Urbanistica

Superbonus, l'allarme degli ingegneri: il 110% rischia il flop per l'eccesso di burocrazia

Report del Centro studi: senza proroga al 2023 in pericolo un mercato da tre miliardi all'anno

di Mauro Salerno

Nessun effetto moltiplicatore. Al contrario il rischio della paralisi del mercato innescato dagli incentivi ordinari dell'ecobonus (65%) a causa dell'eccessivo carico burocratico e di responsabilità per privati, condomini, imprese e (non ultimo) professionisti. È il pericoloso paradosso - segnalato da questo giornale in tempi non sospetti - che, al di là delle intenzioni, rischia di azzoppare in partenza l'efficacia del superbonus 110% ideato dal Governo per rilanciare le costruzioni in chiave sostenibile.

Inutile dire che, a essere messa in discussione non è l'idea del nuovo maxi-incentivo, ma la sua applicazione pratica, fatta di paletti di accesso che rischiano di risultare troppo severi, di un pesante fardello di adempimenti richiesto a condomini e proprietari di immobili, della difficoltà che si incontra nell'interpretare le norme astratte e ricondurle con successo (e senza dubbi di incappare nella scure delle sanzioni) alle centinaia di casi diversi che capitano in concreto.

«Siamo convinti – dice il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Armando Zambrano – che i superbonus 110% possano generare effetti espansivi significativi nella filiera dell'edilizia. Al momento però constatiamo una certa incoerenza delle norme che regolano i nuovi incentivi e criteri di accesso troppo restrittivi».

Gli ingegneri hanno fatto i conti a partire dal mercato attivato ogni anno dai vecchi bonus per l'edilizia. Con un report ricco di dati hanno calcolato che l'ecobonus 65% e il sismabonus (fino all'85%) muovono ogni anno una spesa di 3,4 miliardi, cifra che testimonia il favore che soprattutto gli interventi per l'efficientamento energetico incontrano tra i proprietari di immobili (la spesa per il sismabonus non va oltre i 70-80 milioni all'anno).

Per capire se il superbonus può produrre l'effetto moltiplicatore sperato dal Governo il report analizza nel dettaglio l'articolazione della domanda di interventi con eco e sismabonus, in particolare per quanto riguarda i tre interventi «trainanti».

Secondo gli ingegneri gli italiani spendono poco più di 800 milioni all'anno (con una media di 35mila euro a intervento) per aumentare le prestazioni termiche dell'involucro degli edifici (il famoso «cappotto termico»); circa 750 milioni (in media 8.500 euro a intervento) per rifare gli impianti termici; 300 milioni all'anno per la riqualificazione globale degli edifici e gli interventi sui condomini (che comprendono in larga misura gli interventi trainanti); infine 80 milioni all'anno per aumentare la resistenza sismica dei fabbricati (con una spesa media per intervento di 100.000 euro e un massimale di 96.000 euro detraibili).

Questo il quadro di partenza su cui dovrebbe intervenire il superbonus, generando un effetto moltiplicatore della domanda. Il problema, dicono gli ingegneri, è che «la spesa annua per la coibentazione dell'involucro e quella per la sostituzione delle caldaie potrebbe essere già su livelli limite, difficilmente superabili in misura rilevante se non con incentivi veramente efficaci e, soprattutto, facilmente accessibili. Si aggiunge poi il nodo della spesa, finora piuttosto contenuta, legata al sismabonus». Quanto all'ecobonus, che assorbe già 3,3 miliardi all'anno, il rischio paventato nel report è che le difficoltà di attivazione del superbonus finiscano per travolgere e impantanare anche quel mercato ben avviato.

Gli ingegneri mettono nel mirino le condizioni troppo restrittive all'accesso. Secondo lo studio, vista l'obsolescenza del nostro patrimonio edilizio il salto di due classi energetiche «è raggiungibile quasi esclusivamente con la coibentazione dell'edificio (cappotto termico), non essendo sufficiente la sola sostituzione dell'impianto termico». Pesano poi il carico di documenti richiesti per avviare e certificare gli interventi e «la complessità nell'interpretare le norme e nell'individuare l'intervento più appropriato per ciascun caso concreto».

Uno scenario che cozza con la vita troppo breve assegnata al bonus in scadenza il 31 dicembre 2021. «È evidente inoltre che il primi lavori con i superbonus forse entreranno a regime non prima di marzo-aprile 2021. Per consentire che il sistema degli incentivi dispieghi realmente i propri effetti espansivi occorre pensare, dunque, ad un arco di vigenza che arrivi almeno fino al 2025». Senza proroghe tutto rischia di fermarsi.

«Le stime più recenti indicano in 9 milioni le famiglie interessate al superbonus - sottolinea Zambrano - , ma allo stato attuale credo che questo numero si ridurrà di molto. Il fatto che nel giro di due mesi l'Enea, l'Agenzia delle Entrate ed il Mise (solo per citare le istituzioni più autorevoli) abbiano prodotto una enorme quantità di interpretazioni delle norme è un indicatore significativo della complessità delle regole».

Inoltre il carico di responsabilità addossate ai professionisti rischia di spaventarli, gelando gli entusiasmi iniziali. «Sta montando un clima per cui i professionisti si sentono caricati di responsabilità in modo eccessivo in vista di controlli futuri che verranno effettuati dall'Agenzia delle Entrate . Questo - conclude Zambrano - sarebbe il modo peggiore per trasformare un'opportunità di crescita in una inutile disillusione».

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