Urbanistica

Energia per la casa: tutte le alternative al gas, tra gpl, pompe di calore e biomasse

L'impennata delle materie prime e la guerra in Ucraina accelerano la necessità dei proprietari di differenziare i sistemi di approvvigionamento energetico che vanno, però, calati nelle singole realtà

di Maria Chiara Vocui

La guerra in Ucraina e la crisi del gas russo; l'emergenza climatica; la siccità e il caro-bolletta; la ricerca di salubrità indoor post-pandemia. Le questioni strategiche dell'agenda internazionale entrano nelle case degli italiani sotto forma di scelte da affrontare. Ciascuno può fare il suo nel decidere come riscaldare casa e a chi rivolgersi per la fornitura di elettricità. Non si tratta solo di cambiare abitudini, ad esempio abbassando i termostati per non sprecare (soluzione che contribuirebbe già da sola a un risparmio di 10 miliardi di metri cubi l'anno).

Diverse opzioni
Da giorni, si moltiplicano gli appelli al Governo da parte delle associazioni di categoria, che sostengono le rispettive filiere, alternative al metano, per incentivare la differenziazione di approvvigionamenti. Pompe di calore, biomasse, gasolio, gpl e (ancora agli albori) l'idrogeno: sono diverse le strade percorribili, fino a ieri principalmente impiegate per le utenze unifamiliari o quelle escluse dall'allaccio alla rete e che, in tempi di crisi o di prezzi fuori controllo, divengono opzioni anche per urbane e i condomini. Ogni possibilità è legittima e va calata sul singolo immobile: tuttavia, esistono alcuni criteri generali per effettuare una scelta consapevole. A partire da una considerazione: in questi anni, nonostante la maggiore efficienza dei dispositivi offerti dall'industria, la richiesta di energia per usi civili non è diminuita. Per una vera inversione di tendenza, occorrerebbe ragionare di più in termini di sufficienza energetica, dimensionando gli impianti alle necessità d'uso. L'alternativa su cui punta la Ue è l'elettrico. Lo Iea, che si occupa di energia per conto dell'Ocse, ha valutato che sostituire i generatori a gas con le pompe di calore elettriche, consentirebbe di tagliare i consumi di gas fino a 2 miliardi di metri cubi.

Gli aspetti da valutare
Due, però, gli aspetti da valutare: il costo dell'elettricità, diverso per ogni Stato d'Europa, e la fonte di allaccio. Una vera scelta green avviene solo quando i dispositivi sono alimentati da energia prodotta da impianto fotovoltaico proprio, magari con accumulo, o con un contratto che certifica la provenienza rinnovabile.Altro aspetto riguarda gli impatti delle fonti di energia sulla base dell'intero ciclo di vita. Un recente studio elaborato dal Politecnico di Milano con il gruppo di ricerca "Aware" (Assessment on waste and resources) ha messo a paragone gpl in caldaie con potenza superiore ai 100 kW, biomasse legnose in stufe A1 ad aria, pompe di calore (idroniche in clima rigido e aria-aria in clima temperato) e gasolio in caldaie di vecchia installazione sia domestiche che industriali valutandone gli impatti con 16 diversi indicatori e, soprattutto, tenendo conto del life cycle assestment. Lo studio è stato commissionato da Assogasliquidi-Federchimica, ma l'attività è stata svolta in completa indipendenza. «L'analisi – ha spiegato la responsabile dello studio, Lucia Rigamonti – ha rivelato aspetti non scontati». Se su cambiamento climatico o emissioni di ozono, Gpl e gasolio – che derivano da fonti fossili –hanno un impatto maggiore delle fonti rinnovabili ( specie nel raffronto con le pompe di calore aria-aria associate al fotovoltaico), per consumo di risorse di suolo e acqua o l'emissione di particolato, la situazione cambia. «La filiera Gpl – conclude il Politecnico - offre prestazioni migliori rispetto a quelle di pellet e gasolio analizzate, mentre per le pompe di calore dipende dalla fonte di energia».

Fotovoltaico «a spina», spazio al micropannello da installare sul balcone
In Italia fino ad oggi è stato un mercato di nicchia. La spinta all'autosufficienza potrebbe però contribuire a far crescere (accanto agli impianti tradizionali) il cosiddetto fotovoltaico "a spina" o plug&play, installabile a balcone. Si tratta di impianti per la produzione di energia elettrica dal sole di taglia "mini", con una potenza ridotta (fino a un massimo di 350W, compatibile con una produzione elettrica di 300-400 kWh anno contro i 2700 - 3mila kWh annui del fabbisogno medio di una famiglia). Sistemi adatti all'alimentazione di elettrodomestici o di altri piccoli apparecchi di casa, facili da installare perché scambiano energia attraverso la connessione diretta fra una spina e una semplice presa di corrente e adatti a servire anche gli appartamenti. A proporli sono non solo operatori specializzati, ma anche multiutility: le regole autorizzative, un tempo equiparate a quelle di un sistema tradizionale, sono state semplificate nel 2020. Tuttavia, per quanto siano apparecchi smart, si tratta di una tecnologia che va valutata caso per caso.

«I pannelli sono installabili sui balconi – spiega Massimo Berti, titolare della One Way Energy di Faenza, operatore che è stato precursore in Italia – ma attenzione perché non sono vasi di gerani. Non è un semplice "fai da te", anche per ragioni strutturali, visto che i nostri balconi non sono in genere costruiti per supportare eccessivi carichi. Parliamo di ancorare pannelli che superano i 25-30 kg di peso».Ci sono poi questioni di decoro urbano. Rispetto a un fotovoltaico tradizionale, il microfotovoltaico presenta tutti gli elementi in una taglia notevolmente ridotta. Il pannello di produzione è unico (un impianto fotovoltaico standard può averne anche una decina): se inserito in facciata, va valutata la zona in cui è ubicato l'immobile. Di certo, sono esclusi i centri storici. Lo scambio con la rete avviene attraverso una presa monofase da 220 Volt, senza necessità di lavori di modifica al sistema elettrico di un edificio o alla sua estensione, purché esista una presa dedicata: inoltre va attivato un contratto di fornitura di energia elettrica in prelievo con una potenza pari o superiore a quella del sistema da connettere.Se ben posizionato, il risparmio che si ottiene con questi impianti (per ogni kit) e con l'attuale prezzo dell'energia, arriva fino a 300 euro l'anno. A differenza del normale fotovoltaico, non è previsto lo scambio sul posto, ma scatta la detrazione al 50% fra le spese di ristrutturazione (anche senza lavori di muratura). Il ritorno dell'investimento è di 15/18 mesi (contro i tre anni stimati fino al 2021). Ogni casa può contenere più di un impianto microfotovoltaico. Quì si gioca la reale convenienza, specie se il surplus viene immagazzinato con una batteria di accumulo.

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