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Spid vola a 32 milioni: l’identità digitale punta al nuovo wallet europeo

<span class="argomento"/>Il 63% della popolazione maggiorenne è già accreditato al sistemaItalia coinvolta nei progetti pilota sul portafoglio che integrerà i pagamenti

di Dario Aquaro

Giunta a maturazione anche in Italia, l’identità digitale certificata prova a far rotta verso il wallet europeo. Verso un portafoglio transnazionale in cui integrare credenziali, certificazioni, documenti, pass, metodi di pagamento, titoli di viaggio e altri attributi.

Il sistema pubblico di identità digitale (Spid) è già nelle mani del 63% degli italiani maggiorenni: a settembre gli utenti sono arrivati a quota 32 milioni (+30% rispetto al 2021). Anche se la distribuzione resta disomogenea, con il 100% nella fascia 18-24 anni e solo il 24% tra i cittadini over 75, come evidenzia l’ultima ricerca dell’Osservatorio Digital Identity del Politecnico di Milano. Restano ancora fuori le persone più anziane e quelle meno avvezze all’informatica, più difficili da raggiungere, e dunque il ritmo di crescita sta progressivamente rallentando. Ma è un fatto che dal 2020 a oggi gli utenti di Spid siano più che raddoppiati. E che anche i possessori di Cie (carta d’identità elettronica) siano ormai 31,3 milioni, +29% dal 2021. I livelli superano gli obiettivi del Pnrr, che ha fissato al 2024 il traguardo dei 32 milioni di cittadini con identità digitale certificata.

Le prossime frontiere

Il consolidamento dello Spid (con utenza pari al 54% degli italiani) – spiega il report del Politecnico che sarà presentato l’11 novembre – è simile a quello dei sistemi full digital in altri contesti nazionali: dal francese FranceConnect (60% di diffusione) al belga itsme (56%), al portoghese Chave Móvel (42%). Siamo ancora lontani dalle vette di Olanda (DigiD, 95%), Norvegia (BankID, 79%) e Svezia (BankID, 78%). Ma lì è un’altra storia. «I sistemi del Nord Europa sono gestiti da federazioni bancarie e hanno iniziato a svilupparsi molti anni fa. Non sono identità digitali nate in ambito governativo, ma finanziario. Hanno seguito un percorso inverso al nostro: sono partiti dal privato per poi allargarsi al pubblico», dice Giorgia Dragoni, direttrice dell’Osservatorio.

In teoria tutti i sistemi eIDAS, nel quadro del regolamento Ue su servizi fiduciari e firme digitali, dovrebbero essere interoperabili; ma sembra che ora la Commissione voglia dare una spinta più decisa in questa direzione. Dopo la bozza di revisione del regolamento delineata lo scorso anno, il mercato dell’identità digitale muove verso il concetto di wallet , per integrare funzioni (qualificate e no) in un unico strumento. Sono coinvolti governi, banche e fornitori di servizi fiduciari; ma le opportunità di business attraggono anche le Big tech, che si propongono quali partner tecnologici degli enti nei vari Paesi. Samsung, ad esempio, ha avviato una collaborazione con la Germania per integrare nel suo wallet la versione digitale della carta d’identità. Mentre, uscendo dai “confini eIDAS”, Apple ha stretto partnership con diversi Stati americani per digitalizzare la patente di guida.

Significa che integreremo nell’European digital identity wallet anche i sistemi di pagamento come Samsung Pay o Apple Pay? «Non proprio. In questo quadro c’è infatti la tendenza a prediligere tecnologie di stampo europeo – commenta Dragoni –. Difficile capire al momento quale potrà esser il ruolo delle Big tech. Di certo, tutte quelle proprietarie di sistemi di pagamento hanno fatto rebranding verso una logica di wallet. Portafogli che accolgono pass e altri documenti e magari potranno incrociarsi più avanti con i wallet europei».

Progetti e servizi chiave

In prospettiva transnazionale, a febbraio 2022 la Commissione ha lanciato un bando da 37 milioni per lo sviluppo di progetti pilota che coinvolgano almeno tre Stati membri. L’Italia è attiva su più fronti. Il progetto che più si concentra sui pagamenti digitali è Nobid, nato dalla collaborazione di sei Stati e a trazione nordica (ci sono Islanda, Norvegia, Lettonia, Danimarca e Germania). Vi collaborano, tra gli altri, Intesa Sanpaolo, PagoPa e Abilab (il centro di ricerca dell’associazione bancaria).

A proposito di banche. Per diffondere l’uso dell’identità digitale è fondamentale la leva delle aziende private. E oggi ci sono ad esempio istituti di credito che, anche per l’apertura di un nuovo conto corrente, consentono di fare il primo riconoscimento con Spid. L’utilizzo del sistema – che continua a salire (nel 2022 lo Spid è stato usato in media 24 volte all’anno, contro le 22 del 2021 e le 9 del 2020) – non è infatti “strutturale”, ma è sempre più spinto dai servizi chiave e meno trainato da obblighi normativi (come l’accesso al cashback o al greenpass).

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