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«Un polo infrastrutture Rfi-Anas-Italferr per realizzare le opere del Pnrr»

L'annuncio dell'ad di Ferrovie Luigi Ferraris alla Commissione Trasporti della Camera. A febbraio piano industriale

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di Massimo Frontera

Finora Ferrove e Anas sono rimasti due mondi separati. Lo ha chiarito l'ad di Ferrovie, Luigi Ferraris, ai deputati della commissione Trasporti che lo hanno ascoltato sui programmi dell'azienda. Per meglio dire, ha spiegato l'ad di Fs, l'integrazione, prevista dalla legge, si è realizzata solo sul piano contabile e finanziario ma certamente non su quello gestionale e operativo. Ma questa situazione è destinata a cambiare, e anche abbastanza in fretta. È infatti proprio sull'integrazione operativa che il top manager dell'azienda di Stato vede non solo le maggiori convenienze a ottimizzare asset e risorse, ma anche e le maggiori opportunità di irrobustire l'attività industriale nel campo delle infrastrutture. Ferraris ha fatto capire che l'integrazione Rfi-Anas-Italferr, in nome dell'attuazione del Pnrr, sarà un pilastro del prossimo piano industriale dell'azienda, che verrà presentato a febbraio, e che avrà - parole sue - un «respiro decennale», con chiaro riferimento all'orizzonte attuativo del Pnrr ricordato a ogni occasione dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini.

«Dal punto di vista operativo Anas e Ferrovie non sono integrati», ha riconosciuto Ferraris. «Il lavoro che va fatto invece è quello di creare e valorizzare sinergie e punti di competenza; occorre lavorare sul filone della progettazione e realizzazione delle infrastrutture e sulla gestione e manutenzione delle infrastrutture». Un esempio non banale: «abbiamo 10mila km di strade contigue». Ed ecco il piano: «Abbiamo tre soggetti - ha spiegato Ferraris - Anas, Rfi e Italferr: penso che faremo una cosa buona se saremo in grado di valorizzare le competenze e integrarle in modo ottimale tra quello che c'è in Rfi, in Italferr e in Anas». «Abbiamo oggi, grazie al Pnrr - ha proseguito - un'opportunità di creare un polo infrastrutturale, che vede Rfi come agente primario insieme ad Anas e a Italferr per dare risposte», cioè attuare il Pnrr, presto e bene. «Il lavoro da fare è notevole: lo cominciamo oggi e lo finirà qualcun altro perché i tempi sono lunghi - ha aggiunto - . L'importante è impostare le cose in modo corretto e coerente, valorizzando persone e asset». Ancora: «Il primo passo da fare - e lo faremo - è favorire questa integrazione gestionale: Rfi deve svolgere un ruolo più di coordinamento insieme ad Anas, una pianificazione integrata; e Italferr deve essere al servizio di tutte e due». «Italferr, è un'eccellenza - ha aggiunto -: ha 2000 persone, il 75% ingegneri, che lavorano anche all'estero: li dobbiamo tutti orientare sulle cose che dobbiamo fare: la priorità numero uno è l'Italia. Questa è la stella polare che ci guiderà». Intanto, l'impennata di domanda di competenze specializzate innescata dal Pnrr non ha lasciato indenne il settore ferroviario. Dalla stessa Italferr, ha informato Ferraris, sono usciti un'ottantina di ingegneri, conquistati da gruppi attivi nelle infrastrutture in tutta europa. Un problema al punto che la società sta pianificando contromisure per incentivare la prosecuzione del contratto da parte di chi riceve altre proposte.

