Superbonus, le cessioni non ripartono: ancora in attesa 30 miliardi di crediti
Solo metà dello stock di crediti collegati alla maxi agevolazione ha completato l'iter per la vendita. Non decollano le misure del Dl Cessioni: il mercato aspetta la piattaforma di Enel X e la riapertura
Non c'è solo la questione dell'impatto sui conti pubblici. Se è ormai certificato da decine di rilevazioni che il superbonus è costato alle casse dello Stato molto più di quanto preventivato al momento della sua nascita (circa 32,1 miliardi, si veda «Il Sole 24 Ore» del 25 maggio), va anche considerato che la maxi-agevolazione ha prodotto, attraverso cessione del credito e sconto in fattura, una massa di crediti fiscali che, ormai da mesi, è a caccia di un acquirente. E questa massa, che prima o poi dovrà trovare uno sfogo sul mercato, resta gigantesca: circa 30 miliardi di euro. È quanto emerge guardando in profondità i numeri resi noti in audizione da Tesoro, Finanze e Ragioneria generale dello Stato in commissione Bilancio alla Camera, leggendoli in parallelo con le cifre divulgate precedentemente dall'amministrazione finanziaria. Numeri, aggiornati alla fine di aprile, che certificano come le ultime manovre di sblocco dei crediti fiscali, messe in atto da Parlamento e Governo, non abbiano ancora sortito gli effetti sperati.
Tempi ancora lunghi
D'altronde, ad oggi Poste non ha ancora riaperto il suo canale per gli acquisti di bonus fiscali. Inoltre, la piattaforma annunciata da Enel X, nel corso della conversione del decreto cessioni, attende ancora il varo ufficiale. E anche l'Abi, in audizione sulla delega fiscale pochi giorni fa, ha spiegato che, rispetto alla misura shock delle compensazioni in F24, proposta insieme all'Ance e dai tempi decisamente più rapidi ma finora sempre bocciata per gli impatti sui conti in termini di cassa, «questa procedura richiede tempi più lunghi per svuotare lo stock di crediti di imposta». Insomma, anche per le banche i tempi per smaltire l'arretrato non sono immediati.
Cifre a confronto
Dai numeri dell'Economia questa lentezza emerge in modo chiaro. Bisogna, però, fare un passo indietro. Nell'aggiornamento fornito dal direttore delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini a inizio marzo nelle audizioni parlamentari proprio sulla conversione del decreto 11/2023, emergeva uno stock di cessioni e sconti in fattura comunicati per il solo superbonus pari a 61,9 miliardi di euro. Non tutti questi crediti, però, sono arrivati in fondo alla procedura di cessione. L'audizione di Tesoro, Finanze e Ragioneria generale dello Stato della scorsa settimana attestava, con un profilo temporale che si spinge fino a fine aprile (quindi con un margine di differenza), «le cessioni dei crediti per le quali il cessionario ha comunicato l'accettazione e indicato il momento di utilizzo in compensazione». Quindi, quelle che hanno completato l'iter. Si tratta di 31,4 miliardi. Da qui è possibile stimare uno spread di circa 30 miliardi di crediti che rimarrebbero ancora in attesa. Dentro questo numero possono esserci molti casi differenti. Ad esempio, ci sono quei soggetti che stanno aspettando una risposta da parte del loro acquirente. Nel caso di un intermediario, la procedura di verifica sui crediti può prendere anche molti mesi. La lentezza sconta anche il blocco totale delle cessioni del quale ha sofferto il mercato fino a poco tempo fa. Per gli sconti in fattura ci possono essere ritardi nell'accettazione da parte delle imprese. E c'è anche da considerare che, nel caso in cui la procedura non vada a buon fine, resta possibile percorrere la strada della detrazione.
Le contromisure
Per impiegare comunque i bonus, la legge di conversione del decreto cessioni ha messo a disposizione diverse strade alternative. Per i committenti è possibile la detrazione in dieci anni, ma solo per le spese 2022 e solo a partire dalla dichiarazione 2024 (relativa ai redditi 2023). Invece, per chi ha acquistato un credito c'è la possibilità di spalmarlo in dieci rate annuali. Questa possibilità, però, è valida solo per le cessioni comunicate entro il 31 marzo 2023. Oltre che al superbonus si applica anche al bonus barriere architettoniche e al sismabonus.
Le compensazioni effettive
L'ultima audizione dà anche un altro elemento finora sconosciuto (si veda anche il grafico in pagina), spiegando quali cifre sono state effettivamente portate in compensazione per le diverse agevolazioni. Complessivamente, ad oggi, su quasi 65,6 miliardi di crediti legati a lavori agevolati, sono 15,2 miliardi i crediti effettivamente compensati. Il dato va letto alla luce della rateizzazione che caratterizza questi crediti. Buona parte di queste somme, cioè, non può essere ancora riportata in F24 perché sarà disponibile solo a partire dall'anno di maturazione della rata di credito. Se sul 2023, ancora in corso, non si possono fare ragionamenti compiuti, il 2021 e 2022 consentono di dire che, in generale, il livello di dispersione di questi crediti è mediamente molto basso: il primo anno le compensazioni sono arrivate al 98%, mentre il secondo al 95 per cento. Questo andamento è condizionato dal superbonus, l'agevolazione numericamente più pesante, che ha viaggiato sempre al ritmo del 98% di compensazioni. In qualche caso, però, le percentuali, per bonus di importo minore, sono state peggiori. Ad esempio, l'ecobonus nel 2022 si è fermato all'88% di compensazioni e il sismabonus, nello stesso anno, non è andato oltre l'83 per cento.