Ma per centrare l’obiettivo vanno superati molti ostacoli, tecnici e politici. Andando per titoli: il meccanismo dei sostegni, appunto, l’aiuto agli 800 Comuni a rischio dissesto dopo la sentenza di giovedì scorso (la 80/2021) della Corte costituzionale, il blocco dei licenziamenti, il pacchetto turismo chiesto dal Pd, il caos delle concessioni demaniali, Alitalia. E l’elenco è molto parziale.

Sugli aiuti a fondo perduto, l’impianto da 14 miliardi pensato al Mef per distribuire in due mosse una replica degli assegni di marzo e un’integrazione riservata a chi ha registrato cali ancora più profondi nei primi tre mesi 2021 ha fatto subito storcere i nasi soprattutto a destra. Martedì Forza Italia con il capogruppo alla Camera Roberto Occhiuto aveva di fatto bollato come troppo leggeri i fondi per gli autonomi. E ieri Giorgetti ha affondato il colpo. Il numero due della Lega è tornato a spingere per il superamento del criterio del fatturato, quanto meno da affiancare con parametri più raffinati sugli «indennizzi puntuali dei costi fissi» e sul risultato d’esercizio. Quello prospettato dal ministro dello Sviluppo economico è un ripensamento radicale, che chiede anche di contemplare aiuti su misura delle aziende «chiuse per decreto» (dalle palestre alle piscine per fare gli esempi abituali) e soprattutto di abbandonare la soglia del 30% di calo nel fatturato che apre i rubinetti del fondo.

Oltre che radicale, il ripensamento potrebbe anche essere costoso, in un decreto che però ha confini finanziari ampi ma insuperabili. E che con i giorni che passano deve imbarcare nuove emergenze. L’ultima è quella prodotta dall’illegittimità costituzionale delle norme che permettevano agli enti locali di ripianare in 30 anni i deficit extra legati alle vecchie anticipazioni sblocca-debiti. Deficit da circa 2,5 miliardi (ma la cifra si può avvicinare ai 3 miliardi contando Province e Città metropolitane), accumulati da oltre 800 Comuni, da Torino a Lecce, che in molti casi rischiano di andare in dissesto senza il soccorso statale.

A chiedere l’aiuto, urgente perché i bilanci locali andrebbero approvati entro fine mese, è un coro. M5S è intervenuto martedì con la viceministra all’Economia Laura Castelli, ieri in Senato è stato approvato un odg di Fratelli d’Italia che impegna il governo a intervenire, e la bicamerale per le questioni regionali ha deciso su proposta del vicepresidente Anci Roberto Pella (Fi) di convocare a stretto giro il ministro dell’Economia Franco e la sua vice Castelli. Ma anche qui i problemi sono i numeri, riassunti appunto dai 2,5-3 miliardi da gestire in pochi anni (3 o 5 le ipotesi principali) con il sostegno finanziario dello Stato.

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