I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Varianti edilizie «essenziali» e interpretazione giurisprudenziale

di Gianluigi Delle Cave

Per le varianti essenziali è necessario un nuovo permesso di costruire
Organismi edilizi – Variante “essenziale” – Incompatibilità quali-quantitativa – Progetto originario – È necessario un nuovo permesso di costruire

Mentre le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire, le varianti essenziali, ovvero quelle caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 del Dpr n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario e per il quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante (cfr. Cassazione penale, sez. III, 27 febbraio 2014, n. 34099). Nel caso di variante essenziale il problema si concentra nella necessità o meno di nuovo titolo, che deve quindi considerare l’eventuale diversa normativa sopravvenuta; la variante invece si riferisce al titolo originario senza nuova valutazione della normativa vigente.

Tar Catania, Sez. I, sentenza dell’1 settembre 2020, n. 2145

Il concetto di “variazione essenziale” attiene alla modalità di esecuzione delle opere
Organismi edilizi – Variante “essenziale” – Esecuzione delle opere – Incompatibilità quali-quantitativa – Varianti “in senso proprio” – Differenze

Le modifiche, sia qualitative che quantitative apportate al progetto originario, possono considerarsi “varianti in senso proprio” soltanto quando quest’ultimo non venga comunque radicalmente mutato nei suoi lineamenti di fondo, sulla base di vari indici quali la superficie coperta, il perimetro, la volumetria nonché le caratteristiche funzionali e strutturali (interne ed esterne) del fabbricato. Il concetto di variazione essenziale attiene dunque alla modalità di esecuzione delle opere e va pertanto distinto dalle “varianti”, che pur attinendo alla stessa, consentono di adeguare il titolo autorizzativo originario. Mentre, dunque, le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante (rectius, a Dia, in luogo della presentazione della quale il privato può optare per la richiesta di titolo esplicito), complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire; le varianti essenziali, caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 del Dpr n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di un permesso di costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto al primo, e per esso valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante.

Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza del 28 agosto 2020, n. 5288

 

È “variante essenziale” ogni modifica incompatibile con il progetto originario dell’edificio
Organismi edilizi – Variante essenziale – Art. 32 del Dpr n. 380/2001 – Modifiche al progetto originario – Metodo di “valutazione sintetico” – Verifiche tra progetto approvato e quanto realizzato

In materia edilizia costituisce variante essenziale ogni modifica incompatibile con il disegno globale ispiratore dell'originario progetto edificatorio, sia sotto l'aspetto qualitativo sia sotto l'aspetto quantitativo. Ai fini della configurazione dell'ambito di tale istituto, soccorre la definizione di variazione essenziale enunciata dall'art. 32 Dpr n. 380 del 2001 (T.U. Edilizia), la quale ricomprende il mutamento della destinazione d'uso implicante alterazione degli standard, l'aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, le modifiche sostanziali di parametri urbanistico edilizi, il mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito e la violazione delle norme vigenti in materia antisismica, mentre non ricomprende le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative. In altri termini, in caso di difformità totale trova applicazione il cd. “metodo di valutazione sintetico”, che opera attraverso la comparazione tra le caratteristiche dell’immobile desunte dal progetto approvato con quelle scaturite dagli interventi edilizi senza titolo.
Prima di adottare un provvedimento di demolizione di un'opera realizzata abusivamente per assenza del previo titolo abilitativo edilizio, l'Amministrazione comunale non ha alcun obbligo, in ragione dell'astratta sanabilità dell'opera, di accertare d'ufficio la conformità urbanistica dell'intervento, configurandosi la prova la c.d. doppia conformità urbanistica, sia al momento della realizzazione dello stesso, che al momento della presentazione dell'istanza per la sua sanatoria, quale onere a carico della parte.

Tar Napoli, Sez. II, sentenza del 13 maggio 2020, n. 1782

 

La variante essenziale deve essere distinta da quella integrale
Organismi edilizi – Variante – Carattere essenziale o integrale – Non assimilabilità – Interpretazione giurisprudenziale – Vanno verificate le innovazioni al progetto

Il concetto di variazione “essenziale”, equiparato quoad effectum  dalla disciplina di principio di fonte statuale, alle “ipotesi - limite” delle costruzioni realizzate in assenza di titolo edilizio, ovvero in totalità difformità dello stesso (cfr. art. 31 del Tu approvato con Dpr n. 380 del 2001), non può - quindi - ragionevolmente identificarsi con quelle ben diverse ipotesi in cui - come, per l’appunto, nel caso di specie - le difformità realizzate rispetto al titolo edilizio originariamente rilasciato, pur evidenziando innovazioni che più convenientemente si possono definire non già “essenziali”, bensì “integrali” rispetto al titolo edilizio originario, risultano comunque conformi alla strumentazione urbanistica in vigore sia al momento della realizzazione degli abusi, sia al momento della presentazione di un’apposita domanda per la sanatoria di questi ultimi.

Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza del 14 aprile 2020, n. 2381