Fisco e contabilità

Suolo pubblico, il Tar boccia il regolamento comunale con tariffe ad hoc per le antenne telefoniche

Il Comune non può nemmeno subordinare il rilascio della concessione a un deposito cauzionale

di Giuseppe Debenedetto

Il Comune non può pretendere dagli impianti di telefonia il pagamento di un canone ad hoc per l'occupazione di suolo pubblico, né subordinare il rilascio della concessione a un deposito cauzionale. É quanto affermato dal Tar Veneto con la sentenza n. 1428/2021 che ha annullato parzialmente un regolamento comunale per la disciplina del canone unico patrimoniale di occupazione del suolo pubblico e di esposizione pubblicitaria, prelievo entrato in vigore nel 2021.

La decisione si pone in linea con quanto evidenziato recentemente dal Tar Bologna, che ha annullato il regolamento Cosap di un altro Comune per una situazione analoga (sentenze n. 886 e 890 del 28/10/2021 su NT+ Enti locali & edilizia del 2 novembre e sentenze n. 953 e 954 del 20/11/2021).

La pronuncia del Tar Veneto riguarda invece il nuovo regime normativo e rischia di mettere in discussione parecchi regolamenti comunali sul nuovo canone unico patrimoniale, approvati all'inizio di quest'anno. La questione si è peraltro ulteriormente complicata con l'introduzione del nuovo «canone sulle antenne», previsto dalla legge 108/2021 di conversione del Dl 77/2021, pari a 800 euro per ogni impianto che insista sul territorio di ciascun ente, importo non modificabile dagli enti. Si tratta del nuovo comma 831-bis della legge 160/2019, norma dalla quale la giurisprudenza sta ricavando argomentazioni per l'applicazione del canone unico (in vigore dal 2021) e per la decisione di contenziosi pregressi riguardanti i vecchi prelievi Cosap-Tosap.

Infatti il Tar Veneto, nell'affermare che il regolamento comunale si pone in contrasto con la disciplina di favore che caratterizza gli impianti di telecomunicazione (tra cui l'articolo 93 del Dlgs 259/2003), evidenzia che queste finalità agevolative sono state chiaramente ribadite dallo stesso legislatore nazionale con la recente introduzione del comma 831-bis della legge n. 160 del 2019. Disposizione che deve ritenersi costituzionalmente legittima in quanto in linea con la disciplina speciale prevista per gli impianti di comunicazione elettronica, tesa a garantire la parità di trattamento tra gli operatori del settore sul territorio. Il Tar ha così respinto l'eccezione di incostituzionalità sollevata dal Comune, non essendoci l'esonero dall'obbligo di corrispondere il canone, ma essendo previsto un importo a carico delle imprese esercenti, ancorché non particolarmente oneroso.

Nel merito il Tar Veneto evidenzia che il legislatore ha ancorato i criteri di determinazione del canone unico patrimoniale a una logica proporzionale alla misura dell'area concessa, rapportato ai tempi e ai luoghi dell'occupazione, tenendo conto della classificazione delle aree, l'importanza dei siti, il valore economico dell'area, ed eventualmente il sacrificio che la collettività sopporta per essere privato del godimento del bene. Tuttavia, con riferimento agli impianti di radio telecomunicazione, il regolamento comunale prevede un canone "forfettario" identico per tutte le occupazioni fino a 30 mq, il cui aumento, in ragione di ogni ulteriore metro quadrato di occupazione, avviene in misura di 1/30° del canone forfettario e con ulteriore maggiorazione del 50% per ogni ulteriore gestore. Si tratta quindi di un criterio del tutto privo di riscontro nella normativa statale, in aperta violazione dei criteri generali di determinazione del canone unico patrimoniale.

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