Utility, da Verona e Vicenza il risiko corre lungo l’Adige
Dopo le elezioni comunali Agsm Aim verso il ruolo di polo aggregatore dell’area
Un risiko che corre lungo l'Adige, dalle sorgenti altoatesine fino a Verona con una piccola deviazione a Mantova (dove in realtà il fiume di riferimento è il Mincio), e così facendo potrebbe dar vita alla quinta multiutility italiana, la prima dopo le Big Four, ovvero A2A, Hera, Iren e Acea. Dopo la vittoria di Giacomo Possamai nelle elezioni amministrative di Vicenza, è questo lo scenario più suggestivo che circola tra gli addetti ai lavori e che parte da un presupposto: una Agsm Aim, il gruppo energetico controllato dal Comune di Verona con il 61,8% e da Vicenza con il 38,8%, monocolore (centro-sinistra) politicamente e dunque lontano dalle baruffe d'autunno, quando l'ex sindaco vicentino Francesco Rucco aveva provato, invano e strumentalmente, a defenestrare il consigliere delegato Stefano Quaglino, difeso dal primo cittadino scaligero Damiano Tommasi.
Una Agsm Aim con un azionariato compatto significa due cose. Innanzitutto, come riportato da Radiocor, una società finalmente pronta a spingere sulla propria, di integrazione, visto che la fusione tra le municipalizzate di Verona e Vicenza è sì ufficiale dal primo gennaio 2021, ma c'è ancora parecchio da fare sotto il profilo delle sinergie e delle architetture societarie. Poi, ancora più importante, c'è l'aspetto del potenziale consolidamento, che tre anni fa sembrava dover prendere la via di una joint venture industriale con A2A, poi bruscamente interrotta per l'opposizione della Lega.
Oggi, tuttavia, lo scenario è completamente diverso così come lo sono le posizioni degli azionisti e del management. L'idea di fondo è che le sfide poste da un mercato sempre più difficile – a dimostrarlo c'è l'altissima volatilità dei prezzi delle commodity nell'ultimo anno e mezzo – offrano al contempo una grande opportunità: dar vita all'aggregazione di varie realtà, di medie dimensioni, in quella che di fatto è una delle aree più ricche del Paese, a cavallo tra Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia. Proprio per questo non ci sarebbe invece disponibilità a prendere in esame progetti con big come A2A (che peraltro ha messo in secondo piano le aggregazioni territoriali) o come Hera, che pure si era fatta avanti negli anni scorsi, facendo leva sulle carenze del veronese nella gestione della filiera ambientale. Discorso ancora diverso per Ascopiave, che per bocca del numero uno Nicola Cecconato ha più volte aperto a un'alleanza con la Agsm Aim presieduta da Federico Testa, che ha chiuso il 2022 con un Ebitda in crescita a 185 milioni: ha il vantaggio di essere quotata, ma il portafoglio di Treviso non è particolarmente sinergico per Verona e Vicenza, che vorrebbero crescere, e di molto, sulle rinnovabili. Proprio in quest'ottica, invece, un potenziale partner alla pari – in sostanza la strada maestra per il consolidamento – viene considerata Dolomiti Energia che, peraltro, viene da un 2022 lontano dagli antichi fasti, vista la perdita di marginalità (mentre l'intero settore ha macinato utili) e le incertezze sulla governance con lo storico ad Marco Merler in uscita l'anno prossimo ed Egon Zehnder alla ricerca di una figura di direttore generale. Non mancano inoltre le incertezze sul fronte dell'idroelettrico, dove le concessioni in scadenza bloccano anche il riassetto della joint venture con Macquarie, che vuole cedere il proprio 40%.
Se risalendo l'Adige da Verona si toccano Rovereto e Trento, tra i principali soci di Dolomiti Energia, arrivando ancora più a Nord il fiume sfiora Bolzano e Merano, a loro volta azionisti di peso di Alperia, la multiutility dell'Alto Adige, anch'essa grande produttore idroelettrico, ma sempre piuttosto riottosa a qualsiasi idea di aggregazione. Certo, se Agsm Aim oltre a Dolomiti aggregasse anche un'altra azienda con cui c'è già feeling, ovvero Tea Mantova, più piccola ma anch'essa a governo centro sinistra, anche Alperia potrebbe essere chiamata a ulteriori riflessioni sul futuro. Anche perché l'idroelettrico, tra incertezze normative e una piovosità “impazzita”, non basta più a garantirlo.