Il CommentoPersonale

Milleproroghe, sugli incarichi l'ennesimo intervento tampone

di Stefano Pozzoli

Siamo abituati a vedere emendamenti tampone, solo per ciò poco condivisibili e, sotto molti punti di vista, iniqui perché arbitrariamente parziali. Spiace in particolare, però, che questi siano di proposta governativa, ovvero di chi ha tutti gli strumenti per intervenire strutturalmente su un problema e di risolverlo in modo equo, definitivo e non limitandosi ad individuare delle parzialissime deroghe.

Il riferimento è ad un emendamento proposto sull' Atto Senato n. 452 (conversione in legge Dl 198/2022, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi) ove si prevede che, fino al 31 dicembre 2026, le previsioni dell'articolo 5, comma 9 del Dl 95/2012 non trovino applicazione, ma solo per enti, istituti o aziende di carattere nazionale, di competenza dell'amministrazione statale, conferiti da organi costituzionali previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari.

Il comma di cui si richiede la temporanea disapplicazione, si ricorda, è il portato di quella stagione demagogica che portò la politica a sterilizzare, sotto molti profili, i compensi di amministratori e altri soggetti incaricati da parte di pubbliche amministrazioni. L'articolo 4 riduceva, ai commi 4 e 5 (ora prorogati dall'articolo 11, comma 7 del Tusp ove si prevede che restino in vigore tali disposizioni fino alla approvazione del decreto dedicato alla revisione delle indennità di amministratori, sindaci e dipendenti) i compensi degli organi di amministrazione di società pubbliche al 70% di quanto statuito al 31 dicembre 2013. Il comma 9, invece, statuisce che le pubbliche amministrazioni, comprese le Autorità, gli ex dipendenti pubblici e privati siano ammissibili ma solo a titolo gratuito, con l'ulteriore limitazione che, nel caso di incarichi dirigenziali e direttivi, la durata non possa comunque essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.

Sarebbe condivisibilissimo, dunque, andare a rivedere queste norme. Abolendo la previsione della gratuità degli incarichi per chi è in quiescenza e dando finalmente attuazione a quanto previsto dall'articolo 11, comma 6, ovvero di quel decreto sui compensi più volte apparso come bozza, addirittura presentato in Conferenza Unificata ma sempre poi uscito dai radar.

Si ricorda, invece, che è stato pubblicato un decreto (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 143 del 23 agosto 2022), recante il regolamento in materia di compensi, gettoni di presenza e ogni altro emolumento spettante ai componenti gli organi di amministrazione e di controllo, ordinari e straordinari, degli enti pubblici. Tale decreto è stato licenziato, nonostante che il Consiglio di Stato abbia contestato il fatto che ne siano stati arbitrariamente esclusi gli enti pubblici riferibili agli enti territoriali (Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, Parere 18 gennaio 2022, n. 101).

Questione analoga si pone, per le società, visto che i regolamenti vigenti assicurano compensi equi alle Società dello Stato, mentre si continua a limitare a valori inattuali, oramai di un decennio addietro, i compensi degli amministratori delle società degli enti locali.

Bene, dunque, salvo la provvisorietà della disposizione, la decisione di rivedere la regolamentazione relativa ai compensi di chi è collocato in quiescenza.

Resta il rammarico sulla pervicacia con cui ci si ostina a procedere intervenendo solo con interventi "tampone", a fronte di situazioni specifiche che riguardano le Amministrazioni dello Stato, senza voler affrontare la questione compensi per tutti, con attenzione alle pubbliche finanze ma anche con ragionevolezza, tenendo poi conto che in termini di spesa pubblica il tema incide oggettivamente pochissimo mentre ha un impatto significativo sulla qualità del management, sulla equa remunerazione del lavoro e sui servizi erogati ai cittadini.