Personale

Superamento del periodo di comporto, conservazione del posto di lavoro anche senza richiesta del dipendente

L'Aran ipotizza che l'ente possa in autonomia concedere l'ulteriore periodo

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Le regole contrattuali stabiliscono espressamente che la concessione dell'ulteriore periodo di assenza non retribuita di 18 mesi, a seguito del superamento del periodo di comporto per malattia, è discrezionalmente disposta dal datore di lavoro ma solo se avviene a seguito di richiesta del dipendente.

Tuttavia è possibile, anche in assenza di una specifica richiesta del lavoratore, ipotizzare che l'ente, nell'ambito delle proprie prerogative datoriali, possa in autonomia concedere al dipendente la fruizione di un ulteriore periodo di assenza non retribuito quando il limite massimo di conservazione del posto è stato ormai superato.

È questa l'indicazione offerta dall'Aran con il parere CFL144 reso disponibile in questi giorni nella banca dati «ultimi orientamenti applicativi pubblicati».

L'articolo 36, comma 2, del contratto del 21 maggio 2018, che sostanzialmente ricalca il sistema precedente, prevede che, superato il periodo di comporto dei 18 mesi che dà diritto alla conservazione del posto, al lavoratore che ne faccia richiesta può essere concesso di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi, non retribuito, in casi particolarmente gravi.

Ma può un ente, a fronte di una inerzia del dipendente che non avanzi la specifica richiesta, consentire comunque la conservazione del posto di lavoro? Questo il dubbio applicativo che si è posto un ente locale e che ha reso necessario investire direttamente i tecnici di Via del Corso.

L'Agenzia evidenzia, con particolare riferimento alle modalità applicative, che la disciplina contrattuale prevede espressamente che la concessione dell'ulteriore periodo di assenza non retribuita è disposta dal datore di lavoro su richiesta del dipendente.

Il difetto, all'interno di contratto, di una regola che consente la concessione dell'ulteriore periodo di 18 mesi in assenza della richiesta del lavoratore, induce l'Agenzia a non ritenere di poter esprimere alcuna valutazione in merito alle scelte che l'ente intenda adottare, quanto alla conservazione del posto attraverso la concessione dell'ulteriore periodo di assenza non retribuito o al contrario alla risoluzione del rapporto di lavoro.

Nel caso di specie, si legge nel parere, la valutazione del bilanciamento dei concorrenti interessi delle parti (del lavoratore alla conservazione del posto e del datore di lavoro a ricevere una prestazione utile) lo può fare solo l'ente nell'ambito delle proprie prerogative datoriali.

In relazione all'aspetto temporale e, in particolare, se a una decisione non tempestivamente adottata dal datore di lavoro possa essere attribuita una valenza di «rinunzia alla facoltà di recedere dal rapporto di lavoro», l'Aran rinvia alle indicazioni giurisprudenziali espresse dalla Cassazione (in tal senso ad esempio l'ordinanza n. 18960 del 11 settembre 2020).

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