Personale

Sul fondo di previdenza complementare della polizia locale decide il dipendente

di Salvatore Cicala e Consuelo Ziggiotto

È illegittima la condotta adottata da quelle amministrazioni locali che hanno ritenuto che l'applicazione dell'articolo 56-quater del contratto del 21 maggio 2018 rendesse obbligatoria, anche contro la volontà dei propri dipendenti, la sospensione dei versamenti delle quote dei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie, determinate in base all'articolo 208 del Dlgs 285/1992, a favore di fondi di previdenza complementare già esistenti per destinarle esclusivamente al fondo Perseo Sirio. Così si è espresso il giudice del lavoro di Arezzo con la sentenza n. 95/2020.

Il fatto
All'indomani della sottoscrizione del nuovo contratto del comparto delle funzioni locali gli appartenenti al corpo di polizia locale del Comune di Arezzo avevano comunicato al proprio ente la volontà di voler conservare l'adesione ai fondi previdenziali già in essere. Il Comune facendo proprio l'orientamento interpretativo dell'Aran (parere protocollo n. 15694/2018) e dell'Anci (lettera protocollo n. 250/2018), ha ritenuto, invece, di sospendere i versamenti delle somme in questione per destinarli al fondo Perseo Sirio. I dipendenti interessanti ritenendo questo comportamento illegittimo si sono rivolti al giudice del lavoro per vedersi riconosciuti i propri diritti.

La decisione
Il giudice aretino, che affronta la causa in modalità cartolare così come previsto dalla decretazione emergenziale, parte da un'analisi della disciplina contrattuale in materia di contribuzione alla previdenza complementare con risorse derivanti dall'applicazione del codice della strada contenuta nell'articolo 56-quater del contratto del 21 maggio 2018.
La disposizione, si legge nella sentenza, riconosce espressamente il diritto dei lavoratori non soltanto a conservare il fondo previdenziale esistente, ma anche a che le somme di loro spettanza e ad essi destinate continuino ad essere versate nel fondo già scelto dal lavoratore.
La condotta dell'ente, sottolinea il giudice, risulta «inutile» e perfino «ingiustamente pregiudizievole» per i dipendenti interessati. È ritenuta inutile perché non si potrebbe supporre che l'amministrazione possa effettuare un prelievo coattivo delle somme accantonate dal lavoratore in un fondo per poi forzosamente destinarlo ad altro, interrompendo d'imperio un rapporto contrattuale in essere fra terzi (il dipendente e il gestore del fondo), creando in tal modo d'autorità un nuovo rapporto contrattuale, contro la volontà dei soggetti interessanti.
Allo stesso modo la condotta posta in essere dall'amministrazione è ingiustamente pregiudizievole poiché non avrebbe alcun senso il mantenimento di una quota parte dei propri contributi in un fondo che poi non venga più alimentato attraverso periodici accantonamenti, considerato che è l'effetto cumulo che porta per il lavoratore i maggiori benefici.
Irrilevante, a fini della risoluzione della controversia, è il richiamo che l'ente resistente fa alla volontarietà di destinare parte dei proventi delle sanzioni amministrative alla previdenza complementare, stante l'assenza di un obbligo legale sul punto.
Ancorché irrilevanti sono i richiami ai pareri resi dall'Aran e dall'Anci, che seppur utili sotto il profilo ricognitivo, vengono bollinati dal giudice come mere asserzioni di parte, essendo tali istituzioni enti esponenziali della parte datoriale.
Pertanto è legittima la pretesa, nei confronti della propria amministrazione, del lavoratore che intende conservare l'adesione a forme di previdenza complementare, diverse rispetto al fondo Perseo Sirio, già scelte in precedenza.
Dal quadro sopra delineato, il giudice del lavoro condanna così il Comune di Arezzo al versamento, in favore dei ricorrenti, delle somme loro dovute a norma dell'articolo 208 del Dlgs 285/1992 presso i fondi previdenziali scelti oltre al pagamento delle spese di lite.

La sentenza del giudice del lavoro di Arezzo n. 95/2020

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