Spese legali, sì della Consulta sulla norma per il rimborso «ampio» ai dipendenti della Provincia di Trento
La disposizione serve a evitare che il soggetto interessato sia condizionato dagli effetti economici di un'azione legale
Non è incostituzionale l'articolo 18, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 3/1999 che estende il rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili e nei procedimenti conclusi con l'archiviazione. Al contrario è una norma che «si inserisce nel quadro di un complessivo apparato normativo volto a evitare che il pubblico dipendente possa subire condizionamenti in ragione delle conseguenze economiche di un procedimento giudiziario, anche laddove esso si concluda senza l'accertamento di responsabilità». Lo ha stabilito la Consulta (sentenza n.189/2020) che ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma suindicata, sollevate dalla Corte dei conti, Sezioni riunite per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, in riferimento agli articoli 3, 81, 97, 103, secondo comma, 117, secondo comma, lettera l), e 119, primo comma, della Costituzione.
La norma «messa in salvo» dalla Consulta
L'articolo 18 della legge della Provincia autonoma di Trento 3/1999, come modificato dall'articolo 28, comma 1, della legge provinciale 1/2014, n. 1 – reca l'interpretazione autentica dell'articolo 92 della legge provinciale 12/1983 («La Provincia rimborsa le spese legali, peritali e di giustizia sostenute dai propri dipendenti per la difesa nei giudizi civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per fatti o cause di servizio»), stabilendo che il rimborso debba essere riconosciuto anche per le spese sostenute «nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili [ e] nei casi in cui è stata disposta l'archiviazione del procedimento penale o del procedimento volto all'accertamento della responsabilità amministrativa o contabile».
Le censure della Corte dei conti
La magistratura contabile aveva censurato la norma provinciale perché, nell'ampliare le ipotesi di rimborso rispetto a quanto previsto dall'articolo 18 del decreto legge 67/1997, convertito dalla legge 135/1997 («Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti e atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate […] nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato»), non avrebbe tenuto conto che il rapporto di lavoro del dipendente pubblico «dovrebbe ricevere una disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale». Inoltre, la stessa norma avrebbe determinato un aggravio della spesa pubblica, «tale da incidere negativamente sugli equilibri di bilancio» e inciso su materie attribuite alla potestà legislativa dello Stato («ordinamento civile», «giurisdizione e norme processuali» e «giustizia amministrativa») e sulla competenza della Corte dei conti «in ordine all'accertamento dell'an della liquidazione delle spese nell'ambito del giudizio contabile».
La sentenza
La Consulta ha confermato il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui la disciplina del trattamento giuridico e economico dei dipendenti pubblici va ricondotta alla materia dell'ordinamento civile e quindi alla competenza legislativa statale esclusiva prevista dall'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, mentre i profili «pubblicistico-organizzativi afferenti al rapporto di impiego rientrano nella competenza legislativa residuale delle Regioni prevista dall'articolo 117, quarto comma, della Costituzione (sentenze n. 128 e n. 25 del 2020, n. 138/2019 e n. 196/2018). Da qui l'incensurabilità della legge tridentina, fermo restando che le finalità della stessa sono state ritenute «coerenti» con la disciplina statale in tema di rimborso di spese legali (dall'articolo 1, comma 1, della legge 20/1994, che delimita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave all'articolo 31, comma 2, del codice di giustizia contabile ai sensi del quale «con la sentenza che esclude definitivamente la responsabilità amministrativa il giudice non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione di appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa») giacché questa disciplina mira a sollevare i funzionari pubblici che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse dell'amministrazione dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento delle loro attività istituzionali (Corte di cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n. 13861/2015).