Attenzione all'estero, Europa "mercato domestico"
A parte l'integrazione Anas-Rfi-Italferr, il piano industriale prevede per il gruppo «un assetto diverso che dovrà portare dei benefici in termini di connessione e di aumento trasporto sia passeggeri che merci che rotaia. Le linee guida su cui ci concentreremo: investire su infrastrutture fisiche integrate, resilienti e intelligenti». L'estero - da cui Ferrovie, informa Ferraris, ottiene il 10% dei ricavi complessivi - continuerà a da avere una grande attenzione. Sull'estero, «personalmente credo che Fs si debba focalizzare. Siamo intervenuti in una serie di gare all'estero, dove spesso siamo andati con operatori che non ci aiutano a realizzare e essere quello che siamo. Siamo uno dei principali operatori ferroviari al mondo e questo dobbiamo fare», ha detto. «Per cui, se dobbiamo fare qualcosa all'estero dobbiamo o gestire treni o costruire infrastrutture. «Il resto non è da noi - ha aggiunto -. Il nostro campo di gioco sarà l'Italia e l'Europa. L'Europa perché ci sono corridoi merci e passeggeri, ci sono delle politiche in atto dove sulle distanze brevi si preferirà il treno, quindi bisogna puntare a sviluppare questo tipo di interconnessione».
Quanto ai settori di singoli segmenti da valorizzare, nel corso dell'audizione sono arrivate alcune indicazioni chiare. Una di queste è il trasporto merci, che a causa della priorità data al traffico passeggeri, è sottoperformante. «Noi oggi abbiamo una quota di mercato, che è più o meno il 50% di un mercato che è rimasto sostanzialmente stabile, per via delle infrastrutture. Credo che il Gruppo Fs in passato sulle merci non si sia focalizzato. Guardando avanti, dovrà essere molto attenzionato da noi, dovrà essere un'area di sviluppo e fare in modo che un'operatore come Fs anche nelle merci eserciti un suo ruolo». La valorizzazione passerà per il potenziamento della logistica.

Investimento di 5 miliardi per rafforzare la dorsale adriatica
Al potenziamento del traffico merci è funzionale anche un pesante investimento sulla dorsale adriatica, che Ferraris ha annunciato in Commissione. «Sull'Adriatica stiamo valutando insieme al ministero di rafforzare gli investimenti in quell'area perché riteniamo sia importante poter disporre di linee merci dedicate», ha spiegato. «Oggi - ha aggiunto - il trasporto merci viaggia soprattutto di notte per privilegiare il viaggio passeggeri durante il giorno ma questo è limitativo; pensate alle opportunità che potrebbero esserci se riuscissimo a portare le merci fresche dal Sud verso il Centro Europa. Su questo si sta ragionando, ma sono cinque miliardi di euro di rafforzamento della dorsale adriatica». L'investimento «ancora non è stato deliberato», ha sottolineato l'ad spiegando che al momento il progetto è fuori dal Pnrr.

Calamità naturali, incrementi del 100% per i costi operativi

Tra gli investimenti da mettere in conto ci sono anche quelli legati a interventi di manutenzione e ripristino della rete a causa di danni legati al maltempo eccezionale o a vere e proprie calamità. Tutti costi che Ferraris considera un tributo da pagare al cambiamento climatico. «I costi operativi per interventi legati all'impatto del cambiamento climatico sono aumentati quasi del 100% in cinque anni», ha detto l'amministratore delegato di Ferrovie mostrando alcuni dati di Rfi che mettono a confronto i costi operativi riferiti a «interventi per calamità naturali» misurati tra il 2014 e il 2019 che segnavano un incremento esattamente pari al 98 per cento. In valori assoluti si è passati da circa 19 milioni di euro del 2014 a circa 38 milioni del 2019. Solo i danni del maltempo a Venezia e Genova nell'ottobre del 2018 sono costati 12 milioni di euro. Più in generale, i danni causati da eventi climatici hanno assorbito 21,5 milioni, oltre la metà dei costi contabilizzati nel 2019. Con il cambiamento climatico, ha aggiunto Ferraris, «ci dobbiamo convivere; Purtroppo, finché non si inverte il trend, temo che si potrà solo peggiorare».

Le slide presentate dall'ad di Ferrovie nell'audizione presso la commissione Trasporti della Camera

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