Appalti

Specifiche tecniche difformi dal bando? Il giudizio di equivalenza può anche essere implicito

Consiglio di Stato: a condizione che le prestazioni siano in grado di garantire l'esecuzione dell'appalto secondo i medesimi standard

di Dario Immordino

Il giudizio di equivalenza tra le specifiche tecniche richieste dalla lex specialis e le caratteristiche delle offerte dei concorrenti può essere formulato per implicito, a condizione che dalla documentazione tecnica sia oggettivamente desumibile che le prestazioni formalmente difformi siano sostanzialmente del tutto equiparabili a quelle richieste, e siano pertanto in grado di garantire l'esecuzione dell'appalto secondo i medesimi standard qualitativi e quantitativi.

Il giudizio di equivalenza consiste nella constatazione che gli obiettivi perseguiti in relazione all'esecuzione dell'appalto possono essere conseguiti anche attraverso beni, lavori, servizi, prestazioni differenti rispetto a quelli espressamente richiesti dalla stazione appaltante, e discende dall'art. 68 del codice dei contratti pubblici che preclude alle amministrazioni aggiudicatrici la possibilità di dichiarare inammissibile o escludere un'offerta non conforme alle specifiche tecniche prescritte dalla documentazione di gara se l'offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti richiesti.

La valutazione di equivalenza costituisce una manifestazione di giudizio tecnico-discrezionale dell'amministrazione aggiudicatrice, espressione del corrispondente potere riconosciutole dall'ordinamento, e come tale soggiace ai requisiti strumentali a garantire la trasparenza, logicità e ragionevolezza della discrezionalità esercitata dall'autorità pubblica (cfr., Cons.Stato, n. 2529/202); di conseguenza il punto cruciale consiste nelle modalità di esercizio di tale potere valutativo, ed in particolare nella esistenza di un vero e proprio onere motivazionale che impone alla stazione appaltante di estrinsecare il giudizio di equivalenza attraverso specifiche argomentazioni, e nella intensità dell'onere dimostrativo prescritto a carico del concorrente.

Al riguardo il Consiglio di Stato, con la sentenza 6841/2021, ha statuito che un giudizio "implicito" di equivalenza può ritenersi ammissibile nelle ipotesi in cui dalla documentazione tecnica prodotta dal concorrente sia desumibile l'idoneità della soluzione proposta a soddisfare i requisiti richiesti dalla stazione appaltante in modo equivalente rispetto alle prescrizioni della lex specialis, anche se il concorrente non abbia prodotto una espressa dichiarazione di equivalenza. La stazione appaltante potrebbe, pertanto, ravvisare autonomamente l'equivalenza, senza alcun contributo da parte del concorrente, alla luce della documentazione tecnica versata in gara, qualora dalle caratteristiche dei beni, lavori, servizi offerti "sia desumibile la rispondenza del prodotto ai requisiti previsti dalla lex specialis".

In sostanza l'onere di dimostrare "con qualsiasi mezzo" che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti richiesti, prescritto dall'art. 68 del Codice appalti, può essere assolto da parte degli operatori economici semplicemente descrivendo in maniera dettagliata le caratteristiche dei beni, servizi, lavori offerti, e specificandone la strumentalità al conseguimento degli obiettivi dell'appalto e l'idoneità a garantire gli standard prescritti dalla documentazione di gara, a condizione che la stazione appaltante venga messa in condizione di svolgere una verifica effettiva e proficua della equivalenza.

In questo specifico ambito la discrezionalità valutativa della stazione appaltante assume una connotazione euna intensità peculiari, perché consente di integrare, o quantomeno di precisare, i contenuti prescrittivi della disciplina di gara, ammettendo alla procedura offerte prive dei requisiti di conformità alle specifiche tecniche prescritte che, sulla base di una interpretazione letterale della legge di gara, dovrebbero esserne invece escluse in ragione della carenza dei requisiti richiesti.

In forza del principio di equivalenza, infatti, le offerte devono ritenersi conformi alle «caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara» ove risultino comunque funzionali a conseguire le finalità dell'appalto. Tuttavia a tal fine «non basta che dalla documentazione tecnica prodotta dalle concorrenti possano astrattamente ricavarsi gli elementi necessari alla formulazione di un giudizio di equivalenza», e che la commissione attesti l'equivalenza attraverso formule generiche e stereotipate relative alla constatazione della presenza della documentazione e dei requisiti di idoneità richiesti nonché degli elementi necessari alla valutazione di qualità, ma è necessario che i verbali di gara facciano espressamente riferimento al giudizio di equivalenza oppure che i concorrenti depositino in gara dichiarazioni sull'equivalenza dei prodotti o forniscano documenti idonei a sostenere una prova di equivalenza.

