Fisco e contabilità

Vantaggio obliquo, necessari criteri uniformi e oggettivi per qualificare la società pubblica a cui verrà attribuito

Servono parametri per definire una società a partecipazione pubblica come soggetto equiparabile a una Pa

di Corrado Mancini

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, nella sentenza n. 283/2021, si è soffermata sui presupposti di operatività della compensatio obliqua disciplinata dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 20/1994 («Nel giudizio di responsabilità ... deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione..»).

La Corte con riferimento l'inconfigurabilità di un danno erariale a fronte di una utilitas comunque percepita da soggetto pubblico e dunque di un «vantaggio obliquo» conseguito da altra amministrazione ritiene che una società pubblica può configurarsi quale «altra amministrazione», ai fini di quella compensatio, unicamente al sussistere delle medesime condizioni che radicano la giurisdizione contabile nelle fattispecie di mala gestio degli amministratori delle stesse società.

I magistrati contabili sono ben consapevoli che, sia la parte pubblica che le difese dei convenuti, in molti contenziosi sono solite qualificare, in modo cangiante e quasi camaleontico, talune strutture societarie partecipate dalla Pa talvolta in chiave pubblicistica, talvolta in chiave privatistica a seconda dello scopo processuale da raggiungere: radicare (o escludere) la giurisdizione contabile su amministratori o dipendenti di tali società oppure, come nella specie e invertendosi nei ruoli, per ipotizzare o escludere un vantaggio in capo ad altra amministrazione pubblica, con conseguente configurabilità o meno di un danno erariale a seconda della cangiante natura del soggetto "avvantaggiato", frutto di speculari ricostruzioni dogmatiche.

Il collegio giudicante ritiene che vada invece seguito un criterio qualificatorio uniforme e oggettivo e che dunque i parametri, di conio giurisprudenziale (sulla scorta dei referenti normativi), per definire una società a partecipazione pubblica come soggetto equiparabile a una Pa, debbano essere i medesimi sia per radicare (o escludere) la giurisdizione contabile, sia per valutare nel merito se, a monte e prioritariamente, via sia stata nel caso di specie una cosiddetta compensatio obliqua a favore della società, dove qualificabile come soggetto pubblico, idonea a escludere in radice il danno erariale da esborso eccessivo da parte della Pubblica amministrazione.

In questo senso la Corte dei conti è giudice dei danni arrecati alla Pubblica amministrazione ma, come è noto, le sezioni unite della Cassazione hanno statuito che va esclusa la giurisdizione della Corte dei conti, dovendosi affermare la giurisdizione del giudice ordinario, nel caso di responsabilità degli amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico, dato che queste società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico. La scelta della Pa di acquisire partecipazioni in società private implica, infatti, il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Eccezione per i danni cagionati da amministratori di società in house (Cassazione, Sezioni unite, sentenze 25 novembre 2013 n. 26283 e 1° dicembre 2016 n. 24591). Dovendosi intendere queste società quelle costituite da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici. Tale tipologia societaria in house non pare in grado di collocarsi come un'entità posta al di fuori dell'ente pubblico, il quale ne dispone come di una propria articolazione interna. Il velo che normalmente nasconde il socio dietro la società è dunque squarciato: la distinzione tra socio (pubblico) e società (in house) non si realizza più in termini di alterità soggettiva con la conseguenza che in questi casi può trovare applicazione la compensatio obliqua disciplinata dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 20/1994.

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