Il CommentoAmministratori

Un recovery plan per il futuro delle città

di Stefano Ciafani (*)

L'emergenza sanitaria da Covid-19 è stata uno tsunami che ha fatto sprofondare l’economia mondiale in una grave depressione. Come far ripartire l’economia in questa difficile fase di convivenza con il virus? L’Europa, su questo fronte, sta spiccando per protagonismo: è stato rilanciato il Green Deal con l’innalzamento degli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti e il programma Next Generation Eu per il 37% dovrà essere destinato alla transizione ecologica.

L’Europa ha destinato all’Italia 209 miliardi di euro, una cifra che non potrà non riguardare le aree urbane. È qui, infatti, che si gioca una partita fondamentale per fronteggiare l’emergenza sanitaria, economica e climatica e per vincere la sfida della modernizzazione del Paese.

Dopo la fine del lockdown primaverile le città hanno subìto cambiamenti visibili. Alcuni negativi: è ripartita la corsa al monouso, graziato dall’incomprensibile proroga della plastic tax; i fiumi sono tornati a tingersi dei “soliti” colori; l’aria delle città ha riacquisito l’odore dello smog. Altri, invece, positivi: la moltiplicazione delle corsie ciclabili grazie alle modifiche al Codice della strada; la diffusione dei mezzi elettrici a due ruote, spinti anche dagli incentivi; lo sviluppo del lavoro a distanza.

Ma ancora non ci siamo. Con la riapertura delle scuole, sono riemersi anche i problemi cronici, come le carenze degli edifici scolastici e l’inadeguato trasporto pubblico, al centro di roventi polemiche sui rischi di contagio per l'impossibile distanziamento fisico.

Il Paese non può mancare questa occasione irripetibile per rendere le nostre città più moderne, sostenibili e sicure. Dopo decenni di discussioni, analisi dei problemi e della loro soluzione, ora abbiamo la possibilità di risolverne una gran parte grazie alle risorse europee. Si potranno acquistare mezzi pubblici a trazione elettrica per alleviare la vita quotidiana a milioni di pendolari e abbattere l’inquinamento atmosferico, realizzare impianti per produrre biometano e ridurre i viaggi verso nord dell’organico differenziato, tappare le falle degli acquedotti, costruire i depuratori mancanti e adeguare gli esistenti, concretizzare gli interventi di adattamento alla crisi climatica per mitigare il rischio idrogeologico.

Le risorse ora ci sono ma vanno spese al meglio. La mobilità ha bisogno di tante opere ferroviarie e non di un ponte o un tunnel per superare lo Stretto di Messina. La decarbonizzazione deve essere una realtà per tutta la manifattura, partendo dall’ex Ilva di Taranto, e non ha senso praticarla col confinamento geologico della Co2 sotto i fondali marini davanti alla costa ravennate.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo sta predisponendo è molto confuso, negli obiettivi e nella visione. Nei prossimi mesi sarà fondamentale una presa di posizione chiara della classe dirigente del Paese che ha a cuore gli interessi della collettività per un’Italia in prima fila nella lotta all'emergenza climatica. In questa categoria ci sono le imprese più innovative ma anche i sindaci che premiamo e menzioniamo ogni anno. È anche con loro che vogliamo rendere all’altezza delle aspettative il Recovery Plan da presentare in Europa all’inizio del prossimo anno.