Ciò perché il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza esigono che l'offerta difforme dalle specifiche tecniche richieste dalla stazione appaltante possa essere ammessa alla gara solo allorché venga espressamente ed oggettivamente comprovata l'equivalenza tra le caratteristiche dei servizi, lavori o forniture richieste dalla lex specialis e quelle proposte dal concorrente (Corte di giustizia dell'Unione europea, sezione IV, sentenza 12 luglio 2018, C-14/17).

Il giudizio di equivalenza postula, pertanto, una concreta ed effettiva comparazione tra prodotti, lavori o servizi differenti e la constatazione che, nonostante le caratteristiche difformi dalla specifiche tecniche indicate nella legge di gara, le prestazioni proposte dai concorrenti si rivelino idonee in egual misura alla realizzazione degli obiettivi dell'appalto: valutazioni possibili solo se dalla documentazione della procedura emerga in maniera chiara ed oggettiva che le prestazioni formalmente difformi dalle specifiche tecniche siano in grado di garantire i medesimi livelli qualitativi e quantitativi e condizioni di esecuzione dell'appalto del tutto equiparabili.In ragione di ciò il giudizio di equivalenza deve esternarsi o attraverso le argomentazioni della stazione appaltante sostenute da "un congruo apparato motivazionale" oppure attraverso la documentazione o le dichiarazioni del concorrente.

Questo "livello minimo di visibilità" del giudizio di equivalenza costituisce espressione di un onere di diligenza prescritto a carico dei concorrenti e delle stazioni appaltanti, indispensabile per garantire che l'attività provvedimentale della Pa risponda agli imprescindibili requisiti di trasparenza e imparzialità, e «per evitare che il privato sia pregiudicato da manifestazioni autoritative "occulte"». Solo la chiara ed oggettiva esplicitazione dei termini dell'equivalenza consente, infatti, di conciliare la libera concorrenza e la par condicio tra i partecipanti alle gare prevenendo l'eventualità che la discrezionalità riconosciuta alle amministrazioni aggiudicatrici si sostanzi in valutazioni arbitrarie e discriminatorie, contrarie ai principi di ragionevolezza e proporzionalità" (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 20 ottobre 2020, n. 6345).

In questa prospettiva la possibilità di ammettere alla selezione della migliore offerta soluzioni tecniche diverse ma equivalenti a quelle richieste dalla legge di gara comporta la necessità che la stazione appaltante certifichi, attraverso specifica motivazione oppure per relationem, che l'offerta difforme offre prestazioni funzionali del tutto equiparabili, idonee ad ottemperare ai requisiti richiesti dalla stazione appaltante in maniera equivalente alle caratteristiche-tipo.

In ragione di ciò la possibilità di formulare un giudizio di equivalenza implicito, ammessa dal prevalente orientamento giurisprudenziale, non comporta un esonero da qualsivoglia onere argomentativo e dimostrativo, ma costituisce una forma di semplificazione che consente alla stazione appaltante di ammettere un'offerta alla gara facendo riferimento, per relationem, alle argomentazioni e alla documentazione prodotte dall'offerente per dimostrare che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti richiesti.

In queste ipotesi la documentazione tecnica presentata dal concorrente con riferimento ad una offerta priva dei requisiti di conformità alle specifiche tecniche previste dalla lex specialis, per poter fungere da oggetto della "relatio" deve quantomeno indicare il requisito tecnico carente; il requisito tecnico posseduto atto a soddisfare "per equivalente" l'esigenza funzionale cui il primo risulta preordinato; le ragioni tecniche per le quali le prestazioni offerte debbano ritenersi equivalenti, da un punto di vista funzionale, a quelle richieste dalla stazione appaltante. In assenza di tali indicazioni la difformità dell'offerta rispetto alle caratteristiche tecniche obbligatorie ed indefettibili previste nel capitolato di gara può risolversi in un "aliud pro alio" idoneo a giustificare, di per sé, l'esclusione dalla selezione, anche in assenza di un'espressa comminatoria escludente (Cons. Stato, sez. III, 14 maggio 2020, n. 3084). Ciò posto la sentenza definisce il perimetro del giudizio demandato alle stazioni appaltanti precisando che la valutazione di rispondenza o di assimilabilità alle specifiche tecniche richieste implica un' analisi globale e coordinata della documentazione prodotta ai fini della individuazione dell'oggetto dell'impegno dalle stesse assunto , e concerne tutte le caratteristiche prescritte dalla documentazione di gara carenti nelle offerte, compresi gli elementi tecnici non menzionati espressamente nelle offerte … laddove chiaramente indicati nelle schede tecniche e/o nelle relazioni tecniche.

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